venerdì 25 dicembre 2015

04/01/2016

Anno nuovo, nuovo appuntamento col Camap.
Lunedì 4 Gennaio 2016
Presentazione del libro 'La Critica psichiatrica' di Gabriele Crimella e testimonianza diretta di Angelo del Collettivo Antipsichiatrico Camuno al Circolo Culturale La Gazza di Borno (BS)
(sala congressi ore 17 e 30)
http://www.radiazione.info/wp-content/uploads/2015/02/10409624_1530171943927454_4407696354410507305_n.jpg

domenica 20 dicembre 2015

La ballerina di Ferrara

Il Tribunale di Roma ha revocato l'allontanamento dalla madre e le permetterà di studiare danza a Milano. CCDU: stop alle perizie psichiatriche e psicologiche nei tribunali.


ROMA. Dopo sei ore di udienza e l'ascolto della giovane promessa della danza e dei suoi familiari, il collegio dei giudici del Tribunale di Roma, presieduto dalla dottoressa Franca Mangano, ha revocato il provvedimento di allontanamento dalla madre e ha disposto che potrà studiare a Milano presso il Centro di Formazione AIDA, una scuola di alta formazione professionale che spazia dallo studio della danza classico-accademica all'apprendimento delle principali tecniche della danza contemporanea.
La giovane avrà pertanto l'opportunità di realizzare il suo sogno di diventare un étoile di livello internazionale.
L'annuncio è stato dato dall'avvocato Francesco Miraglia, legale della ragazzina aggiungendo:
"Una giustizia che tenga conto dei sentimenti oltre che del Codice, è possibile."
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus esprime piena soddisfazione, perché la decisione dei giudici ha ribaltato la perizia dello psichiatra consulente tecnico d'ufficio:
"I giudici hanno compreso come non sia possibile allontanare una ragazza dalla sua famiglia e dai suoi sogni sulla base di una presunta patologia inventata cui lo psichiatra non ha saputo neppure dare un nome.
Quando hanno dato ascolto alla voce della bambina, hanno potuto verificare come quella valutazione si scontrasse palesemente con la realtà dei fatti: si sono ripresi il loro ruolo istituzionale di "Perito dei Periti", ribaltando la sentenza.
Invitiamo i giudici e tutti gli operatori di giustizia a riflettere sull'implicita discrezionalità delle perizie psichiatriche.
Se vogliamo risolvere pienamente il problema degli allontanamenti facili dalle famiglie, è indispensabile riconoscere e comprendere l'incompatibilità tra le discipline psicologiche e psichiatriche e la giurisprudenza: contrariamente alle scienze mediche, nelle quali i margini d'incertezza sono assai più ridotti e dove esistono delle verità comunque accettate e riconosciute, sia pure in modo transitorio e sempre modificabile, nella psichiatria e nella psicologia le diagnosi sono caratterizzate da un altissimo grado di arbitrarietà e soggettività, e le certezze sono pressoché inesistenti."
La vicenda di questa giovane ballerina era nata nell'ambito di una separazione conflittuale.
Sfortunatamente, come spesso succede, il giudice aveva richiesto il parere di un Consulente tecnico d'ufficio, un neuropsichiatra infantile di Roma.
Secondo lo psichiatra, la bambina andava allontanata dalla madre. Il caso aveva suscitato un forte interesse mediatico e la formazione di un gruppo Facebook con oltre cinquemila iscritti. Inoltre, il 21 novembre in piazza del Municipio a Ferrara, il nostro comitato ha partecipato a una manifestazione in suo favore e contro le perizie psichiatriche nei tribunali con oltre 200 partecipanti.
Lo scorso 25 novembre la Questura di Ferrara, stante la ferma volontà contraria della minore, aveva preso atto dell'impossibilità di eseguire il decreto, e ha spinto il Tribunale di Roma ad acconsentire l'ascolto della ragazza in conformità con l'articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
Auguriamo a questa ragazza di superare velocemente i traumi causati da questa vicenda, e di poter essere felice e realizzare in pieno i suoi sogni.

fonte: www.ccdu.org 

domenica 13 dicembre 2015

19/12/2015 - Pisa


 UNA GIORNATA CONTRO LE ISTITUZIONI TOTALI
 SABATO 19 DICEMBRE c/o S.A.Newroz in via Garibaldi 72 a Pisa


http://trova-eventi.it/wp-content/uploads/2015/12/1449256465_12239272_916257611788694_3255642785083127798_o.jpg
 Lo Spazio Antagonista Newroz e il Collettivo Antipsichiatrico Antonin
 Artaud
 Presentano alle ore 18, con la presenza dell’autore, il libro
 “Che cosa è il Carcere. Vademecum di resistenza.”
 di Salvatore Ricciardi edizioni Derive e Approdi
 e la Nuova SCARCERANDA 2016 Agenda e quaderno contro il Carcere giorno
 dopo giorno.

 A seguire un Intervento/Aggiornamento sulla situazione degli OPG
 (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) e delle REMS (Residenze Esecuzione
 Misura di Sicurezza) a cura del Collettivo Artaud

 Alle 20:30 APERICENA e SERATA MUSICALE Tecno Night
 BENEFIT per il Collettivo Antipsichiatrico

 per info e contatti:
 Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
 antipsichiatriapisa@inventati.org
 www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669

mercoledì 9 dicembre 2015

di Marco Rossi: LA GRANDE GUERRA ELETTRICA


sotto un interessante contributo di Marco Rossi sulla psichiatria di guerra e sull'uso della corrente elettrica durante la prima guerra mondiale sulle persone considerate "simulatori" e "nevrotiche".


collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud -⁠ Pisa



LA GRANDE GUERRA ELETTRICA (1914-1918)
                                                                                                            
Morire quando si è ancora giovani e si anno ancora delle speranze è follia,
ed io non sono folle affatto.
(Lettera del disertore Ernesto Premoli, dal campo di prigionia di Theresienstadt, 24 ottobre 1915)
L’elettroshock, ossia quel «trattamento psichiatrico con il quale viene applicata alla testa del paziente una corrente elettrica che, passando attraverso il cervello, produce una convulsione generalizzata»[1], è stato notoriamente ideato, sperimentato e introdotto ad opera di Ugo Cerletti e Lucio Bini nel 1938, tanto da essere celebrato dalla propaganda del regime fascista come invenzione «italianissima». Per cui, è improprio e anacronistico definire come elettroshock l’accertato utilizzo “terapeutico” di correnti elettriche su parti diverse del corpo, così come avvenuto durante la Prima guerra mondiale nei confronti di un certo numero di soldati appartenenti agli eserciti austriaco, tedesco, britannico, francese e italiano, per il trattamento delle nevrosi di guerra, oltre che per smascherare presunti «simulatori», ossia di soldati che cercavano scampo alla morte in trincea «facendo i matti»; ma comunque questo aspetto - anche se poco conosciuto - appartiene alla realtà del primo conflitto e anticipò quanto sarebbe avvenuto, sistematicamente, durante la Seconda guerra mondiale quando «l’elettroshock inventato da Ugo Cerletti diventò così la terapia usata per scovare le epilessie sospette ovvero la patologia, a detta di molti alienisti, prescelta dai simulatori»[2].
Anche questa «guerra nella guerra» tra «simulatori» e alienisti (simile a quella che abbiamo visto ingaggiarsi con gli autolesionisti), costituisce un capitolo di straordinaria importanza nella storia del conflitto. I compiti disciplinari si intrecciano con quelli terapeutici e li sopravanzano. Per i medici infatti non si tratta solo di «scoprire che un tale è un simulatore: il medico ha un compito più nobile, deve restituire all’esercito un soldato, alla Patria un cittadino»[3]. E, tal fine, il ricorso all’impiego di correnti faradiche o «correnti sinusoidali di gran forza» - secondo le teorie di F. Kaufmann - applicate a varie parti del corpo (arti, collo, gola, genitali) diventa pratica largamente diffusa.
D’altronde, nel ricorso a quella che si configura come vera e propria tortura psico-fisica, il confine tra indagine medico-legale e terapia appare davvero esile, dato che per curare disturbi di ordine «sensitivo-sensoriale e sensorio-motorio», il metodo suggerito da un autore francese consiste «nell’applicare a scopo suggestivo forti e brusche scariche di corrente faradica. Quando si vuole ottenere la guarigione di tali disturbi (afonie, tremori, paralisi, piegatura vertebrale, piede equino ecc.) bisogna agire precocemente e fortemente»[4].
Onde evitare residui scrupoli morali o incertezze deontologiche in relazione alla «dolorabilità del processo», il prof. Arturo Morselli, capitano medico della III Armata sul fronte isontino, precisava che bastava «un comune apparecchio portatile a pile, che non sveglia poi sensazioni troppo vive e che è sufficiente per suggestionare i soggetti; anzi, per conseguire meglio l’effetto, è utile esagerare prima agli esaminandi la sofferenza che andranno a sopportare. In molti simulatori questa prospettiva vale a farli cedere di buon’ora». A tale scopo Morselli si era fatto spedire dalla Clinica di Genova «un apposito strumentario elettro-terapico (faradizzazione a doppio rullo)» che sperimentò su soldati colpiti da qualunque tipo di problema neuropsichiatrico[5].
Dolore e terrore quindi - come sottolinea A. Gibelli - sono dunque parte delle pratiche mediche di investigazione e recupero, tanto che sempre Morselli confermava come «La pratica del Gilles è stata usata da me fin dai primi mesi della nostra guerra e mi ha dato sempre eccellenti risultati terapeutici e medico legali». In realtà, le rare testimonianze dei pazienti sono di altro segno, come quella del soldato Giovanni P. che scrive «C’era il professore, un capitano con la barba di cui non so il nome, e poi c’era il Signor Maggiore che mi ha straziato con la tortura elettrica ora».
Analogamente, in Germania, il metodo Kaufmann che combinava scariche elettriche, sempre più intense, con comandi urlati per l’esecuzione di determinati esercizi, se vantò alcune “guarigioni” evidenziò i suoi limiti per il carattere temporaneo di queste, l’elevato numero di suicidi dei pazienti sottoposti a tale cura e la morte di almeno di due di questi in sede di terapia.        
Nel Regno Unito, il più fervido propugnatore ed esecutore di elettro-terapie disciplinari fu Lewis Yealland che, tra l’altro, descrisse dettagliatamente l’atroce trattamento a cui sottopose un soldato che, dopo essere scampato alle numerose battaglie a cui aveva preso parte, era stato affetto da mutismo.
Il poveretto, quando venne consegnato a Yealland, era già stato sottoposto a inutili “sedute” di venti minuti di forti applicazioni elettriche al collo e alla gola, combinate a ustioni sulla lingua tramite sigarette e pinze roventi; da parte sua, il medico-aguzzino britannico vi aggiunse la segregazione al buio nella «camera elettrica» e un supplemento di inumano autoritarismo, accompagnato a scariche ad alto voltaggio applicate al collo, che lo avrebbero fatto tornare «sobrio e razionale»[6].
Non meno attiva fu la «scuola viennese» di psichiatria militare - duramente accusata dallo psicanalista Alfred Adler - che, per spiegare le sofferenze psichiche e le nevrosi belliche, sosteneva la predisposizione patologica o degenerativa dei militari vittime di stress o shock. In particolare, nell’esercito austro-ungarico ad essere sottoposti a terapie elettriche furono soprattutto i soldati semplici e, soprattutto, quelli di nazionalità-lingua non tedesca, dal momento che molti psichiatri militari, a fronte della molteplicità linguistica dei soldati ammalati, privilegiarono una terapia che non richiedeva scambio verbale. L’obiettivo primario rimaneva comunque, oltre che smascherare i «simulatori», recuperare e rinviare al fronte i soggetti colpiti da nevrosi di guerra[7].