di Giuliano Granato
Quando il 2 marzo 2015 sono entrato per la prima volta in quello che era stato un Ospedale Psichiatrico Giudiziario, e che oggi è l'Ex Opg Je so’ Pazzo!, sapevo ben poco di cosa fosse un “manicomio”. Ne avevo l’immagine che avevo preso dai film, da qualche articolo, da qualche chiacchierata con psichiatri.
Dopo i primi giri per quel luogo sconfinato i cui corridoi facevano paura nell’abbandono cui erano stati lasciati, mi sono messo a studiare. Mi sono immerso in letture che mi consigliavano. Qualcosa di taglio più storico, qualcosa che indagava la struttura repressiva di quei luoghi. Ciò che però mi colpì più d’ogni altra cosa fu la lettura di testi scritti da ex internati, che raccontavano la propria storia, la propria reclusione, le torture subite., il "bello" che malgrado tutto quelle istituzioni totali non erano riuscite a strappare dalle loro anime. I primi mesi sono stati frenetici per attività portate avanti, incontri, presentazioni di libri.
Sono nate traiettorie che a distanza di tempo avrebbero dato vita a nuove ricerche, come quella di Antonia Bernardini sviluppata da Dario Stefano Dell'Aquila e Antonio Esposito, il cui spunto è nato da una mimosa che piantammo l’8 marzo 2015 e che dedicammo a lei, internata morta bruciata, legata al letto, nel manicomio femminile di Pozzuoli, reclusa per aver risposto male a un agente della Polfer.
L’incontro più segnante fu quello con Sabatino Catapano, scomparso da poco. Venne all’Opg, ci parlò della sua esperienza, gli orrori, la capacità di resistere. Ricordo perfettamente che alla famiglia di un altro internato, scioccata dallo stato in cui aveva ritrovato il proprio caro, suggerì di ritornare a brevissimo, di non lasciar passare tempo, di non lasciarlo solo. “Perché altrimenti arriva la morte” – disse.
E arriviamo a questi giorni. A un altro annuncio in pompa magna del Presidente De Luca, che ha sbandierato l’inaugurazione di una residenza psichiatrica ad Arzano. De Luca si gonfia perché si tratta della “più grande” struttura di questo tipo. 40 posti contro strutture più piccole, che al massimo possono contenere 20 persone.
Eppure, se De Luca avesse studiato un po’ saprebbe che non c’è proprio nulla di cui vantarsi. La “più grande” residenza psichiatrica è semplicemente un “deposito pacchi” più grande di quelli esistenti. Un luogo che ripropone la stessa logica del manicomio. La caratteristica fondamentale è quella dell’isolamento dei pazienti. Loro dentro e tutto il mondo fuori.
Io l’ho imparato da Sabatino che la cosa forse più importante è la comunità. E quello che ho appreso da Sergio Piro è che il contatto umano è ciò di cui un essere umano ha più bisogno. Legami, contatto, ascolto… Esattamente l’opposto del modello che De Luca ha celebrato.
De Luca è uno che esalterebbe la Bastiglia se solo fosse stata più grande. Perché non vede la sofferenza e l’oppressione, ma solo la metratura. Forse può essere un buon agente immobiliare – non me ne voglia la categoria, che tra l’altro spesso suda in situazioni difficilissime!, ma il Presidente di una Regione come la Campania proprio no...
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