venerdì 31 dicembre 2021

La morte di Abdel - Basta morte nei reparti!

(aggiornamenti) 

 

I risultati dell'inchiesta della Regione confermano "rilevanti criticità nella documentazione sanitaria"

Se Wissem Ben Abdel Latif ha mangiato o ha bevuto, se la pressione arteriosa era regolare o se lo erano i battiti del suo cuore nei tre giorni di ricovero all'ospedale San Camillo, molto probabilmente non lo sapremo mai. Dopo la rivelazione di Repubblica sulla documentazione mancante nella cartella clinica del tunisino morto a 26 anni nel Servizio psichiatrico arriva anche il sigillo da parte della Regione. 

"Soprattutto al Servizio psichiatrico del San Camillo, la qualità della documentazione sanitaria ha mostrato rilevanti criticità", scrivono in una nota dal Centro regionale Rischio clinico al termine dell'inchiesta interna voluta dalla direzione regionale Salute. L'inchiesta interna della Regione ha messo in luce anche dell'altro. Wissem non avrebbe avuto sin da subito la possibilità di parlare con un mediatore culturale nella sua lingua. Tanto che gli ispettori hanno scritto: "È emersa la difficoltà nel reperimento del servizio di mediazione culturale".

E, con molta probabilità, non sapremo nemmeno se le fasce che tenevano costretto il migrante a letto erano posizionate in modo corretto. Uno dei dati di maggior rilievo per un paziente che viene ricoverato in "contenzione" come era Wissem Abdel. Su questo monitoraggio e su altri parametri non riportati in una apposita scheda, la Regione scrive ancora: "Viene segnalato alla Asl Roma 3 l'importanza di revisionare le procedure clinico-operative per la corretta gestione delle complicanze gestite nel reparto comprese le attività di monitoraggio, segnalazione e gestione di eventuali eventi avversi".

Dall'inizio di dicembre gli avvocati della famiglia del migrante morto e il legale del Garante nazionale dei detenuti hanno chiesto un'integrazione degli atti in loro possesso dove c'è soltanto il "registro di contenzione". C'è la data di inizio della procedura di immobilizzazione, il 25 novembre. Ma non sono indicati gli orari in cui è stata interrotta. Viene scritto che il paziente era "sedato", aveva un "comportamento aggressivo", era "confuso" e "disorientato" in ogni giorno di degenza.

Per ogni giorno, poi, viene scritto "contenzione" o "contenuto", il 28 novembre viene indicato alle 4,20 "arresto cardiocircolatorio". Ma se quel paziente aveva dormito o se stava bene o male, nessuno lo ha scritto in quel registro. Perché quei dati dovevano essere annotati nella scheda mancante: quella di "utilizzo della contenzione fisica". Ma che fine ha fatto quella scheda? Non è mai stata compilata o è andata persa?

Nella relazione, la Regione spiega che ha concentrato l'inchiesta "dal momento del ricovero presso il Servizio psichiatrico del Grassi fino all'exitus (decesso, ndr) verificatosi presso il Servizio psichiatrico, di competenza della Asl Roma 3 all'interno dell'azienda ospedaliera San Camillo".

Wissem era arrivato al Grassi il 23 novembre con una diagnosi di disagio "schizo-affettivo". Aveva rifiutato la terapia che gli avevano prescritto al Cpr di Ponte Galeria dove si trovava dai primi di ottobre. "Non accettava quella condizione", hanno raccontato i suoi compagni di viaggio. Dal 25 novembre è stato trasferito al San Camillo, per competenza territoriale.

Al termine della loro relazione gli ispettori della Regione danno delle indicazioni: "Si segnala alla Asl Roma 3 l'importanza di attivare il servizio di mediazione culturale che è stato possibile solo dopo alcuni giorni dal ricovero". La relazione è arrivata all'Asl 3 che adesso dovrà "mettere immediatamente in atto le azioni di miglioramento e il superamento delle problematiche rilevate entro il 31 gennaio 2022".

Solidarietà concreta per Giovanna

Condiviamo quanto ricevuto--->

https://artaudpisa.noblogs.org/

Ciao,
Dopo l’intervento di aprile e la lunga ripresa che è seguita, Giova è tornata a lavoro e alle attività quotidiane e di lotta.
A ottobre c’è stato il secondo intervento e a novembre un terzo.

Il morale è alto ma la sanità non smette di farci arrabbiare, noi come tante altre persone che vi si rivolgono. Disorganizzazione, sfruttamento selvaggio di chi ci lavora, assenza di tutele per chi ha bisogno di cure, costi esorbitanti perché il SSN non garantisce l’accesso gratuito a tutte le cure.

In seguito all’ultimo intervento è necessaria una riabilitazione della mandibola e dei supporti specifici per la cura, nonché visite e accertamenti oculistici.
Le spese sono altissime, si parla di diverse migliaia di euro. Senza queste cure le operazioni fatte rischiano di non essere utili.

Abbiamo quindi deciso di scrivervi e raccogliere l’invito, che in tant* ci avete fatto, di contribuire alle spese che affrontiamo. Per ora abbiamo deciso di inviare questo messaggio a compagn, *amic* e organizzazioni del nostro territorio in modo da sostenere le spese più imminenti.

Per far ciò abbiamo aperto un conto apposito di cui vi diamo gli estremi per il bonifico.

Vi ringraziamo anticipatamente per lo sforzo e il sostegno,
Un grande abbraccio
Compagne e compagni di Pisa

Iban: IT38K3608105138254838454853
Giovanna Saraceno

sabato 25 dicembre 2021

Gli antipsicotici sono utili?

fonte: https://mad-in-italy.com

Joanna Moncrieff spiega che l’effetto dei farmaci antipsicotici è aspecifico e non mirato ai pensieri definiti in termini psichiatrici “psicotici”.

Gli antipsicotici inducono un appiattimento emotivo che può essere utile ad attenuare la sofferenza emotiva che scatena i sintomi “psicotici”, ma allo stesso tempo sopprimono anche i sentimenti e le emozioni positive, togliendo la motivazione, l’interesse e il piacere delle cose.

Il loro uso potrebbe quindi essere utile nel breve periodo, ma a lungo termine è associato a un peggioramento della “psicosi” e dello stato di salute generale.

Per questo, se non evitabili, l’uso dovrebbe essere limitato al controllo dei sintomi acuti e poi dovrebbero essere sospesi in sicurezza, sotto il controllo medico esperto, lentamente e gradualmente, per lasciare spazio agli interventi psicosociali mirati ad affrontare le cause della sofferenza psichica alla base dei sintomi psichici.

Dal libro Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici

di Joanna Moncrieff

traduzione del libro di Laura Guerra

L’assunzione di farmaci antipsicotici produce uno stato di sedazione, letargia, appiattimento delle risposte emotive, indifferenza e stati di alterazione del funzionamento mentale a volte accompagnati, a seconda del farmaco in qualche misura, da una spiacevole agitazione nota come acatisia….

… Il rallentamento fisico e mentale indotto dai farmaci riduce l’agitazione e aiuta a calmare le persone che sono molto agitate, a causa delle voci che sentono nella loro testa o di altri fenomeni mentali inquietanti.

L’annebbiamento mentale prodotto dai farmaci può anche ridurre l’intensità dei sintomi psicotici, ma ciò che li contraddistingue dalla maggior parte delle altre sostanze sedative e psicoattive è la capacità distintiva dei farmaci di smorzare le risposte emotive.

L’appiattimento emotivo e la perdita di interesse e di motivazione che i farmaci producono possono ridurre la preoccupazione delle persone per le idee e le esperienze intrusive e quindi anche l’agitazione, l’ansia o l’aggressività che tali esperienze possono provocare.

I fenomeni psicotici sembrano svanire nel nulla, non richiedono più così tanta attenzione e i livelli di disagio possono diminuire notevolmente.

Con il trattamento farmacologico le persone sono in grado di ignorare i loro sintomi psicotici e, sebbene ne parlino ancora quando gli viene chiesto, i sintomi non sembrano più essere in primo piano nel loro pensiero.

A volte le idee e le esperienze alterate possono scomparire del tutto, poiché le persone semplicemente perdono interesse per esse….

La Moncrieff continua spiegando che l’uso a lungo termine dei farmaci antipsicotici è associato a un esito peggiore dei sintomi e dello stato di salute.

“In che modo gli antipsicotici influenzino negativamente la prospettiva delle condizioni psicotiche, se effettivamente lo fanno, rimane incerto ma, come abbiamo visto, è stato proposto che potrebbero rendere il cervello più vulnerabile alle psicosi inducendo cambiamenti nei recettori della dopamina e in altri sistemi di neurotrasmettitori, come nell’idea di “psicosi da supersensibilità”.

Note sull’autrice del libro Le pillole più amare. La storia inquitente dei farmaci antipsicotici

La Dr.ssa Joanna Moncrieff è docente presso la University College di Londra. È una delle fondatrici e co-presidentessa della Critical Psychiatry Network. Ha scritto tre libri: The Bitterest Pills qui tradotto e presentato come Le pillole più amare, The Myth of the Chemical Cure e A Straight Talking Introduction to Psychiatric Drugs.

venerdì 10 dicembre 2021

ANCORA UN MORTO PER CONTENZIONE MECCANICA

Condividiamo e diffondiamo il volantino scritto dal collettivo antipsichiatrico SenzaNumero riguardo la morte per contenzione meccanica di Abdel Latif avvenuta nel reparto psichiatrico dell’Ospedale San Camillo di Roma.

BASTA MORTE NEI REPARTI PSICHIATRICI!!

ABOLIAMO LA CONTENZIONE!!

Abdel Latif, ragazzo tunisino di 26 anni. Era arrivato in Italia tramite una delle tante navi che cercano di approdare, fortunate per non essere state respinte. L’ “accoglienza” che gli è stata riservata, a lui come a tanti/e altre, è stata quella di essere rinchiuso in un CPR, un centro di detenzione per migranti nel quale vieni portato per un reato terribile: non avere il documento “giusto”.

Abdel rimane nel CPR svariati giorni; a un certo punto, da quanto appreso dai giornali, gli viene diagnosticato un disturbo psichiatrico (di cui non aveva mai avuto segni in Tunisia) e gli vengono dati dei farmaci. Dopo pochi giorni la “cura” pare vada rafforzata e Abdel viene trasferito al reparto di psichiatria prima del Grassi di Ostia, poi al San Camillo.

Qui viene tenuto legato al letto per 3 giorni, dal 26 al 28 novembre giorno in cui muore.

Le autorità mediche parlano di arresto cardiaco, non facendo alcun riferimento né ai farmaci somministrati né al fatto che fosse stato contenuto per almeno 72 ore.

Questa storia ci riporta a due verità purtroppo già note: nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO. IL CPR è un luogo di detenzione e come tale si fonda sulla violenza e sulla sopraffazione.
La
morte di Abdel non è una storia isolata, molti/e hanno subito la sua stessa sorte. Citiamo solo gli ultimi di cui siamo a conoscenza: Guglielmo Antonio Grassi morto nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Livorno; Elena Casetto, arsa viva perché legata… sempre in un reparto psichiatrico.

Ma la l’elenco sarebbe lungo nonostante di molte persone non si conoscano neanche i nomi.

Contenzione meccanica e farmacologica sono pratiche diffuse anche nei CPR, nelle carceri, nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti, negli ospedali. In nessun caso la carenza di personale può giustificare il ricorso a pratiche coercitive. La logica dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive”, a cui sovente si fa appello nei reparti, deve essere respinta poiché fondata sul pregiudizio ancora diffuso della potenziale pericolosità della “pazzia”. Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia giustificabile sottoporre persone diagnosticate come “malate mentali” a mezzi coercitivi, che sia nell’ordine delle cose e corrisponda al loro stesso interesse (!), rimuovendo dal loro orizzonte il valore imprescindibile della libertà della persona. Tanto più rilevante quanto più attinente alle libertà minime, elementari e naturali, come quella di movimento.

Oltre al ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica, continua ancora oggi a prevalere nei servizi psichiatrici un atteggiamento custodialistico e l’impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali: obbligo di cura, porte chiuse, grate alle finestre, sequestro dei beni personali, limitazione e controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini. Lo stato di pandemia ha inoltre rafforzato l’isolamento e la distanza tra chi è tenuto rinchiuso/a e chi non lo è, accrescendo le violenze perpetrate all’interno di quelle mura (siano esse del carcere, del CPR, dei reparti di psichiatria).

Ribadiamo la necessità di eliminare, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali e penitenziarie italiane.

Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale e coercitivo (obbligo di cura, trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e ambientale, ecc.) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale.

Continueremo a lottare contro i respingimenti, i rimpatri, le espulsioni, le frontiere, per la libera circolazione di tutte le persone.

PER UN MONDO SENZA FRONTIERE, SENZA PSICHIATRIA, SENZA COERCIZIONI

senzanumero.noblogs.org/

hurriya.noblogs.org/

Basta morti nei reparti

È morto a 26 anni Abdel dopo tre giorni di ricovero al San Camillo di Roma dove sarebbe rimasto legato su un lettino di contenzione per 3 giorni. Si chiamava Wissem Benabdelatif arrivava dalla Tunisia ed era sbarcato in Sicilia, ad Augusta, poco più di 2 mesi fa. 

A Roma come a Livorno...Ovunque: basta morti nei reparti!

mercoledì 1 dicembre 2021

Situazione del reparto psichiatrico Sestante nel carcere Vallette di Torino

Intervista Collettivo Artaud a Radio Blackout 

https://radioblackout.org/2021/11/il-sestante-carcere-e-manicomio/

La recente denuncia dell’associazione Antigone sulle condizioni inumane di detenzione al Sestante, il repartino psichiatrico del carcere delle Vallette, ha riaperto la questione dei manicomi criminali, poi ospedali psichiatrici giudiziari, chiusi per far posto alle REMS – residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Formalmente, pur essendo strutture chiuse, le REMS non sono più carceri, perché la competenza è passata dal ministero di giustizia a quello della sanità.
La chiusura degli OPG e la nascita delle REMS non ha tuttavia reciso il legame tra psichiatria e reclusione. Anzi.
I prigionieri delle REMS sono sedati chimicamente, non possono uscire, spesso sono legati ai letti.
In carcere, già prima della nascita delle REMS, sono stati aperti repartini dedicati alle persone psichiatrizzate. Veri e propri manicomi all’interno delle carceri. Come i vecchi manicomi criminali sono luoghi dove, ancor più che nei reparti “normali”, vige l’arbitrio e la violenza delle guardie. Celle buie, materassi marci, gabinetti intasati, persone incapaci di muoversi e parlare perché sedate con dosi massicce di psicofarmaci. La gabbia chimica e quella di mattoni si uniscono in questi nuovi manicomi. Il manicomio si è polverizzato in tante e diverse strutture più piccole, ma la reclusione psichiatrica resta l’orizzonte concreto per moltissime persone.
Oggi un detenuto su quattro è in terapia psichiatrica, nel 2020 c’erano 174 persone rinchiuse in carcere in attesa di venire imprigionate in una REMS.
La contenzione fisica, dentro e fuori dal carcere è aumentata, mentre si allunga l’elenco delle persone morte, dopo essere rimaste legate mani, piedi e spalle al letto. L’ultimo morto di cui si ha notizia è rimasto per quasi tre settimane crocefisso alla sua branda nel repartino dell’ospedale di Livorno. Due anni fa Elena Casetto, inchiodata da legacci al suo letto, morì atrocemente, bruciata viva, prima che qualcuno intervenisse. Per questa vicenda atroce sono indagati i vigili del fuoco: gli psichiatri non sono mai entrati nell’inchiesta.
La contenzione fisica, che, assieme alla gabbia chimica, è una vera forma di tortura, è stata abolita in numerosi paesi europei. In Italia solo 17 ospedali su 320 hanno deciso di buttare legacci e corde.
Ne abbiamo parlato con Alberto del Collettivo antipsichiatrico “Antonin Artaud” di Pisa

https://radioblackout.org/2021/11/il-sestante-carcere-e-manicomio/