domenica 26 aprile 2015

Sono disponibili gli ultimi due libri pubblicati da Editrice Cirtide.

Questi libri sono stati scritti in vista del corteo del 28 marzo 2015 a Reggio Emilia contro gli OPG, ovvero gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Questo tipo di strutture può essere interessato da una critica legata alla loro funzione come istituzione carceraria e ad una critica legata alla loro valenza come istituzione psichiatrica. E’ per questo, quindi, che è su questi due filoni di analisi, ovvero la critica al carcere e quella alla psichiatria, che si è focalizzata la costruzione di questi due volumi.

Questi testi sono immaginati solo come un punto di partenza sul quale costruire discorsi più approfonditi, ma essi cercano al contempo di costituire un modo formalmente diverso di coinvolgere e presentare queste complesse tematiche, cercando al contempo di non perdere di incisività e radicalità della critica.


I testi ora disponibili:


-Il primo volume si compone di un percorso tematico il cui centro è il modo in cui si va a costituire e separare dal tessuto sociale la figura del matto. La nascita e lo svilupparsi della follia, interpretabile come risultato di una situazione alienante per il soggetto, oppure come il risultato di una diversità etica e morale rispetto al mondo che lo circonda, ci porta, dopo i contenuti più letterari, ad una serie di riflessioni più politiche riguardo al ruolo sociale del folle all'interno della comunità in cui vive.

Il Treno Ha fischiato / Pirandello – Bartleby lo Scrivano / Melville – Memorie di un Matto / Gogol – Memorie di un Matto / Tolstoj – Il Sogno di un Uomo Ridicolo / Dostoevskij – Un Matto / De Andrè, Lee Masters – Follia, Perversione e Soggetttività Radicale / Kalashnikov Collective – Lettera ai Direttori di Manicomio / Artaud – Antipsichiatria da Sabato Sera / CAMAP

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-Il secondo volume è formato da diversi scritti riguardanti il carcere e le sue trasformazioni storiche, partendo dall'800 e giungendo al presente.
Ad una parte storico-descrittiva sotto forma di romanzi e racconti lunghi seguono alcuni contributi di analisi politica su quello che è oggi il carcere, e su quale è il suo ruolo all'interno della nostra società. Sebbene nei testi più strettamente letterari la critica al carcere sia solo embrionale, e non pienamente sviluppata, essi costituiscono un punto di partenza emotivo sul quale costruire una riflessione più critica e più strutturata dal punto di vista poltico-filosofico.

L’ultimo Giorno di un Condannato a Morte / Hugo – La Ballata del Carcere di Reading, Il Caso del Secondino Martin / Wilde – A Proposito della Prigione di Attica, Prigioni e Rivolte nelle Prigioni / Foucault – Guida per chi ha la Sventura di Finire in Carcere / Rete Evasioni – A Proposito di Riforme e Galera / Bonanno – Carcere: il Coraggio Necessario per la sua Abolizione / D’Este

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Il progetto editoriale alla base di questa casa editrice vuole cercare di sviluppare una serie di tematiche particolari, quali:
-la possibilità di interagire, inviando analisi/critiche/approfondimenti che verranno integrati nelle successive ristampe. si cerca così di evitare la separazione tra autore e lettore, editore e consumatore, rendendo il più possibile il libro frutto di una collaborazione aperta a tutti
-l'approfondimento di tematiche politiche a partire da libri non prettamente politici oppure a fronte di una dialettica interna ai documenti stampati.
Per una lettura più approfondita rimandiamo alla nota editoriale stampata come incipit di ogni pubblicazione. Ovviamente anche la nota editoriale non è qualcosa di monolitico, ma un documento che va approfondito e modificato sulla base di coloro che vorranno partecipare e portare il proprio contributo all'ideazione di futuri percorsi di approfondimento e documentazione.

per richiederci i libri: gustosissimo@hotmail.it
per informazioni ulteriori, presentazioni del progetto editoriale o dei volumi, ordini:
editricecirtide@autistici.org

sito web: editricecirtide.noblogs.org

venerdì 24 aprile 2015

Concerto del 24 Aprile a Brescia

Non si tratta di una serata antipsichiatrica, ma il collettivo CAMAP sarà comunque presente per supportare gli amici Rauchers!

Ci vediamo stasera per una birra e quattro chiacchiere.
Veronika


venerdì 17 aprile 2015

Sulla liberazione dell’ex O.P.G. del Rione Materdei di Napoli

La liberazione dell’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario del Rione Materdei di Napoli. Quando dalla simbologia storica di un luogo si possono trarre utili suggerimenti per una proposta politica di ricomposizione sociale antagonista. Anche da un punto di vista regionale (La Campania) attraverso la comune condivisione di un’importante esperienza politica.L’esperienza dell’umanità politica napoletana che, da più di un mese, ha liberato la struttura dell’ ex O.P.G. dal degrado, dopo la chiusura del carcere psichiatrico nella simbologia storica del luogo in oggetto, potrebbe avere un duplice significato:

Il primo – nella moderna prassi dell’agire politico, si potrebbe definire come la riappropriazione di uno spazio chiuso e abbandonato a destinazione sociale e pubblica, viste le dimensioni della struttura.
Il secondo – legato al ruolo storico della segregazione sociale di una umanità complessa, affine a quelle le istituzioni totalizzanti che oggi rappresentano la discarica sociale dove vengono ammassati uomini, espressione non solo della disequazione sociale ma anche delle linee guide della controriforma sociale che prevede l’opera di smantellamento dello stato sociale, anche nell’azzeramento nella sua memoria .
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L’esperienza di Je so pazzo di Napoli potrebbe assumere un enorme valore politico progettuale da ampliare e socializzare se le compagne/i, insieme alla testimonianza dell’iniziativa, pongono in essere la volontà di rappresentarsi politicamente a livello regionale, partendo da quello che potrebbe essere un intervento politico sulla psichiatria ed antipsichiatria.
Per ciò che riguarda le esperienze politiche sull’antipsichiatria, all’indomani dell’applicazione della legge 180 (la c.d. legge Basaglia) le indicazioni e la pratica provenienti da Trieste si diffusero subito nel resto d’Italia e, manco a farlo apposta, la Campania vide in Napoli e Salerno le città dove si determinarono varie pratiche ed esperienze di lotta per la sua applicazione.
Sul disturbo mentale si basò l’agire e l’esperienza politica del Centro Sociale Vincenzo Di Muro di Salerno, che individuando come referente politico il disturbato mentale, sperimentò la pratica poi attuata sul territorio dei principi ed idealità contenuti nella Legge Basaglia.
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“Il disturbato mentale” quale figura  umana, sociale e comportamentale che di per sé scatena le contraddizioni di una società basata sul profitto, sull’apparire, sul potere, sull’effimero e quindi sul denaro, data la sua non omologazione con i principi della società consumista/capitalista, mette a nudo l’impalcatura di una comunità (metropoli, città di provincia, paese, salerno) non a misura umana che si manifesta quotidianamente con le sue barriere infrastrutturali, culturali e mentali.
Il disturbo mentale determina quindi un impatto immediato con la società capitalista che discriminando ed emarginando il “diverso”, “l’irregolare” , ”o pazz”, in quanto categorie umane poco inclini alle regole e ai dettami del capitalismo, legittima la propria ragion d’essere nella continua opera ipocrita di mascherare e legittimare la mercificazione dell’umanità .
1349775680196BASAGLIAEcco perché la legge Basaglia all’epoca considerata  rivoluzionaria, in quanto metteva in discussione lo stato delle cose presenti come l’urbanistica,  l’assistenza sanitaria e  l’assetto produttivo, la politica dei servizi e tutte le condizioni socio, economiche, religiose e quant’altro che sono all’origine delle fenomenologie socio-antropologiche generanti il disturbo mentale, smascherando così le incapacità di una società volutamente impreparata ad affrontare il disturbo mentale con tutte le problematiche ad esse correlate, i primis le vicissitudini delle famiglie dei disturbati mentali.
Il tasso d’emancipazione, civiltà e democrazia di una comunità si verifica nei luoghi della sofferenza come le carceri e gli ospedali, dove la segregazione sociale è il risultato delle incapacità e/o volontà di affrontare e risolvere quelle condizioni e contraddizioni sociali che inducono una sempre più ampia umanità a riempire quelle istituzioni che mai come oggi è corretto definire discariche sociali.

mercoledì 15 aprile 2015

La mamma dei cretini è sempre incinta!

Vi riporto un articolo tratto da Psychology Today.

Solitamente questo sito regala ottimi spunti di riflessione e non ha mai lesinato critiche alla psichiatria. Purtroppo però stavolta ha dato spazio a un testo che mi ha fatto inorridire.
La Dott.ssa Rachel Pruchno, "esperta in malattie mentali", ipotizza come lo schianto dell'aereo nelle alpi francesi potesse essere evitato da dei test accurati in grado di individuare individui potenzialmente pericolosi. La depressione di cui soffriva il pilota doveva cioè essere diagnosticata tramite esami del sangue, neuroimmagini e tutto ciò che potesse essere utile a impedirgli di pilotare un aereo. Un'impresa impossibile in realtà, infatti la nostra simpatica Dott.ssa spera che in futuro le case farmaceutiche possano avere maggiori sovvenzioni per ideare esami specifici in grado di individuare "malattie" quali depressione e schizofrenia, per evitare che certi individui possano essere pericolosi per gli altri.

C'è ancora molta strada da fare...

Veronika

Screening Test for Mental Illness

A tool that could have prevented the Germanwings crash
Post published by Rachel Pruchno Ph.D. on Apr 14, 2015 in All in the Family
  People diagnosed with diabetes cannot be commercial airline pilots because their illness could endanger the lives of passengers.  When a reliable, inexpensive test reveals that a person’s hemoglobin A1C is at least 6.5 or their fasting blood glucose is over 125 mg/dL, that person cannot work as a pilot, even if they’d dreamed of doing so since childhood.
Too bad we don’t have such tests for mental illness.
Yet again the sorry state of science regarding mental illnesses has contributed to the deaths of innocent people.
Andreas Lubitz was reported to have displayed suicidal tendencies long before securing a job as a commercial pilot. He wanted to fly so badly that he hid his mental illness from Germanwings before he was hired and then he kept his illness secret until he deliberately crashed an Airbus A320 into the French Alps. Although Lubitz was very sick, he could hide his illness because there is no reliable and inexpensive test to screen for serious mental illness.
Without reliable and inexpensive indicators of serious mental illness, we must rely on individuals to self-report its presence. But who would self-report this knowing it would prevent them from securing a job or render them a societal pariah?
While there’s much we don’t know about mental illness, we do know that serious mental illnesses such as schizophrenia, bipolar disorder, and major depression are brain disorders with biological roots.  Developing a reliable and inexpensive test to screen for serious mental illnesses is feasible. Technologies such as fNMR imaging and PET scans reveal that the brains of people with schizophrenia and bipolar disorder look different from the brains of people without these conditions. These scans provide critically important information, but they are expensive. Pharmaceutical companies are working on blood tests for schizophrenia; biomarkers for bipolar disorder and depression can’t be far behind. We need to make this work a priority so that diagnostic tests for serious mental illnesses become as accessible as tests for diabetes.
Although mental illness and cancer are tied as the third most costly medical conditions in terms of overall health care expenditures, the 2013 research budget of the National Institute for Mental Health (NIMH) was less than one third that of the National Cancer Institute (NCI). The costs and prevalence of mental illness demands that NIMH’s budget for research approach that of the NCI and that diagnosing serious mental illness moves to the top of NIMH’s research priorities list. This is a crucial first step toward making it impossible for people with mental illness to hide when being considered for any job where their illness might threaten public safety.
An inexpensive screening test could have prevented this tragedy. It would have made it impossible for Lubitz to hide his illness. Germanwings would not be dancing around what it did and didn’t know.
German privacy protections may be the most stringent in the world, but U.S. employers have the right to screen potential employees for a multitude of conditions. Psychological questionnaires profile personality and working styles. Urine tests identify substance abuse. Before being hired by a medical school, I had to undergo testing to prove I was free of tuberculosis. Advances in genetic testing make it possible to screen for the presence of abnormalities in healthy individuals that may increase their risk of developing certain diseases should they be exposed to worksite hazards such as chemicals or radiation.
In the past weeks as our sympathies turned to families of the victims of Flight 9525, many have asked how we can allow such evil to exist in our world. But the right question is “How can we allow a person with serious mental illness to fly a commercial airplane?”
As was the case for diabetes, once we’ve succeeded in being able to diagnose serious mental illness reliably and inexpensively, we’ll need to address issues of treatment. Making diagnosis of serious mental illness mandatory is not an option. It’s a priority for any civilized and compassionate society.
If we value the lives of our citizens, we must do what’s necessary to prevent the next tragedy from happening. We must make it impossible for people with serious mental illness to hide and, instead, we must provide the resources, treatments, and incentives that will encourage them to get the help they need and deserve. 

mercoledì 8 aprile 2015

Due giorni, due appuntamenti: Torino e Milano

TORINO c/o Radio BlackOut VEN 10 APRILE presentazione di "ELETTROSHOCK"

TORINO VENERDI' 10 APRILE

c/o Radio BlackOut
Via Cecchi 21/A
alle ore 21

presentazione di

"ELETTROSHOCK"
La storia delle terapie elettroconvulsive e i racconti di chi le ha vissute."

a cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
Edizioni Sensibili Alle Foglie.

parteciperà il collettivo antipsichiatrico Francesco Mastrogiovanni di Torino

per info:
antipsichiatriapisa@inventati.org

www.artaudpisa.noblogs.org

 

MILANO SAB 11 APRILE: CHI GOVERNA IL DESIDERIO c/o Ambulatorio Medico Popolare

CHI GOVERNA IL DESIDERIO
gli anni 70 tra conflitti sociali e critica alle istituzioni totali

dedicato al compagno Raffaele (Roma)
più di un boomerang non torna, sceglie la libertà!

SABATO 11 APRILE 2015
in via dei TRANSITI 28 MILANO
ore 17:30 AMBULATORIO MEDICO POPOLARE:

presentazione del libro
Legge, desiderio, capitalismo, l'anti-⁠Edipo tra Lacan e Deleuze
interverranno i curatori
F.Vandoni, E.Redaelli, P.Pitasi

modera I. Guerrero (scrittore)

saranno presenti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-⁠Pisa
RapaViola-⁠Milano
Collettivo Studentesco Antifascista Bicocca-⁠Milano
Rete Antipsichiatrica
realtà impegnate nella campagna di chiusura degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari)

ore 20:30
COA T28
aperitivo-⁠cena
menù di pesce e menù vegano

a seguire
RAP militante in concerto
Zasta n.c.f. Beppe Rebel Zaitself Liam Vik

domenica 5 aprile 2015

La follia scorre da sempre nelle nostre vene

Testo scritto in occasione del corteo antipsichiatrico  del 28 marzo 2015 a Reggio Emilia
da "Individualità femministe per la chiusura degli OPG"

Sei pazza!” ci dicono quando non corrispondiamo a quello che ci si aspetta da noi, nel momento in cui rompiamo gli schemi. Quando diciamo NO, quando cerchiamo altre strade rispetto a quelle già tracciate per noi, quando siamo noi stesse... veniamo definite pazze, folli, malate mentali, lunatiche, isteriche.
Se denunciamo un tentato stupro, ci rispondono spesso che ci siamo suggestionate, se urliamo in faccia davanti ad un aggressione verbale ci liquidano come povere pazze, se cantiamo felici per strada, ci guardano con un misto di imbarazzo e pietà.
Se non veniamo viste come brave ragazze, madri responsabili, mogli fedeli, compagne compiacenti e soprattutto quando osiamo arrabbiarci, essere aggressive e violente, siamo considerate matte, “socialmente pericolose”. La società ci vede come esseri pacifici, indifese, incapaci di agire violenza e conflitto, da proteggere controllandoci perché la violenza deve rimanere monopolio di chi comanda, dello Stato, degli uomini, della scienza. È quindi considerato inaudito, folle, incomprensibile che le donne si riapproprino della violenza. Di una donna che reagisce con le mani all'ennesimo insulto, si dice che è un'esagerata, di una madre che uccide il figlio, che è vittima di un raptus, di una donna che sceglie la lotta armata, che non l'ha fatto di sua volontà ma plagiata dal compagno. Il potere ritiene assurde e incomprensibili queste azioni, arrivando al punto di cercarne le ragioni nella deformazione del nostro cervello. Per fare un esempio lo stato tedesco dopo aver ucciso Ulrike Meinhof della Frazione Armata Rossa ha conservato il suo cervello per studiarlo, cercando prove della sua anormalità, in perfetta linea con il passato eugenetico nazista di cui gli psichiatri furono grandi promotori.

Accusarci di follia è uno stratagemma usato dalle istituzioni patriarcali, quali la famiglia, lo stato, la scienza, la chiesa, la scuola per limitare la nostra libertà. Con questo non vogliamo negare che esistano la sofferenza, il disagio o la disperazione, ma non li consideriamo una malattia. Accusarci di essere folli o malate mentali è un modo per incolparci della nostra sofferenza, perché sarebbe il nostro cervello ad avere dei problemi, e non invece la società ad opprimerci e a generare sofferenza.
È lo stesso sistema che prima ti diagnostica una patologia e poi pretende di curarla. Un esempio lampante è l'invenzione della patologia dell'iperattività delle bambine e bambini (ADHD) insieme al rispettivo psicofarmaco “curante” Ritalin, ottimo affare per le multinazionali.

La psichiatria è un mezzo per controllare i nostri corpi e la nostra sessualità. Per quanto riguarda il comportamento sessuale umano esiste una diagnosi psichiatrica praticamente per ogni tipo di pratica e preferenza sessuale che differisca da quella eterosessuale normativa. Oltre a frigidità e isteria, fino a qualche decennio fa essere lesbica era ufficialmente una malattia mentale da curare, poiché in quanto lesbiche sfuggiamo all'unica opzione ammessa per le donne: essere eterosessuali. Ancora oggi, ci sono associazioni religiose e psicologi che propongono “terapie riparative” per “reindirizzare” il comportamento sessuale verso la norma.
L'isteria, che significa malattia dell'utero, è stata inventata nel 1500 dai medici appositamente per patologizzare le donne in quanto portatrici di utero, a detta loro, causa primaria della nostra follia. Con la scusa di curarne le disfunzioni nervose intervenivano, e intervengono, sul controllo dei nostri corpi nelle loro funzioni riproduttive, viste come indispensabili per il corpo sociale e per lo spazio familiare. Per le diverse fasi della fertilità dei nostri corpi la medicina ha inventato e continua a “scoprire” varie patologie psichiche: la sindrome premestruale, la depressione post-parto e quella post-aborto, i disturbi della menopausa. Ma i nostri corpi non sono terreno per le diagnosi che ci vogliono normare ad un modello di salute e produttività funzionale alla famiglia e al mondo del lavoro. Non siamo malate quando abbiamo le mestruazioni, è attività ormonale e solo noi possiamo decidere come gestirle!

Anche il transgenderismo è considerato dalla psichiatria parte dei disturbi mentali legati alla sessualità, definito anche “disturbo dell'identità di genere”. Nonostante le persone trans siano sempre esistite nella storia è negli anni '50 che la transessualità è diventata un disturbo mentale di competenza psichiatrica, che ne definisce la sintomatologia e gli standard di cura. Medici, psichiatri e giudici pretendono di controllare il percorso di transizione, per esempio verificando che si rispecchino tutti i sintomi da loro arbitrariamente decisi, attraverso l'obbligo di rendersi sterili, mostrare di volersi adeguare completamente al sesso scelto, di mirare alla “normalità” e invisibilità sociale. La psichiatrizzazione della transessualità e il controllo operato sul percorso di transizione servono a incanalarla entro schemi rigidi e vorrebbero eliminarne il potenziale trasgressivo e dirompente, ma non potranno toglierci l'autodeterminazione dei nostri corpi!

Accusarci di follia è uno strumento che storicamente viene usato dal patriarcato per screditare i nostri comportamenti, le nostre scelte, le nostre idee, per togliere senso alla nostra ribellione, per imprigionarci e controllarci.
Quelle donne che una volta erano a capo di una rivolta, o erano indipendenti, o avevano il controllo della sessualità e delle capacità riproduttive del proprio corpo, o erano guaritrici, o levatrici, o donne di medicina, o semplicemente ritenute scomode, vennero accusate di stregoneria. Ieri streghe, oggi pazze, quelle donne che sfuggono al controllo e sono considerate “socialmente pericolose” devono venire represse e domate. Con la caccia alle streghe, esse venivano fisicamente eliminate sul rogo, mentre simbolicamente la forza delle loro vite indipendenti veniva distrutta agli occhi della Storia attraverso lo stigma dell'essere strega, invenzione dell'Inquisizione della Chiesa cattolica. La caccia alle streghe termina in Europa intrecciandosi con la nascita dei primi manicomi. Similmente oggi, veniamo attaccate fisicamente con Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO), psicofarmaci, elettroshock e rinchiuse negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) prossimamente REMS (Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza); mentre simbolicamente veniamo bollate con lo stigma della malattia mentale, invenzione della psichiatria.

In conclusione possiamo dire che la pazzia è nello sguardo di chi giudica, la malattia mentale nello sguardo degli psichiatri, la “pericolosità sociale” uno strumento di controllo dei tribunali.
Ci opponiamo alla psichiatrizzazione delle nostre vite, dei nostri corpi e dei nostri desideri!
Se essere libere significa essere pazze, allora lo siamo tutte!
No agli OPG, no alle REMS, distruggiamo i manicomi, liberiamoci dalla psichiatria!
Rompiamo le gabbie del patriarcato!

venerdì 3 aprile 2015

Critica alla psicologia




Ciò che potete ammirare in questa foto è il famoso lettino dove Freud analizzava i suoi pazienti. In realtà è una foto di una foto, scattata durante un viaggio a Vienna. L’appartamento/museo del padre della psicoanalisi è una struttura piuttosto anonima, con pochi cimeli e molte foto appese alle pareti. Ovviamente per gli psicologi è comunque una sorta di Mecca, di luogo sacro intriso di ricordi.

Anche io, devo ammettere, ho subito il fascino di quel luogo. Oggi mi chiedo però quanti e soprattutto quali passi avanti hanno fatto gli psicologi. Innanzitutto per chiarire che non esiste una sola psicologia, anzi: spesso e volentieri gli specialisti di orientamenti differenti mal si sopportano. Non è un mistero per il mondo accademico l’odio che intercorre tra i terapeuti sistemici e quelli di orientamento cognitivista, giusto per fare un esempio. Abitualmente la scienza psicologica è vittima di fraintendimenti, se non di vere e proprie confusioni, dettate soprattutto da una mancanza di informazione (non è un mistero che spesso “l’uomo comune” confonda psichiatra e psicologo).

Se esiste un errore, se le persone non comprendono la differenza che intercorre tra gli “specialisti della mente”, non credo però derivi solo da una cattiva informazione. Il problema, a mio avviso, è causato proprio dagli stessi psicologi, chiusi nella loro torre d’avorio e interessati più alla carriera che alla soluzione dei problemi.

La critica psichiatrica è merce decisamente rara, spesso relegata agli ambienti definiti “antagonisti”. Ma la critica psicologica è un frutto ancor più proibito. Forse perché hanno meno potere decisionale (lo psicologo non può effettivamente somministrare farmaci oppure obbligare una persona a subire un ricovero coatto), sembra però evidente che chi fa parte di questa categoria spesso eviti accuratamente di mettere in discussione i propri fondamenti epistemologici.



Torniamo ora al lettino di Freud. Il padre della psicanalisi ha sicuramente portato un notevole avanzamento scientifico ed è innegabile l’influenza avuta sull’occidente, ma il mito dello studio privato e del cliente a pagamento è uno scomodo fardello da cui lo psicoterapeuta medio non riesce a sganciarsi. Questa è a mio avviso la prima fondamentale critica da cui partire: la psicologia non può ambire solo alla terapia dei pazienti, barricandosi in quattro mura più o meno accoglienti. C’è altro e non si trova negli studi medici.

Una vera evoluzione della psicologia dovrebbe portare la dottrina stessa a staccarsi dal continuo desiderio di essere riconosciuta come disciplina medica. Lo psicologo fa un lavoro diverso dal cardiologo o dallo psichiatra stesso: parlare con le persone e condurle verso un cambiamento in grado di migliorare la loro vita non ha lo stesso valore di prescrivere l’insulina ai malati di diabete. Attenzione però, non parlo di meglio o peggio, non mi riferisco ad un fantomatico prestigio, ad una classifica di chi è più utile e chi meno. Il pensiero che cerco di esprimere si riferisce al costante desiderio della psicologia di essere equiparata ad una scienza medica (la psichiatria è considerata scienza medica e conosciamo i risultati di questa scelta).

E’ in mezzo alla gente che abbiamo bisogno di psicologi, non per categorizzare o medicalizzare, ma per essere vero supporto dove c’è realmente bisogno. Tanto più lampante in tempo di crisi, i pazienti privati con la mano al portafoglio non possono essere l’unico target. Bisogna sporcarsi le mani e smettere di cercare posto sicuro e facili guadagni, ormai un vero e proprio miraggio. Questo potrebbe fare la differenza con la psichiatria e dare finalmente dignità ad una professione che, sfortunatamente, ancora rincorre il mito della medicina, senza comprendere che la sua vera forza è fra la gente.

Veronika