sabato 3 luglio 2021

Ricoverato per un Tso, Salvatore D’Aniello muore in ospedale a Napoli. La famiglia denuncia

Salvatore D’Aniello, 39 anni, è morto il 18 giugno all’Ospedale del Mare di Napoli, dove era ricoverato per un Tso. Nei 10 giorni di degenza i familiari non sono mai riusciti ad avere contatti con lui, ma i medici li avevano rassicurati sulle sue condizioni fino a poche ore prima del decesso, arrivato all’improvviso. La famiglia ha sporto denuncia.
di Nico Falco , fonte fanpage.it

Un ricovero in Tso, le rassicurazioni continue dei medici sul suo stato di salute, poi l'ultima telefonata, all'improvviso, per comunicare l'avvenuto decesso. Una faccenda che presenta diversi punti oscuri, quella del 39enne Salvatore D'Aniello, morto il 18 giugno scorso nel reparto di Psichiatria dell'Ospedale del Mare di Ponticelli, a Napoli Est, dove era ricoverato e in cura per una polmonite non originata da Covid-19. In ospedale Sasà ci era finito l'8 giugno. Da quel momento, dieci giorni di vuoto. Telefono spento, nessun contatto, soltanto rassicurazioni: "Sta bene, non vi preoccupate, non rischia nulla".

I familiari, assistiti dall'avvocato Giuliano Sorrentino, hanno sporto denuncia alla Polizia, la salma è stata trasferita al Policlinico Federico II in attesa delle decisioni della magistratura; il sospetto è che si tratti di un caso di mala sanità, che il 39enne sia morto in seguito a una massiccia somministrazione di psicofarmaci. A ricostruire la vicenda a Fanpage.it è il cugino, Domenico Monaco. "Sasà viveva a Montesanto, era molto conosciuto nel quartiere – spiega – non aveva mai dato fastidio a nessuno, gli volevano tutti bene. Purtroppo aveva dei problemi di tossicodipendenza, aveva fatto un percorso di recupero presso una comunità a Vicenza e poi era tornato a Napoli, in affidamento al Sert. L'uso di quelle sostanze gli aveva causato dei disagi mentali ma fisicamente stava bene".

Salvatore D'Aniello ricoverato per Tso

La storia comincia l'8 giugno, quando Salvatore, come già aveva fatto altre volte, esce di casa in piena notte. Ha una crisi, è convinto che qualcuno voglia ucciderlo. E così chiede aiuto ai carabinieri della caserma Pastrengo, che si trova a due passi da Montesanto. I militari si rendono conto della situazione e allertano il 118, l'ambulanza arriva poco dopo. Viene disposto il Tso e il 39enne viene portato all'Ospedale del Mare di Ponticelli. "Quella notte anche la madre andò con lui – prosegue Monaco – e consegnò il telefono cellulare di Sasà chiedendo di farglielo usare quando si fosse calmato. Da allora, però, non siamo mai più riusciti ad avere contatti con lui. Ci abbiamo provato, tante volte: ci dicevano che stava bene, che stava riposando o che era proprio lui che non voleva accendere il telefono perché aveva paura. Nemmeno la madre, quando è andata in ospedale, è riuscita a vederlo".

"Sasà non rischia nulla". Poche ore dopo, il decesso

Pochi giorni prima del decesso, però, le condizioni di salute si sono aggravate. "Un medico mi ha detto che aveva una polmonite, ma che il tampone Covid-19 era risultato negativo – continua Monaco – ho chiesto perché non venisse trasferito in un altro reparto, invece che tenerlo in Psichiatria, e ci siamo proposti di provvedere noi a un trasferimento con ambulanza privata, ma anche allora ci hanno rassicurato: andava tutto bene, se fosse stato necessario spostarlo ci avrebbero pensato loro. Nella penultima telefonata, la sera del 17 giugno, intorno alle 22:30, una dottoressa ha detto al fratello che stavano facendo una cura farmacologica ma che non era in pericolo. "Assolutamente no, suo fratello non rischia niente", gli ha detto, e noi abbiamo tranquillizzato la madre, le abbiamo riferito che stava migliorando. La mattina dopo, la telefonata: Sasà era morto per embolia polmonare con arresto cardiaco".

La famiglia di Salvatore D'Aniello sporge denuncia

La famiglia D'Aniello ha sporto denuncia, tramite il legale Giuliano Sorrentino ha chiesto il sequestro delle cartelle cliniche. Si attende la decisione della magistratura per l'autopsia a cui assisterà anche il consulente di parte. "Quando l'avvocato è andato in ospedale – continua Monaco – Sasà era ancora nel reparto di Psichiatria e indossava un pannolone. Lui non ne aveva mai avuto bisogno, era autonomo. Pensiamo che possa essere stato pesantemente sedato per tutta la durata del ricovero. A noi sembra assurdo che fino a poche ore prima de decesso ancora ci rassicurassero, dicendoci che non c'era nessun problema. Vogliamo capire quello che è successo, lo dobbiamo alla madre, al padre e ai fratelli, oggi una famiglia distrutta che si sta logorando nel dolore di non sapere come è morto Sasà".

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