lunedì 31 dicembre 2018

"Le case farmaceutiche hanno un ruolo nell’epidemia degli oppioidi"

Una sostanza, una droga, è considerata moralmente buona o cattiva a seconda di chi la produce e ne trae benefici economici. Se produco oppioidi, va bene; se produci cocaina, va male. Quando i britannici producevano oppio nelle loro colonie, quella sostanza era una cosa così buona che se l’imperatore della Cina decideva di vietarne l’ingresso nel paese gli si dichiarava la guerra per costringerlo a legalizzarne il commercio. Le “guerre dell’oppio” dell’ottocento puntavano a obbligare la Cina a consentire l’ingresso e la vendita dell’oppio sul suo territorio.
La “guerra contro le droghe”, in cui siamo impelagati da decine di anni, riflette un atteggiamento coloniale simile, non più da parte della regina d’Inghilterra ma da parte del presidente degli Stati Uniti.
Il 26 ottobre Donald Trump ha dichiarato che la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti è “un’emergenza sanitaria”. Per non dover spendere soldi per i tossicodipendenti ha deciso di stracciarsi le vesti, evitando però di dichiarare che la morte di decine di migliaia di suoi concittadini è “un’emergenza nazionale”, nel cui caso sarebbero automaticamente state stanziate delle risorse per combattere l’epidemia. In questo modo il presidente ha fatto una dichiarazione a costo zero facendo più o meno una bella figura con le sue parole sentimentali.
Responsabilità analgesiche
Trump ha approfittato del suo discorso per ricordare che urge costruire una specie di “muraglia cinese” che separi il suo paese pulito, morale e integro dagli sporchi messicani, su cui ovviamente ricade la colpa di avvelenare la gioventù statunitense.
Ma se si guardano i dati diffusi dalle stesse autorità sanitarie degli Stati Uniti e dai suoi giornali più prestigiosi, la crisi degli oppioidi (droghe sintetiche con effetti simili all’eroina o alla morfina) non è cominciata a causa di prodotti importati illegalmente. Molte delle persone che stanno morendo di overdose non sono vittime dell’eroina messicana o della cocaina colombiana, ma di farmaci legali prescritti dai medici statunitensi e venduti nelle grandi catene farmaceutiche come Cvs. I nuovi tossicodipendenti e i morti per overdose degli Stati Uniti, in maggioranza bianchi, cadono nel vizio perché i medici gli prescrivono dei “painkillers”, analgesici molto forti, oppiacei sintetici, molto più potenti dell’eroina e della morfina.
Grandi industrie farmaceutiche producono pillole che sono il primo passo sulla strada della dipendenza
L’epidemia di oppioidi che sta colpendo gli Stati Uniti e che sta uccidendo più persone dell’aids nel suo peggior momento è associata a diverse droghe legali: in particolare al fentanil, ma anche al Vicodin o all’ossicodone, che sono venduti in farmacia o su internet e che a volte sono rivenduti come se fossero eroina. Il fentanil è cinquanta volte più potente dell’eroina. Poi c’è un’altra droga sintetica ancora più letale, il carfentanil, che si usa come sedativo per gli elefanti, e che è cento volte più potente del fentanil. Bastano pochi granelli di carfentanil sulla lingua per uccidere un essere umano.
Camici bianchi e cappelli di paglia
Alcuni stati come l’Ohio e il Mississippi hanno citato per danni le grandi industrie farmaceutiche (McKesson, Purdue Pharma, Johnson & Johnson e altri) che producono e mettono in commercio senza controllo pillole che sono il primo passo sulla strada della dipendenza o l’ultimo per la morte da overdose. La cosa triste è che poco tempo fa l’agenzia federale antidroga statunitense (Dea) non è riuscita a far approvare una legge che avrebbe reso più facile accusare questi grandi produttori di droghe legali che creano dipendenza e provocano la morte: i repubblicani alleati dell’industria farmaceutica sono riusciti a mettere un veto sulla legge.
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Insomma: se una sostanza che crea dipendenza e uccide è elaborata negli Stati Uniti, la produzione e il commercio sono legali e assicurano dei benefici economici. Ma se altre cose che uccidono (anche se uccidono meno) sono prodotte in Colombia o in Messico, allora siamo costretti a dichiarare una guerra inutile e spietata contro i narcotrafficanti. Perché non fare piuttosto una guerra e una serie sui narcotrafficanti in giacca e cravatta degli Stati Uniti, che uccidono più dei nostri? Forse perché i narcotrafficanti degli Stati Uniti sono dei chimici in camice bianco, e i nostri sono contadini con gli stivali e il cappello di paglia.
(Traduzione di Francesca Rossetti)
Questo articolo è uscito sul quotidiano colombiano El Espectador.
Tratto da: https://www.internazionale.it
Segnalato da : Collettivo Antipsichiatrico Artaud

sabato 29 dicembre 2018

"DIVIETO di INFANZIA. Psichiatria, controllo, profitto"

https://wombat.noblogs.org/2018/12/25/stampa-rassegnata-048-17-23dic/

QUESTO è il link per sentire la seconda parte della trasmissione "Stampa Rassegnata" fatta a Radio Wombat, come collettivo Artaud, sul libro "DIVIETO di INFANZIA. Psichiatria, controllo, profitto".

Continua la discussione sul Libro "DIVIETO di INFANZIA" con il collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud e con il coautore della nuova edizione Sebastiano Ortu. La medicalizzazione ed il continuo ricorso ad approcci psichiatrici mettono alla prova insegnanti ed operatori della formazione stretti tra le richieste sempre più pressanti delle istituzioni educative e la spinta etica-empatica della proprie coscienze.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 335 7002669 Via San Lorenzo 38 56100 Pisa

martedì 25 dicembre 2018

Fanzine Antipsichiatrica: La bussola nel caos

 
La bussola nel caos è una fanzine partecipativa di ispirazione antipsichiatrica, ideata per avere uno strumento per navigare attraverso le crisi, i brutti periodi, o anche solo le difficoltà che capitano a tutt*.
E’ un piccolo tentativo di empowerment ed autonomia nella gestione psico-emozionale, per andare oltre alla delega e alla patologizzazione, ma soprattutto per riflettere su di sé, sul concetto di cura, su che vuol dire stare bene al di là di cosa è considerato “sano” o “normale”. E’ un invito concreto a liberarci tra di noi e liberare il mondo che ci circonda, perché anche la cura è una questione politica.


Scarica versione lettura: La bussola nel caos
Scarica versione stampa: La bussola nel caos stampa
Booklet edito da Distrozione: https://www.autistici.org/distrozione/

domenica 23 dicembre 2018

Effetti Collaterali: Uso ed Abuso di psicofarmaci

“EFFETTI COLLATERALI. Uso e abuso di psicofarmaci.”
a cura del TELEFONO VIOLA di MILANO edizioni Nautilus 1998

Scarica qui il libro-----> effetti collaterali

Caricato e segnalato dal Collettivo Artaud di Pisa

giovedì 20 dicembre 2018

UN GIOVEDÌ DI DICEMBRE



"Con il nuovo servizio psichiatrico restituiamo alle persone con fragilità mentali un luogo di cure adeguato rispettoso delle necessità, oltre che della dignità dei pazienti."

Questo è quello che il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti dichiarava lo scorso 22 febbraio, inaugurando l'attesa riapertura del SPDC (Servizio di Prevenzione Diagnosi e Cura) dell'Ospedale San Giovanni Addolorata.

Capita invece che, in un grigio giovedì di dicembre, alcuni di noi si rechino nel suddetto reparto a trovare un caro amico, ricoverato in regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio dalla domenica precedente. Ebbene entriamo nella stanza da lui occupata e lo troviamo legato al letto e profondamente sedato. Alla domanda “Da quanto stai legato al letto?” segue la risposta “Da domenica, da quando sono arrivato”.
Circa 84 ore. Il nostro pensiero corre a Franco Mastrogiovanni, morto in regime di contenzione dopo 82 ore.
Ci si precipita dai medici chiedendo con calma spiegazioni e veniamo mandati dal primario. Il medico risponde alle domande invitandoci a gran voce ad uscire dal reparto e ordina, letteralmente, a medici e infermieri di fare altrettanto, dopo aver constatato, suo malgrado, che eravamo stati testimoni delle condizioni nelle quali veniva tenuto il nostro amico. Veniamo allontanati, tra urla e provocazioni, e decidiamo di uscire dal reparto soltanto per parlare con un parente nel frattempo sopraggiunto.
Nessuno dei medici presenti è stato in grado di motivarci il perché di quel trattamento inumano, non giustificato né giustificabile da nessun criterio  medico.
Dal canto nostro, non vediamo nella psichiatria né tanto meno nel Trattamento Sanitario Obbligatorio uno strumento di cura e quanto e’ accaduto, sotto ai nostri occhi, accade tutti i giorni negli ospedali e nelle cliniche specializzate in trattamenti psichiatrici. Sedare, legare, rinchiudere e ammansire non sono strumenti di cura, piuttosto di contenimento, allontanamento e repressione.
Nessuna attenzione per la sofferenza: negazione sistematica del vissuto individuale. Non c’è ascolto, quindi nessuna reale presa in carico di un problema o di un grido di aiuto.
La persona, considerata patologica, viene inserita in reparti sicuri, inutili e spogli, etichettata a causa di sintomi e comportamenti nonché  espropriata della propria personalità. Il personale medico e infermieristico, forte del suo ruolo di normalizzatore e del potere sulla persona che da esso ne deriva, ne azzera le coscienze, ne annulla i desideri e la rende schiava di psicofarmaci di cui, la stessa scienza, ammette la dannosità nell’uso a lungo termine.
Il TSO, sempre più di frequente, diventa il primo passo coatto per assicurare “clienti” all’industria farmacologica. Il trattamento consisterà nell’intervenire chimicamente sul sintomo ignorandone la causa e mettendo le basi, quindi, per future ricadute nella sofferenza. A chi non accetta le cure gli saranno imposte attraverso la contenzione e l’iniezione a lento rilascio.
E’ allarmante osservare quanto il numero di TSO sia in crescita, di anno in anno.
Siamo convinti e convinte che fare i conti con ritmi sempre più frenetici, competitivi e alienanti possa condurre a momenti di crisi e/o di netto rifiuto della realtà. Una fuga dalla violenza del dover stare sempre al passo con i tempi, per sentirsi parte di qualcosa, riconoscersi in un ruolo socialmente accettato.
Ciò nonostante rifiutiamo con forza la speculazione sulle persone e i loro corpi, e il pregiudizio che giustifica la sopraffazione e la violenza della così detta “Prevenzione Diagnosi e Cura”.

Collettivo “Senzanumero”
senzanumero@autistici.org
senzanumero.noblogs.org

sabato 8 dicembre 2018

NO AL TASER! NO AI TSO CON LE SCOSSE ELETTRICHE!!!

Dal 5 settembre 2018 in Italia il Thomas A. Swift's Electronic Rifle (
TASER ) è in fase di sperimentazione in dodici città italiane: Milano,
Torino, Padova, Reggio Emilia, Bologna, Genova, Firenze, Napoli,
Caserta, Catania, Palermo e Brindisi.

La pistola elettrica è stata usata la prima volta il 12 settembre a
Firenze dai carabinieri per fermare un giovane musicista turco di 24
anni disarmato in stato di agitazione. Il ragazzo, in seguito al fermo,
è stato ricoverato in TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) presso il
reparto di psichiatria dell’Ospedale S. Maria Nuova di Firenze.

Il Taser è considerato un dispositivo utile a garantire la sicurezza
degli agenti. L’arma spara due dardi collegati alla pistola da cavi
sottili. Quando il dardo colpisce il bersaglio, una scarica di corrente
elettrica a impulsi provoca una paralisi neuromuscolare che concede agli
agenti alcuni secondi per immobilizzare il soggetto. La pistola può
anche essere premuta contro il corpo, causando dolore intenso. Le
pistole in dotazione ai carabinieri non hanno bisogno di essere
ricaricate e quindi possono sparare due colpi, ossia quatto dardi.

La dotazione del Taser viene giustificata dalla non mortalità dell'arma,
nonostante venga considerata dall'ONU uno strumento di tortura. Il
Governo Italiano per mantenere la sicurezza dei cittadini, piuttosto che
ridurre i casi di applicazione della violenza, preferisce dare alle
forze dell'ordine la possibilità di sparare di più facendo meno vittime.
Il Ministro dell'Interno Salvini, nel DDL Sicurezza ha inserito
l'estensione dell'arma anche ai vigili urbani e alla Polizia ferroviaria
oltre che alle altre forze di Polizia.

Nella ricerca “Shock tactics” della Reuters, su 1005 casi di morte
legati all’uso del Taser, ben 257 vengono ricondotti all'uso dell'arma
su soggetti con “disturbi psichiatrici e malattie mentali”; mentre in
153 casi il Taser è indicato come causa o come fattore che ha
contribuito alla morte.

Il fatto che il primo uso della pistola elettrica in Italia sia stato su
una persona in stato di agitazione è perfettamente in linea con le
intenzioni dell'azienda produttrice dell'arma, Taser International, ora
AXON, che già nel 2004 riteneva la pistola elettrica “lo strumento più
adatto a gestire persone emotivamente disturbate”.

Ci preoccupa e allarma molto il fatto che si cominci ad usare il Taser
su persone in difficoltà, in stato di agitazione o di crisi, per poi
ricoverarle nei reparti psichiatrici. Ad oggi il TSO è un metodo
coercitivo che obbliga il soggetto ad un trattamento farmacologico
pesante e sradica la persona dal proprio ambiente sociale,
rinchiudendola in un reparto psichiatrico, ignorando la complessità
delle relazioni umane e sociali e molto spesso ledendone i diritti.

Noi ci opponiamo a tutto ciò! Il superamento delle crisi individuali
passa attraverso un percorso comunitario e non attraverso l’utilizzo di
metodi repressivi e/o coercitivi che risultano dannosi alla dignità
dell'individuo. Ci chiediamo perché non viene attribuito alla rete
sociale il giusto valore.


Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
www. artaudpisa.noblogs.org
335 7002669 via San Lorenzo 38 56100 Pisa

mercoledì 5 dicembre 2018

Brescia - Domenica 9 dicembre - Camap al Circolo Anarchico Bonometti: E noi folli e giusti… Marini e Mastrogiovanni

E noi folli e giusti... 

Domenica 9 Dicembre

Una storia di anarchia, di carcere e psichiatria

“I folli impazziranno solo quando saranno normali, chiamerete tra di voi nel deserto, solo autorizzati alla solitudine e alla paura” (Giovanni Marini)
1972. Un’aggressione fascista. La pronta reazione dei compagni e l’accanimento dello stato nei loro confronti…
ore 19 – Lettura di alcune poesie di Giovanni Marini sulle immagini di “87 ore”, film sulla morte di Franco Mastrogiovanni.
ore 20 – aperitivo/cena
ore 21 – presentazione del CAMAP (Collettivo Antipsichiatrico Camuno).
A seguire dibattito.

domenica 2 dicembre 2018

Massimiliano Malzone - Morte in psichiatria dopo il Tso: sette medici rischiano il processo

Sette sanitari, tra cui tre medici già condannati per il caso Mastrogiovanni, rischiano il processo per la morte di Massimiliano Malzone, il 39enne di Montecorice deceduto l’8 giugno del 2015 nel centro di igiene mentale dell’ospedale di Sant’Arsenio. L’uomo si trovava ricoverato a seguito di un trattamento sanitario obbligatorio. Il caso rischiava di essere archiviato, così aveva deciso la Procura della Repubblica di Lagonegro, ma grazie all’opposizione presentata dall’avvocato Michele Capano, legale della famiglia Malzone, le indagini sono proseguite. Nel registro degli indagati sono finiti sette sanitari che ebbero in cura il 39enne durante i giorni di ricovero nella struttura sanitaria del Vallo di Diano. Per tutti è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio. A febbraio si terrà l’udienza preliminare.
fonte: il mattino.