La psichiatria è un’istituzione medica
basata su falsi assunti (anche scientifici) e funzionale al controllo
sociale. Sostenuta da potenti lobby del farmaco che vedono aumentare i
loro profitti, la psichiatria sta facendo grandi passi nell’affermazione
di se stessa all’interno della società.
Il Manuale Diagnostico e Statistico
(DSM), giunto alla quinta edizione, annovera ormai più di trecento
diagnosi psichiatriche e definisce sempre più i confini tra ciò che è
normale e ciò che non lo è, psichiatrizzando un numero sempre più alto
di persone considerate “inadeguate”.
A scuola il “disagio” comportamentale
invece di essere valutato come un campanello d’allarme nella relazione
adulto-bambino, viene incasellato come un problema mentale del bambino;
dispensando così l’educatore o l’insegnante dal modificare l’approccio
educativo, e delegando il problema ad un neuropsichiatra attraverso
diagnosi stigmatizzanti di deficit di attenzione, sin dai primissimi
anni d’infanzia.
Le pratiche psichiatriche (uso massiccio
di farmaci e minacce di trattamenti sanitari obbligatori) dilagano
anche all’interno dei luoghi di reclusione, siano essi galere o CPR
(Centri Per il Rimpatrio).
È sempre più diffuso l’utilizzo di
psicofarmaci introdotti nel mercato come innovativi, innocui e adatti a
tutte le fasce di età ma con innumerevoli effetti collaterali. Questi,
oltre ad agire solo sui sintomi e non sulle cause della sofferenza della
persona, alterano il metabolismo e le percezioni, rallentano i percorsi
cognitivi ed ideativi, contrastando la possibilità di fare scelte
autonome, generando fenomeni di dipendenza ed assuefazione, del tutto
pari -se non superiori- a quelli delle sostanze illegali classificate
come droghe pesanti. Presi per lungo tempo possono portare a danni
neurologici gravi che potrebbero provocare disabilità permanenti.
Siamo certamente testimoni di un passaggio che vede una recrudescenza di concetti e pratiche che si pensavano superate.
In assenza di un’assunzione collettiva e
di base del benessere di tutti, la delega alle istituzioni si
rafforza. Le politiche securitarie la fanno da padrone. Tutto è
concesso, pur di rispondere ad un bisogno di “tranquillità” indotto da
campagne mediatiche fondate sulla paura.
Recentemente anche in Italia è iniziata
la sperimentazione del taser, la pistola che sembra un giocattolo, ma
che in realtà è uno strumento pericolosissimo (ne sono prova le numerose
morti causate dal suo utilizzo negli Stati Uniti) e di una violenza
sofisticata. I primi a farne da cavia in Italia, e non ci sorprende,
sono state due persone con presunte diagnosi psichiatriche. Quando il
taser colpisce non lascia tracce sanguinolente, non turba il nostro
immaginario ma immobilizza attraverso scariche elettriche che
paralizzano i muscoli.
Ed è proprio l’elettricità che torna in
auge nella “cura” di chi viene diagnosticato “malato di mente”. Da
qualche anno, la cosiddetta comunità scientifica, ha riaperto il
dibattito sulle scariche elettriche al cervello. Stiamo parlando del
tristemente famoso elettroshock, che molti di noi pensavano fosse un
trattamento superato. Così non è.
Oggi viene somministrato con l’uso
dell’anestesia (onde evitare reazioni di opposizione) ed ha cambiato
nome in TEC (terapia elettro-convulsiva).
Ad oggi in America duecentomila persone
ogni anno sono sottoposte a questo trattamento, mentre in Italia circa
trecento! Ciò, nonostante le conoscenze sugli effetti biochimici
dell’uso dell’ elettricità non siano conosciuti. Si sa qualcosa in più
sugli effetti collaterali, invece.
L’elettroshock provoca un notevole
stress per il sistema cardiocircolatorio, con un aumento relativo dei
rischi di infarto ed ha un effetto devastante sulla memoria provocandone
una perdita permanente in un intervallo che va dal 29% al 55% dei
casi.
D’altronde la perdita della memoria è
stato proprio uno degli obiettivi dell’elettroshock, sin dalla sua
scoperta che risale ad 80 anni fa. Infatti, gli stessi inventori, gli
italiani Ugo Cerletti e Lucio Bini, lo definivano «metodo
dell’annichilimento» basato sulla quasi totale amnesia per i pazienti
più refrattari attraverso ripetuti elettroshock. L’elettroshock fu
sperimentato su un 40enne senza fissa dimora; un escluso, un anomalo,
qualcuno da normalizzare.
Uno dei luoghi in cui l’elettroshock viene praticato è l’Ospedale Santa Chiara a Pisa.
Per questo saremo lì davanti, in un
presidio di contro-informazione e di denuncia di quella pratica come di
altre, tutte orientate alla costruzione di un futuro che si vorrebbe
fatto di persone annichilite e ammansite, non oppositive e quindi facili
da gestire. Un futuro in cui non è previsto il riconoscimento di alcun
valore alla peculiarità dei singoli; ora più che mai riteniamo
necessario unire le nostre forze per contrastare questa deriva
uniformante.
Invitiamo tutti/e a partecipare ai seguenti appuntamenti:
-PRESIDIO INFORMATIVO CONTRO L’USO DELL’ELETTROSHOCK
SABATO 1 GIUGNO alle ore 16 c/o Ingresso Ospedale S. Chiara in Via Paolo Savi angolo via Niccolò Pisano
-ASSEMBLEA ANTIPSICHIATRICA
DOMENICA 2 GIUGNO alle ore 10:30 c/o Spazio Antagonista Newroz in via garibaldi 72
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO ANTONIN ARTAUD – PISA antipsichiatriapisa@inventati.org
COLLETTIVO ANTIPSICHIATRICO SENZANUMERO – ROMA senzanumero@autistici.org
CAMAP sarà presente con materiale informativo.
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