venerdì 3 aprile 2015

Critica alla psicologia




Ciò che potete ammirare in questa foto è il famoso lettino dove Freud analizzava i suoi pazienti. In realtà è una foto di una foto, scattata durante un viaggio a Vienna. L’appartamento/museo del padre della psicoanalisi è una struttura piuttosto anonima, con pochi cimeli e molte foto appese alle pareti. Ovviamente per gli psicologi è comunque una sorta di Mecca, di luogo sacro intriso di ricordi.

Anche io, devo ammettere, ho subito il fascino di quel luogo. Oggi mi chiedo però quanti e soprattutto quali passi avanti hanno fatto gli psicologi. Innanzitutto per chiarire che non esiste una sola psicologia, anzi: spesso e volentieri gli specialisti di orientamenti differenti mal si sopportano. Non è un mistero per il mondo accademico l’odio che intercorre tra i terapeuti sistemici e quelli di orientamento cognitivista, giusto per fare un esempio. Abitualmente la scienza psicologica è vittima di fraintendimenti, se non di vere e proprie confusioni, dettate soprattutto da una mancanza di informazione (non è un mistero che spesso “l’uomo comune” confonda psichiatra e psicologo).

Se esiste un errore, se le persone non comprendono la differenza che intercorre tra gli “specialisti della mente”, non credo però derivi solo da una cattiva informazione. Il problema, a mio avviso, è causato proprio dagli stessi psicologi, chiusi nella loro torre d’avorio e interessati più alla carriera che alla soluzione dei problemi.

La critica psichiatrica è merce decisamente rara, spesso relegata agli ambienti definiti “antagonisti”. Ma la critica psicologica è un frutto ancor più proibito. Forse perché hanno meno potere decisionale (lo psicologo non può effettivamente somministrare farmaci oppure obbligare una persona a subire un ricovero coatto), sembra però evidente che chi fa parte di questa categoria spesso eviti accuratamente di mettere in discussione i propri fondamenti epistemologici.



Torniamo ora al lettino di Freud. Il padre della psicanalisi ha sicuramente portato un notevole avanzamento scientifico ed è innegabile l’influenza avuta sull’occidente, ma il mito dello studio privato e del cliente a pagamento è uno scomodo fardello da cui lo psicoterapeuta medio non riesce a sganciarsi. Questa è a mio avviso la prima fondamentale critica da cui partire: la psicologia non può ambire solo alla terapia dei pazienti, barricandosi in quattro mura più o meno accoglienti. C’è altro e non si trova negli studi medici.

Una vera evoluzione della psicologia dovrebbe portare la dottrina stessa a staccarsi dal continuo desiderio di essere riconosciuta come disciplina medica. Lo psicologo fa un lavoro diverso dal cardiologo o dallo psichiatra stesso: parlare con le persone e condurle verso un cambiamento in grado di migliorare la loro vita non ha lo stesso valore di prescrivere l’insulina ai malati di diabete. Attenzione però, non parlo di meglio o peggio, non mi riferisco ad un fantomatico prestigio, ad una classifica di chi è più utile e chi meno. Il pensiero che cerco di esprimere si riferisce al costante desiderio della psicologia di essere equiparata ad una scienza medica (la psichiatria è considerata scienza medica e conosciamo i risultati di questa scelta).

E’ in mezzo alla gente che abbiamo bisogno di psicologi, non per categorizzare o medicalizzare, ma per essere vero supporto dove c’è realmente bisogno. Tanto più lampante in tempo di crisi, i pazienti privati con la mano al portafoglio non possono essere l’unico target. Bisogna sporcarsi le mani e smettere di cercare posto sicuro e facili guadagni, ormai un vero e proprio miraggio. Questo potrebbe fare la differenza con la psichiatria e dare finalmente dignità ad una professione che, sfortunatamente, ancora rincorre il mito della medicina, senza comprendere che la sua vera forza è fra la gente.

Veronika

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