martedì 25 febbraio 2020

Asylums di Erving Goffman

Un altro libro che vorremmo condividere è quello di Erving Goffman ''Asylums'', che pur essendo stato scritto sul finire degli anni 60 è attualissimo per comprendere quelle che sono le dinamiche descritte all'interno delle istituzioni totali, in primis gli Ospedali Psichiatrici. Fatte le dovute distinzioni con l'epoca, vi sono delle forti analogie con le dinamiche attuali; ad esempio, un aspetto che non si può ignorare è quello della persona degente (o internata) che finisce come minimo con l'annullarsi. Importanti e significativi i parallelismi con altre istituzioni totali quali carcere, reparti militari, scuole...Per chi vorrà leggere l'intera opera c'è il link qui sotto.



http://www.ristretti.it/areestudio/cultura/libri/asylums.pdf

Erving Goffman


erving goffman
Erving Goffman è nato in Canada nel 1922 ed è scomparso nel 1982. Si laureò all’Università di Toronto, quindi passò a Chicago dove si addottorò in filosofia. Negli anni ’70, dopo aver assunto il ruolo di osservatore scientifico all’Istituto Nazionale di salute mentale a Bethesda MD, e aver preso parte a un Comitato per lo studio sulla detenzione, avviò le ricerche che lo portarono alla stesura della sua opera uscita con immediato e notevole impatto nel 1961, con il titolo di Asylum: saggi sulla condizione sociale dei malati di mente e altri pazienti. Il libro è composto da quattro saggi, originariamente scritti separati. Il primo, Sulle caratteristiche delle istituzioni totali, è un’indagine sulla vita degli internati e sui rapporti tra questi e lo staff. Il secondo, La carriera morale del malato mentale, analizza gli effetti dell’istituzionalizzazione sulla vita sociale delle persone soggette a questo fenomeno. Il terzo, La vita sotterranea di un’istituzione pubblica, analizza il rapporto tra l’internato e l’istituzione e in particolare su come l’internato cerchi di costruirsi uno spazio autonomo. L’ultimo saggio, Il modello medico e il ricovero psichiatrico, è incentrato sul ruolo dello staff medico negli ospedali psichiatrici.
Come viene spiegato nella prefazione, nel 1955 Goffman si trasferisce nel manicomio di St. Elizabeth a Washington con lo scopo di apprendere qualcosa sul mondo dell’internato e su come il malato mentale viva soggettivamente la propria vita. Qui ci resta diciotto mesi, in incognito, prende appunti, frequenta ambulatori, corsie, stanze, aree comuni, scantinati, cucine, magazzini. L’originalità della ricerca sta innanzitutto nella metodologia di analisi adottata, basata sull’osservazione attenta, molto vicina con la partecipazione alla vita dei soggetti osservati. L’autore s’interessa in particolare della relazione che c’è tra psichiatra e malato nella quale vede un rapporto di potere come governatore e governato e la prima causa della demolizione del sé dell’internato che si trova soggetto a questo potere. Goffman realizza una descrizione impressionante di «ciò che veramente succede» in un’istituzione totale, al di là delle retoriche scientifiche, terapeutiche o morali con cui chi detiene il potere nell’istituzione giustifica le pratiche di degradazione degli esseri umani. Facendo ciò capiamo come Asylum sia un’opera che richiama inevitabilmente i movimenti di critica e di riforma delle istituzioni psichiatriche negli anni Sessanta e Settanta e come l’autore si collochi dalla parte dei degenti psichiatrici. Goffman quindi rifiutando di dare per scontate le ragioni dello staff medico, si pone dal punto di vista degli ospiti di queste istituzioni, scoprendo la disumanità e l’inutilità della cura.

Il volume rende inoltre pubblico il concetto di istituzione totale, di cui Goffman è stato il primo a parlare. Secondo le parole riportate dal sociologo canadese nella premessa del suo libro, «un’istituzione totale può essere definita come il luogo di residenza e di lavoro di gruppi di persone che – tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di tempo – si trovano a dividere una situazione comune, trascorrendo parte della loro vita in un regime chiuso e formalmente amministrato». L’idea da cui parte lo studioso americano è che normalmente nella vita moderna gli uomini tendono a dormire, lavorare, frequentare persone, divertirsi in luoghi diversi sotto differenti autorità; l’istituzione totale unifica invece in un medesimo luogo e sotto un’unica autorità tutte queste attività quotidiane, abolendo quella che noi identifichiamo con la libertà individuale.

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