dal Collettivo Artaud:
Riceviamo e pubblichiamo questo
scritto su come i reclusi in una residenza psichiatrica ad alta
protezione trascorrono le giornate. Sotto il link dove potete trovare il
racconto con i disegni.
http://anatasio.altervista.org/una-giornata-nella-residenza-psichiatrica-ad-alta-protezione-cura-o-contenimento/?doing_wp_cron=1690315647.2039849758148193359375
UN GIORNO TIPO NELLA RESIDENZA PSICHIATRICA AD ALTA PROTEZIONE. “CURA”, O “CONTENIMENTO”?
Come sono trascorse le giornate
dai detenuti in una residenza psichiatrica ad alta protezione? E’ presto
detto; sebbene la detenzione in ospedale sia assai meglio rispetto a
quella sperimentata in carcere, la vita in una struttura psichiatrica
forense, è essenzialmente sonno e attesa. Una estenuante attesa di ciò
che forse arriverà mai più per nessuno dei detenuti: il ritorno alla
vita “normale”.
Le strutture psichiatriche ad
alta protezione, più che dei luoghi di cura, sembrano cronicari senza
via d’uscita. I servizi di salute mentale di zona, muovono intense
resistenze a riprendere in cura sul territorio il folle una volta che
questo è entrato nel circuito forense. Vi sono folli detenuti nel
circuito forense da 4, 8 o 12 anni, talvolta a causa di reati
bagatellari.
Tra le 08:00 e le 08:30 c’è la
sveglia. Si può fare la doccia, cambiarsi d’abito, e riordinare il
letto. Alle 08:30 noi detenuti siamo ammassati nel locale di disimpegno
dell’area notte, per essere quindi tradotti nei locali dell’area giorno.
Osservarci deambulare attraverso il cortile del comprensorio medico è
patetico. Ci spostiamo alla spicciolata, ciondolando e strascicando i
piedi, come un gruppo sparuto di folli dimenticati dal mondo. I ventri,
prominenti come botti, ballonzolano su piedi che paiono sfuggire la
presa del terreno come se sferici, oscillando attaccati a gambette che
paiono di gomma. Ci muoviamo muti, tristi, contriti e avviliti, come
vergognosi della nostra misera condizione. La struttura ci omaggia gli
abiti, nel caso che noi non si abbia una famiglia che possa provvedere.
Siamo ben vestiti, degli abiti sicuramente non ci possiamo lamentare!
Quanto ai farmaci, il discorso è diverso: non c’è nessuno di noi che
scampi i pesanti effetti collaterali degli psicofarmaci che ci
somministrano con abbondanza. Questi abbracciano tutto lo spettro
ammissibile: sindrome metabolica, diabete, discinesia, tremori
Parkinson-simili, acatasia.
Molti detenuti all’ergastolo
bianco hanno la sensazione di essere caduti in un pozzo nero senza
uscita. Senza prospettive di vita innanzi, è facile abbandonare ogni
speranza e ogni velleità. Autostima e fiducia in se stessi crollano
presto.
Negli ampi e spaziosi locali
dell’area giorno, puntualmente, tra le 08:30 e le 09:30 è distribuita la
colazione: latte, the, caffè d’orzo e fette biscottate. Pare di essere
ad un punto di ristoro della Croce Rossa. Nell’infermeria attigua al
refettorio che svolge anche funzioni d soggiorno, ci somministrano gli
psicofarmaci del mattino, e scegliamo cosa mangiare per il pranzo e la
cena dell’indomani. Dopo due o tre anni di reclusione, il vitto, sempre
uguale a se stesso, non si gusta più: si ingurgita come per dovere.
Nella struttura ospedaliera in cui siamo reclusi comunque il cibo è
assai meglio di quello scadente somministrato in carcere. Abbiamo anche
la possibilità di scelta tre tre diverse portate!!! Una volta alla
settimana, il sabato, un gruppo di detenuti cucina per tutti i reclusi.
Possiamo allora sperimentare per vitto qualcosa di diverso e saporito,
di insolito e vivificante.
Tra detenuti della struttura
forense ad alta protezione si tende a socializzare poco. Forse in quanto
ristretti in spazi limitati e privati delle libertà, tendiamo a
mantenere fra di noi detenuti la massima riservatezza.
Tra le 09.30 e le 12:00, non
sappiamo cosa fare e come impegnare il tempo; assonnati e intontiti dai
farmaci, deambuliamo nell’area giorno. Qualche recluso talvolta cerca di
sdraiarsi a dormire sul pavimento dei locali, o d’estate sul prato, ma
questo non è consentito dal regolamento. Spesso, in molti, appoggiano il
capo al tavolo del refettorio, sulle braccia conserte, e dormono
seduti. I meno sedati fanno qualche partita a carte, seguono qualche
trasmissione televisiva, o leggono il giornale.
Diversi detenuti della comunità
hanno contatti scarsi o nulli con il mondo esterno a quello reclusorio.
Guardare la televisione o ascoltare musica sui cellulari sono le
principali vie di evasione e di contatto con il mondo.
Alle ore 12:00 puntuale, arriva
cigolando il carrello con i contenitori termici del pranzo, inviato
dalla cucina dell’ospedale. Per me il pranzo è il momento più triste
della giornata. Per non disturbare gli operatori che lo somministrano,
siamo incolonnati davanti al gabbiotto del cibo, zitti, muti, avviliti.
Una volta avuto il vitto, silenziosi trasciniamo i piedi e ci spostiamo a
sedere ai tavoli del refettorio. Consumiamo il pasto in silenzio, senza
parlare, e senza convivialità. Come chi deve. I farmaci mettono fame:
mangiamo con fretta e voracità, ingurgitando i bocconi ma senza gustare.
Alle 12:30, puntualissimi, sparecchiamo. I detenuti di turno lavano le
stoviglie, puliscono tavoli e pavimento del refettorio. I detenuti che
non sono di turno nelle pulizie attendono in cortile, deambulando muti
su gambe che paiono molle di gomma, oppure seduti ai tavoli di plastica
del cortile, ascoltando musica. Tra le 13:30 e le 14:00 ci somministrano
gli psicofarmaci. Siamo quindi aggruppati sullo spiazzo asfaltato, e
spinti a muoverci dagli operatori attraverso il cortile del comprensorio
medico verso l’area notte, come una dolente mandria di barcollanti e
tremebondi ebeti sconfitti.
Nel rapporto con il detenuto,
l’operatore dedica molta energia a spiegare opportunità e necessità
della reclusione. Nel disegno, una operatrice che spiega come per
tornare liberi è necessario “molto tempo”.
Tra le 14:00 e le 16:00,
dormiamo. Non più accasciati con la testa reclinata sulle braccia
conserte appoggiate sui tavoli, ma nei comodi letti. Capita raramente di
non avere sonno o di avere voglia di muoversi nella struttura, blindata
e chiusa, dell’area notte. Per lo più, il soggiorno dell’area notte è
quasi completamente deserto: i farmaci che ci somministrano paiono
dosati per farci dormire tutti 14 ore al giorno abbondanti, nessuno
escluso. Alle 16:00, a fatica, gli operatori psichiatrici ci svegliano e
ci fanno scendere dai letti. Ci riuniscono nei locali di disimpegno per
condurci nuovamente all’area giorno. La raggiungiamo attraverso il
cortile inerbito e alberato del complesso ospedaliero. Ci muoviamo
silenziosi e scuri, ombrosi, barcollanti, ancora una volta in muta
attesa di qualcosa che non arriva, quale mandria dolente di umanità
dolente e sconfitta.
Il gioco delle carte è uno dei
pochi passatempi socializzanti praticati nella struttura forense ad alta
protezione. Al gioco delle carte partecipano anche infermieri ed OSS. I
detenuti della struttura forense sono comunque poco inclini a
socializzare: forse per socializzare c’è bisogno di gioia e libertà!!!
Tra le ore 16:00 e ore 19:00
attendiamo nell’area giorno, senza sapere come occupare il tempo. I più
intontiti dai farmaci dormono con la testa reclinata sulle braccia
conserte, seduti ai tavoli del refettorio; quelli meno sedati giocano a
carte, leggono il giornale o seguono spettacoli televisivi.
Nel corso dei colloqui e delle
terapie di gruppo, è facile che l’argomento scelto dal “terapeuta” sia
l’attualità. In questo caso è utile, per sostenere la conversazione,
aver letto il giornale o guardato la televisione. Sulla vita passata dal
detenuto, sulla sua vita pregresse e sulle sue aspettative di vita sono
poste poche attenzioni.
Alle ore 19:00, puntuale, arriva
sferragliante e tintinnante il carrello con le razioni della cena
Vengono spente la televisione e tutti i dispositivi elettronici; si
mangia in silenzio, ai nostri tavoli abituali, quelli decisi dagli
operatori psichiatrici al nostro arrivo in struttura. Alle ore 19:30
abbiamo finito e consumato il pasto. Sparecchiamo i tavoli, e chi è di
turno pulisce le stoviglie, i tavoli e il pavimento del refettorio. Alle
ore 20:00 gli operatori psichiatrici della struttura ci riportano
nell’area notte, dove ci somministrano gli psicofarmaci della sera e
andiamo quindi a dormire.
Nell’area notte della struttura,
c’è un ampio soggiorno in cui troneggia la televisione. Per chi si alza
presto il mattino o che tarda ad addormentarsi la sera, è una occasione
per guardare film o telegiornali in solitudine.
Dalle ore 20:00 alle ore 08:00
dormiamo nelle nostre stanza un sonno nero, greve, sudato e senza sogni,
percorso come dalle scosse elettriche della discinesia tardiva, o
accartocciati su noi stessi, o comunque accasciati nei letti in
posizioni innaturali e bizzarre. A vederci sdraiati tutti insieme, a
colpo d’occhio, sembriamo birilli lanciati per aria e lasciati cadere a
terra da un gioco cosmico senza senso alcuno.