domenica 27 maggio 2018

L’altra verità. Diario di una diversa

 «Perché la pazzia, amici miei, non esiste. Esiste soltanto nei riflessi onirici del sonno e in quel terrore che abbiamo tutti, inveterato, di perdere la nostra ragione.»
(Alda Merini)

di emmerre
 
Il 13 maggio scorso correva il quarantesimo anniversario dell’approvazione della Legge n. 180, nota come “Legge Basaglia”, avente come oggetto “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” che, teoricamente, doveva mettere fine all’inumana e arretrata realtà dei manicomi.
Franco Basaglia che in verità aveva un approccio ben più radicale nei confronti della psichiatria e dell’istituzione manicomiale, non mancò di esprimere rispetto alla legge le sue critiche: “E’ una legge transitoria, fatta per evitare il referendum e perciò non immune da compromessi politici. Attenzione quindi alle facili euforie. Non si deve credere di aver trovato la panacea a tutti i problemi del malato di mente con il suo inserimento negli ospedali tradizionali. La nuova legge cerca di omologare la psichiatria alla medicina, cioè il comportamento umano al corpo, è come se volessimo omologare i cani alle banane”.
Nel testo della legge – redatto dallo psichiatra democristiano Bruno Orsini – si trovava infatti la non abolita misura coercitiva del trattamento sanitario obbligatorio (TSO). L’intento, politico, dell’approvazione della legge era palese: evitare il referendum popolare, promosso dai Radicali, per l’abrogazione degli articoli essenziali della precedente Legge n. 36, risalente al 1904, ma anche mettere fine ai movimenti di base da tempo attivi e sensibili alla questione psichiatrica, vista e combattuta come un aspetto della repressione sociale verso le persone “fuori dalla norma” e dei comportamenti non omologati alla cultura e alla morale dominante.
Questione che peraltro rimane dolorosamente aperta, tra acronimi minacciosi: TSO, REMS (le “nuove” micro strutture istituite in sostituzione degli ex-Ospedali psichiatrici giudiziari), psicofarmaci e persino il mai dismesso elettroshock, seppure dissimulato sotto la sigla TEC (terapia elettroconvulsivante).
Il manicomio, d’altronde, non è soltanto una struttura muraria chiusa, ma un sistema della separazione e un’ideologia della segregazione finalizzata a confinare le “diversità” e i “problemi” lontano dalla società ritenuta normalmente sana, produttiva e ossequiente.
Ideologia che trova la sua traduzione nel codice penale nel concetto di “pericolosità sociale” sull’ambiguo confine tra fuori e dentro, tra salute e malattia.
 
Numerose sono le testimonianze di questo mondo separato, ma fra le tante quella che forse più si addentra nelle sue pieghe e nei suoi risvolti è stata scritta da Alda Merini, rinchiusa in manicomio a Milano per un decennio e ripetutamente sottoposta ad elettroshock, ma ancora “ricoverata” a Tarantodopo la Legge n. 180.
Tale esperienza affiora in molte sue poesie, ma è in particolare narrata ne L’altra verità. Diario di una diversa, da poco riedito dalla BUR (la prima edizione è del 1986), così come se ne trovano numerose tracce in Elettroshock. Parole, poesie, racconti, aforismi, foto (Stampa Alternativa, 2015).
In un’intervista, alla domanda se la mente del poeta fosse più vulnerabile, rispondeva: “il poeta soffre molto di più, però ha una dignità tale che non si difende neanche alle volte.. è bello accettare anche il male: una delle prerogative del poeta, che è anche stata la mia, è non discutere mai da che parte venisse il male. Io l’ho accettato ed è diventato un vestito incandescente, è diventato poesia”.
Tra le tante immagini che ci offre, una fra tutte sembra alludere alle rose, non senza spine, di una liberazione ancora tutta da compiere.
E di quelle rose magnifiche noi non potevamo cogliere nemmeno il profumo, non potevamo guardarle.
Ma il giorno che ci apersero i cancelli, che potemmo toccarle con le mani quelle rose stupende, che potemmo finalmente inebriarci del loro destino di fiori, oh, fu quello il tempo in cui tutte le nostre inquietudini segrete disparvero… Ma sapevamo che non potevamo coglierle. E allora le rubammo, ne facemmo un fascio che portammo di nascosto dietro l’abside della chiesa. E lì stemmo a curarle una intera giornata, intrecciandoci sopra le dita. A chi avremmo date quelle rose perfette? Chi ci aveva fatto del bene al punto di meritarsele? Nessuno. E allora, le avremmo donate a noi stessi, ne avremmo fatto un giaciglio di amore.

Alda Merini, L’altra verità. Diario di una diversa, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2007

tratto da https://aspettandoilcaffe.com
segnalato dal Collettivo Antipsichiatrico Artaud

domenica 20 maggio 2018

PSICOFARMACI e PSICHIATRIA: ATTENZIONE ALL’EPIDEMIA!!

Sotto il volantino distribuito dal
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
alla STREET PARADE ANTIPROIBIZIONISTA CANAPISA 2018
di SABATO 19 MAGGIO

L’istituzione psichiatrica è uno dei principali strumenti che il sistema
usa per ostacolare l’autodeterminazione degli individui, per arginare
qualsiasi critica sociale e normalizzare quei comportamenti ritenuti
“pericolosi” poiché non conformi al mantenimento dello status quo,
intervenendo nel complesso ambito della sofferenza. Assistiamo oggi ad
una sistematica diffusione della crisi, sia sociale, economica e
personale; le cui cause vanno ricercate nella società in cui viviamo e
nello stile di vita che ci viene imposto e non nei meccanismi biochimici
della mente. La logica psichiatrica sminuisce le nostre sofferenze,
riducendo le reazioni dell’individuo al carico di stress cui si trova
sottoposto a sintomi di malattia e medicalizzando gli eventi naturali
della vita.
La psichiatria moderna è diventata una tecnica di repressione tramite
psicofarmaci. Che bisogno c’è della camicia di forza quando oggi basta
una pillola oppure una siringa?
La psichiatria ha rimodellato , in profondità, la nostra società.
Attraverso il suo Manuale Diagnostico e Statistico (DSM) , la
psichiatria traccia la linea di confine tra ciò che è normale e ciò che
non lo è. La nostra comprensione sociale della mente umana, che in
passato nasceva da fonti di vario genere, ora è filtrata attraverso il
DSM. Quello che finora ci ha proposto la psichiatria è la centralità
degli “squilibri chimici” nel funzionamento del cervello, ha cambiato il
nostro schema di comprensione della mente e messo in discussione il
concetto di libero arbitrio. Ma noi siamo davvero i nostri
neurotrasmettitori?
Gli psicofarmaci, oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause
della sofferenza della persona, alterano il metabolismo e le percezioni,
rallentano i percorsi cognitivi ed ideativi contrastando la possibilità
di fare scelte autonome, generano fenomeni di dipendenza ed assuefazione
del tutto pari, se non superiori, a quelli delle sostanze illegali
classificate come droghe pesanti, dalle quali si distinguono non per le
loro proprietà chimiche o effetti ma per il fatto di essere prescritti
da un medico e commercializzate in farmacia. Siamo qui a chiedere
dunque: qual’é la vera differenza fra le droghe illegali e gli
psicofarmaci?

mercoledì 16 maggio 2018

Comunicato Gruppo Germinal di Trieste in solidarietà al Collettivo Artaud

tratto da: https://germinalts.noblogs.org

Solidarietà al Collettivo Antonin Artaud di Pisa

 

La psichiatria è una branca della medicina che ha deciso, progressivamente dalla fine del 1700, che sofferenze dell’anima, sofferenze fisiche non immediatamente spiegabili, dolori, discorsi incomprensibili o troppo poetici erano di sua competenza.
Così è nata la anormalità contemporanea. Come malattia. Una storia del ben pensare, o del profondo conoscere, che si è da subito associata a un altro aspetto, ovvero la collocazione dello psichiatra-medico nello Stato, una scelta per la legge. Come è noto, a noi in particolare in questa regione del Friuli Venezia Giulia, questa duplice se non forse plurima scelta ha condotto da subito all’ospedale, all’internamento dei cosiddetti malati di mente (disturbati, deficienti, ritardati, e poi psicotici, schizofrenici e isteriche…) e come conseguenza alla violenza degli spazi e delle menti chiuse.
Il collettivo Antonin Artaud di Pisa, che ha recentemente pubblicato un volume dal titolo Elettroschock, è un colletivo antipischiatrico che offre da anni supporto a tutti coloro che cercano di uscire dal mondo psichiatrico.
Non è difficile incorrere in problemi assumendo una posizione contraria all’ordine delle menti e dei corpi che la psichiatria continua a determinare silenziosamente nelle nostre società paritarie. E’ quanto sta accadendo al collettivo a causa di una denuncia (vedi loro comunicato più sotto).
Il supporto e la solidarietà umana, senza riconoscimento di legge, sono senza diritto e dunque colpevoli. Di mille cose. Le possiamo tutti immaginare. E’ esprimendo la nostra solidarietà al collettivo, che ribadiamo il primato dei rapporti reali su quelli simbolici, e l’irriducibilità della sofferenza al puro e semplice ambito della malattia.
Gruppo Anarchico Germinal


Due compagni del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud avranno un processo per violenza privata,
perché accusati di aver minacciato una persona.
Questa persona si è rivolta a noi tramite telefono, ed è venuta una volta allo sportello d’ascolto, per avere un aiuto per uscire dalle maglie della psichiatria e per una certificazione, in modo da non avere un TSO, da presentare al medico della medicina del lavoro. Una volta presentatasi al colloquio con il medico è stata convinta da questi che noi non stavamo agendo nella legalità. Non è stato più possibile parlare in modo calmo e pacifico con questa persona, che non ha voluto più ascoltarci e senza avere prove reali nei nostri confronti ci ha denunciati.
Abbiamo un telefono cellulare dedicato alle persone che hanno la necessità di contattarci in caso di emergenza psichiatrica o semplicemente per confrontarsi, avere dei consigli o essere ascoltate. Il sostegno diretto alle persone che ci contattano, tramite lo sportello, è azione di informazione riguardo ai trattamenti in corso, le loro conseguenze e i loro effetti collaterali, unita spesso alla denuncia degli abusi ai diritti dei pazienti stando alle poche garanzie che la Legge Basaglia prevede. Da anni il nostro impegno consiste nell’osservazione e nell’analisi del ruolo sempre più ingombrante che la psichiatria si vede riconoscere all’interno della società, ponendo particolare attenzione alle modalità e ai meccanismi attraverso i quali essa si espande sempre più capillarmente e trasversalmente.
La nostra battaglia, per la difesa dei diritti umani all’interno dell’istituzione psichiatrica, andrà avanti e continueremo a lottare contro tutte quelle forme coercitive della psichiatria come il TSO (trattamento sanitario obbligatorio), e per l’immediata chiusura delle REMS (Residenze Esecuzione Misure di Sicurezza).
Alla fine del mese di maggio di quest’anno partirà il processo che ci vede imputati, è probabile che il PM cercherà di mettere in discussione le pratiche politiche e sociali antipsichiatriche che hanno contraddistinto il collettivo Artaud sul territorio. Chiediamo la solidarietà di tutti i collettivi, i gruppi, i Telefoni Viola e le persone che da anni, come noi, portano avanti le stesse istanze di libertà.
Il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud – Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org/ www.artaudpisa.noblogs.org/ 335 7002669

domenica 13 maggio 2018

Catania, 23 Maggio: Incontro sulla legge 180


No automatic alt text available. Incontro per i quarant’anni della legge 180 sulla psichiatria, conosciuta come Legge Basaglia
LA LEGGE 180 È STATA VERAMENTE UNA CONQUISTA DI CIVILTÀ?
Analisi storica, metodologica e critica della Legge Basaglia, delle sue conseguenze, dell’operato della psichiatria, dei risultati derivanti dalle coercizioni e dall’utilizzo di psicofarmaci.

 Intervengono:
- Natale Adornetto, psicologo e divulgatore antipsichiatrico
- Giuseppe Bucalo, Comitato di iniziativa antipsichiatrica
- Alessio Giannetto, Laboratorio Libertario Landauer
Organizzano: Natale Adornetto & Laboratorio Libertario Landauer
Giorno 23 Maggio 2018 alle ore 20:00 Alla Palestra Lupo (in piazza Pietro Lupo n. 25 CATANIA) N.B. Partecipate, e invitate le persone che sapete essere interessate o a cui può interessare.

mercoledì 9 maggio 2018

Bologna dom 13/05: diretta live "40 anni di legge 180" a cura di radio frequenza appennino

Casa del Popolo 20 Pietre in via
Marzabotto 2

A cura di Radio Frequenza Appennino - Frequenze Partigiane

In occasione del 40° anniversario della Legge 180 la rubrica radiofonica
di RFA Frequenze Partigiane propone alle ore 18 un live per ricordare la
disumana realtà dei manicomi …

CAPACI di INTENDERE e di VOLERE
Ospiti della trasmissione
Il Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud – autori del libro
“Elettroshock”
Marco Rossi - autore del libro “Capaci di intendere e di volere”
Alessio Lega – cantautore
https://artaudpisa.noblogs.org/files/2018/05/locandina-iniziativa-radio-Bologna-13-mag-2018.jpg

martedì 8 maggio 2018

GLI AFFARI DELLA SANITÀ PRIVATA SUI MALATI PSICHIATRICI CHE HANNO COMMESSO REATI

segnalato da: Collettivo Antipsichiatrico Artaud di Pisa








di Arianna Giunti


Prigionieri in preda a crisi psichiatriche, segregati illegalmente in
una cella. Malati di schizofrenia abbandonati a se stessi, dimenticati
da quello stesso Stato che dovrebbe garantirne le cure. Disabili mentali
in attesa di un posto letto, costretti a vagare da una comunità
all'altra. Un anno fa esatto anche L’ULTIMO DEGLI OSPEDALI
PSICHIATRICI GIUDIZIARI È STATO SPAZZATO VIA PER SEMPRE. Al posto degli
Opg sono nate le Rems, Residenze per l'esecuzione delle misure di
sicurezza, strutture più piccole che hanno eliminato quasi del tutto
l'uso di mezzi contenitivi sui pazienti. Una rivoluzione gentile, che
avrebbe dovuto cambiare per sempre il destino dei "folli rei", i malati
di mente che hanno commesso un reato. Oggi però la situazione in Italia
sembra già sull'orlo del collasso.

I numeri parlano chiaro: per 604 PERSONE COLLOCATE ALL’INTERNO DELLE
REMS, ALTRE 441 IN QUESTO MOMENTO SONO IN ATTESA DI UN POSTO. Quarantuno
di loro si trovano illegittimamente dietro le sbarre, senza una pena da
scontare. Si tratta di una lista che aumenta ogni giorno, secondo i dati
ottenuti da l'Espresso. «Una situazione esplosiva», confermano senza
tanti giri di parole dal Dipartimento dell'Amministrazione
Penitenziaria. Colpa soprattutto - denunciano i garanti regionali dei
detenuti - della troppa facilità con la quale i giudici dispongono i
trasferimenti "preventivi" nelle Rems, anche in assenza di condanna. E
così i posti letto nelle strutture psichiatriche diventano ambitissimi,
trasformandosi in un appetitoso business che ingolosisce Regioni e
sanità privata.

Eppure in questi ultimi 4 anni L’ITALIA HA COMPIUTO UNO SFORZO
INNEGABILE. L'abisso di disperazione dei manicomi criminali,
sovraffollati e fatiscenti, ha lasciato il posto a strutture con una
media di 20 ospiti. Case di cura che dopo l'approvazione della legge 81
del 2014 devono accogliere - per periodi che vanno da un minimo di 6
mesi al massimo di 10 anni - gli autori di reati giudicati infermi o
semi infermi di mente, anche socialmente pericolosi. Delle 28 strutture
presenti in tutta Italia, però, oggi soltanto 4 sono definitive. In
alcune regioni, le Rems sono nate dalle ceneri dei vecchi Opg. Così è
successo a Castiglione delle Stiviere, che con i suoi 160 internati (140
uomini e 20 donne) è la struttura più grande d'Italia.

Un notevole passo avanti è stato fatto anche in Sicilia. Qui le
strutture di Naso (Messina) e Caltagirone hanno sostituito il vecchio
ospedale giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, diventato simbolo del
degrado e della sofferenza dei pazienti. Ma insieme a edifici
all'avanguardia provvisti di spazi verdi, laboratori e aree ricreative,
RESISTONO STRUTTURE CHE ASSOMIGLIANO A PICCOLE CARCERI. Come denuncia
Stefano Cecconi promotore del Comitato Stop Opg, che oggi vigila sul
funzionamento delle Rems. La situazione più critica è in Lazio: nella
Rems di Subiaco il portone è controllato con il metal detector, c'è
l'obbligo di consegnare telefonini, documenti e borse. La zona d'aria è
tappezzata da sbarre fino al soffitto, tanto che è stata ribattezzata
"la gabbia". A Pontecorvo, nel Frusinate, il corridoio è attraversato
da un reticolo d'acciaio che oscura il cielo. A Palombara Sabina, gli
internati prendono aria in una terrazza completamente blindata. «Questi
pesanti dispositivi di sicurezza», spiega Ceccon, «hanno un influsso
negativo sulla psiche dei pazienti».

E poi c'è l'aspetto della sicurezza interna. IN ALCUNE STRUTTURE - PER
UNA RAGIONE DI SPAZI E COSTI - MALATI PSICHIATRICI NON PERICOLOSI SI
RITROVANO A STRETTO CONTATTO CON PAZIENTI DI NATURA VIOLENTA. Succede
per esempio a Vairano Patenora, nel Casertano, dove i pazienti della
Rems vivono fianco a fianco con gli ospiti della Sir, struttura
intermedia di riabilitazione psichiatrica convenzionata con il Comune.
Qui lo scorso febbraio uno di loro, Pasquale Di Federico, 46 anni, è
stato trovato in fondo a una rampa di scale, gravemente ferito alla
testa. È morto dopo un mese di agonia. Ora la Procura di Santa Maria
Capua Vetere sta indagando per capire se si sia trattato di un incidente
o di un omicidio.

E sì che il fondo di Stato messo a disposizione nel 2012 per
l'adempimento della legge 81/2014 sul superamento degli ospedali
giudiziari - che prevedeva la nascita di strutture all'avanguardia in
termini di sicurezza - non è cifra da poco: 174 milioni di euro. OGNI
STRUTTURA È COSTATA IN MEDIA 2,5 MILIONI DI EURO. E poi ci sono le
spese quotidiane degli internati. La retta giornaliera per ogni paziente
- che comprende vitto, alloggio, farmaci ed esami clinici - varia tra i
190 e i 450 euro. Le Rems dipendono dal Ministero della Salute e sono
supervisionate dalle Asl regionali che ne gestiscono i fondi.

VEDI ANCHE:

Malattia mentale, l'esperienza di Trieste e Gorizia dove i 'matti' sono
persone [1]

L'ISOLA CHE C'È, DOVE IL PENSIERO DEL PADRE DELLA 180 È
DIVENTATO REALTÀ. I CENTRI DI SALUTE MENTALE SONO SEMPRE APERTI. E QUI
SI SPENDE MENO DELLA MEDIA. LA PROFESSORESSA DI STORIA: «SENTO ANCORA
LE VOCI. MA LA MIA VITA È CAMBIATA»

Costi che impennano soprattutto quando si tratta di sistemare i
"pazienti fuori territorio". Se non ci sono Rems libere nelle vicinanze,
le Asl devono infatti collocare gli internati in un'altra regione
sobbarcandosene il costo. Spesso maggiorato. A Castiglione delle
Stiviere, per esempio, la tariffa per i "forestieri" è di 500 euro al
giorno. Per mettersi in regola con la nuova legge, quindi, alcune
regioni hanno dovuto accelerare i tempi e creare dal nulla nuove
strutture. E qualcuno avrebbe cercato di approfittarne. Un'inchiesta
portata avanti dalla Procura di La Spezia, per esempio, sta facendo luce
sul giro d'appalti per la Rems di Calice al Cornoviglio, piccolo Comune
ligure al confine con la Toscana. Secondo gli inquirenti, l'ex
consigliere regionale di Forza Italia Luigi Morgillo avrebbe fatto
pressioni per aggiudicarsi l'appalto per il conto termico della
struttura in costruzione, che dovrà affiancare l'unica Rems già
presente in Liguria, a Genova. Perennemente satura.

Così, spesso, IN SOCCORSO DI UNA SANITÀ PUBBLICA IN AFFANNO ECCO CHE
ARRIVA QUELLA PRIVATA. Succede per esempio in Piemonte. A Bra, alle
porte di Cuneo, nel 2015 la clinica San Michele di proprietà della
famiglia Patria è stata accreditata dalla Regione per ospitare un
intero reparto dedicato alla Rems, che oggi accoglie18 persone. Per ogni
paziente la Regione rimborsa 295 euro al giorno, cifra che viene pagata
al 60% se il paziente si trova fuori sede. A conti fatti, sono circa
159mila euro al mese. La struttura è una piccola oasi: ci sono
coloratissime aule per il disegno e per la pittura, si organizzano corsi
di equitazione, teatro e gite in montagna. Il più giovane degli
internati ha 19 anni ed è accusato di omicidio. Non ci sono sbarre, a
impedire le fughe, ma grate. Ed è presente un servizio di vigilanza
interna attivo 24 ore al giorno.

Stessa retta - 295 euro - anche alla clinica privata Antonio Martin di
San Maurizio Canavese. Qui gli internati sono venti: il giro d'affari è
di circa 6mila euro al giorno. Circa 177mila euro al mese. Ma le oasi
private si trovano anche al centro sud. La Rems di Montegrimano, alle
porte di Pesaro, ospita al costo di 300 euro al giorno 19 persone,
sforando di qualche unità il numero chiuso. A occuparsene è il Gruppo
Atena presieduto dall'imprenditore Ferruccio Giovanetti, che guida un
piccolo impero di strutture sanitarie distribuite fra Marche e San
Marino. Mentre la Rems calabrese di Santa Sofia d'Epiro (Cosenza),
attualmente ospita 20 internati al costo di 190 euro ed è convenzionata
con la onlus Il Delfino, titolare della gestione di altre 7 cliniche
specializzate nella cura dei malati psichiatrici e tossicodipendenti e
nell'assistenza ai minori immigrati.

VEDI ANCHE:

"Noi, sopravvissuti agli ospedali psichiatrici": viaggio tra i malati
usciti dagli Opg [2]

CAMPETTI DA CALCIO, ORTI DA COLTIVARE, KARAOKE, LABORATORI. E LA
CERTEZZA CHE PRIMA O POI DA QUESTO LUOGO SE NE ANDRANNO. I REDUCI DEGLI
OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI E LA LORO NUOVA VITA NELLE REMS,
RESIDENZE PER LE MISURE DI SICUREZZA. CHE ORA PERÒ RISCHIANO IL
SOVRAFFOLLAMENTO

Infine, ci sono le comunità private che accolgono le persone che non
trovano posto altrove. Secondo le stime dei garanti regionali dei
detenuti, al momento sono circa duecento quelle in attesa di Rems
provvisoriamente prese in carico da strutture protette accreditate. Qui
i costi giornalieri variano dai 160 ai 250 euro a paziente. Un giro
d'affari in vertiginosa crescita, ma di cui non esistono dati certi.

A sottolineare questa mancanza di trasparenza è il Commissario unico
per il superamento degli Opg Franco Corleone: «Manca del tutto una
informazione chiara rispetto al luogo dove le persone destinatarie delle
misure di sicurezza si trovino se non ci sono posti liberi nelle Rems»,
scrive Corleone nella sua ultima relazione, «non conoscendosi questo
dato, non si riesce a stabilire se si tratti di luoghi di cura propri o
impropri».

L'unica cosa certa è che la lista dei "folli rei" che aspettano di
entrare nelle Rems si ingrossa giorno dopo giorno con una curva sempre
crescente, anche di 50 unità a settimana. Oggi siamo a quota 401.
Quarantuno di loro si trovano dietro le sbarre, 15 in Lazio, 7 in
Campania, 4 in Lombardia, 2 in Puglia. Alcuni sono ricoverati nei Centri
di osservazione psichiatrica, piccoli reparti ospedalieri interni alle
carceri. Altri si trovano nei centri clinici, sottoposti a pesanti
trattamenti farmacologici. La maggior parte di loro è rinchiusa in
celle comuni.

Paolo Pasquariello, 40 anni, si trova parcheggiato a Regina Coeli ormai
da un anno. Soffre di gravi disturbi deliranti. Il giudice ha revocato
la custodia cautelare in carcere e ne ha ordinato il trasferimento in
una Rems, ma non c'è posto. E allora dal carcere si rifiutano di
liberarlo. «Non esiste una motivazione giuridica per cui debba essere
trattenuto in cella », tuona il suo legale Simona Filippi, che promette
battaglia davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, «quello che
sta succedendo va oltre la legge».

A San Vittore Massimiliano Spinelli, 46 anni, è stato rinchiuso
illegalmente per quasi un anno. Assolto dai giudici per incapacità di
intendere e di volere ma ritenuto socialmente pericoloso, è rimasto in
custodia cautelare nonostante non avesse nessuna pena da scontare. C'è
voluta tutta la costanza dell'avvocato Giulio Vasaturo, invece, perché
Alessandro Cassoni, 24 anni, malato di epilessia, affetto da problemi
psichiatrici gravissimi e con tendenze suicide, riuscisse dopo 4 mesi a
essere scarcerato dalla Casa lavoro di Vasto per essere finalmente
trasferito in una Rems. «Si tratta di persone che si trovavano già in
custodia cautelare e che sono state valutate come socialmente
pericolose: se non si trova posto nelle Rems non possiamo lasciarle
libere», ribatte il direttore generale dei detenuti del Dap Calogero
Piscitello.

VEDI ANCHE:

La rivoluzione Basaglia, quando l'Italia diventò civile [3]

QUARANT’ANNI FA LA LEGGE 180 CHE CANCELLÒ I MANICOMI. MA MOLTO RESTA
ANCORA DA FARE

Uno dei nodi fondamentali, spiegano dal Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria, è L’ASSENZA DI COORDINAMENTO A
LIVELLO CENTRALE CHE STABILISCA UNA SORTA DI “GRADUATORIA”, in base
alla pericolosità sociale, per chi debba entrare per primo in una Rems
in caso si liberi un posto. E così gli ingorghi aumentano. Quasi la
metà di loro, inoltre - 208 su 604 - è dentro in via provvisoria, in
assenza di condanna. Per il garante dei diritti dei detenuti del Lazio,
Stefano Anastasia, si tratta di una grave responsabilità da parte di
alcuni giudici: «Si dispone il ricovero nelle Rems troppo facilmente,
senza valutare percorsi di terapia alternativi sul territorio».

Del resto la rete dei servizi sociali - per la carenza di mezzi e
risorse - spesso non riesce nel suo intento: un paziente su dieci, una
volta libero, fallisce nel percorso di recupero.

E tutto ricomincia.

Links:
------
[1]
http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/04/25/news/malattia-mentale-viaggio-nell-isola-che-c-e-1.320982
[2]
http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/04/24/news/fuga-dalla-galera-1.300168
[3]
http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/04/25/news/la-rivoluzione-basaglia-manicomi-chiusi-un-passo-avanti-verso-la-civilta-1.320967

domenica 6 maggio 2018

Mantova: Morto dopo un Tso chiesto il processo per i medici

Mantova 30/04/18 - Era finito in ospedale per un Aso (Accertamento Sanitario Obbligatorio) ed era finita che l’avevano sottoposto a un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio) con conseguente ricovero nel reparto di Psichiatria, dove era morto qualche ora dopo. Per questa vicenda accaduta nel novembre di due anni fa la Procura ha chiuso le indagini e avrebbe poi chiesto il rinvio a giudizio per alcuni medici del Carlo Poma accusati di omicidio colposo. La vittima, un 52enne di origini sarde che abitava in via Arrivabene, era stata ricoverata in ospedale nel tardo pomeriggio del 17 novembre 2016, quando erano intervenuto il personale di un’ambulanza insieme agli agenti della Volante della questura. A chiedere l’intervento di soccorritori e forze dell’ordine erano stati i vicini di casa del 52enne, che avevano assistito per tutta la giornata all’andirivieni dell’uomo tra il marciapiede e il suo appartamento sentendolo urlare frasi sconnesse. L’uomo era stato così portato in ospedale dove era stato sottoposto a un Aso e quindi a un Tso. Una volta sedato era stato ricoverato nel reparto di Psichiatria. Nelle prime ore del 18 novembre era stato trovato privo di vita nel letto del reparto. Subito erano scattate le indagini del caso, a partire da un’autopsia dalla quale non erano state evidenziate lesioni o altri segni che facessero pensare che il 52enne fosse stato sottoposto a violenze da parte delle forze dell’ordine durante le fasi del suo ricovero coatto. Nel frattempo i familiari del 52enne si erano rivolti a un legale che ha nominato un proprio perito di parte. Quest’ultimo, dopo avere consultato la documentazione clinica del 52enne, ha concluso che a causarne il decesso sarebbe stato un dosaggio errato dei farmaci che gli erano stati somministrati quel giorno. L’indagine si sarebbe protratta più a lungo del previsto perché sono stati fatti ulteriori accertamenti a livello medico-legale. Ora dopo l’avviso di conclusione delle indagini la Procura avrebbe chiesto il rinvio a giudizio per i medici che si erano occupati del 52enne.
fonte: Carlo Doda  http://www.vocedimantova.it/

venerdì 4 maggio 2018

FIRENZE VENERDI’ 11 MAGGIO

https://artaudpisa.noblogs.org/files/2018/05/FIRENZE_11maggio-Locandina.png 
FIRENZE VENERDI’ 11 MAGGIO c/o Ateneo Libertario in via Borgo Pinti
Dal pomeriggio Mostra di disegni di Massimo”Guru”De Micco
Alle ore 20 APERICENA
Alle ore 21 presentazione del libro:
 “CORRENTI di GUERRA. Psichiatria militare e faradizzazione durante la prima guerra mondiale.” di Marco Rossi autoprodotto dal Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
a seguire dibattito con l’autore e il collettivo
per info: ateneolibertariofirenze@inventati.org-www.autistici.org/ateneolibertariofiorentino antipsichiatriapisa@inventati.org-artaudpisa.noblogs.org