Intervento del collettivo nell’ambito del Convegno CO.CO.CO “Convivi col Covid”, Tavole rotonde col virus al centro.
Chi siamo
Chi siamo
Il
collettivo raccoglie/unisce operatrici e operatori, educatrici ed
educatori, infermiere e infermieri critici, individualità e sensibilità
coinvolte e solidali, impegnate nel dibattito sull’antipsichiatria con
la Rete NoPsichiatria, con la Rete Oltre i Recinti nel dibattito su
relazioni e collettività fuori dallo spazio normativo dell’istituzione, e
con la Rete di iniziativa anticarceraria, contro repressione, carcere e
Cpr.
Siamo un collettivo di sostegno e auto-mutuo aiuto, non ci sono ‘esperti’ nel gruppo, piuttosto si condividono esperienze e saperi nell’ascolto reciproco, partendo da ciò che ognuna sa e da ciò che si è vissuto come persone coinvolte e solidali, e/o come tecnici critici all’interno delle istituzioni (sanitarie, socio-sanitarie, educative o di disagio sociale).
Quanto più saperi e vissuti sono resi accessibili tanto più le risposte possono essere efficaci, come collettivo è questo quello che ci anima.
Partendo dalle riflessioni del collettivo antipsichiatrico AltreMenti di Xm24 abbiamo deciso di portare avanti azioni e riflessioni comuni su salute, medicina, educazione, contro reparti, strutture, carceri, CPR, istituzioni totali normalizzate dove il bisogno diventa profitto e controllo, e in cui si consuma la repressione di quantx vengono consideratx marginalx e/o non performanti rispetto alle necessità della società della prestazione, della produzione e del capitale.
Siamo un collettivo di sostegno e auto-mutuo aiuto, non ci sono ‘esperti’ nel gruppo, piuttosto si condividono esperienze e saperi nell’ascolto reciproco, partendo da ciò che ognuna sa e da ciò che si è vissuto come persone coinvolte e solidali, e/o come tecnici critici all’interno delle istituzioni (sanitarie, socio-sanitarie, educative o di disagio sociale).
Quanto più saperi e vissuti sono resi accessibili tanto più le risposte possono essere efficaci, come collettivo è questo quello che ci anima.
Partendo dalle riflessioni del collettivo antipsichiatrico AltreMenti di Xm24 abbiamo deciso di portare avanti azioni e riflessioni comuni su salute, medicina, educazione, contro reparti, strutture, carceri, CPR, istituzioni totali normalizzate dove il bisogno diventa profitto e controllo, e in cui si consuma la repressione di quantx vengono consideratx marginalx e/o non performanti rispetto alle necessità della società della prestazione, della produzione e del capitale.
Crediamo
nella possibilità di creare legami nuovi liberi dal controllo in
un’ottica di reciproca cura, ci sforziamo di sostenere tutte quelle
realtà e individualità che rifiutano la coercizione come possibilità e
lottano contro la repressione e l’oggettivazione dei bisogni delle
oppresse e degli oppressi in questa società.
Il nostro sguardo è dichiaratamente libertario perché anti-autoritario, contro lo sfruttamento dell’unx sull’altrx.
Tecnico come addetto all’oppressione. Scienza, capitalismo e sfruttamento
Viviamo
in una realtà dove ormai il “benessere” (di alcuni) e il “progresso”
(del sistema capitalistico) hanno consentito l’istituzionalizzazione di
ogni aspetto della vita e fatto collassare tutti i legami sociali.
Si va verso la società dell’algoritmo.
L’alienazione
è funzionale all’ottimizzazione del profitto da parte di chi detiene il
potere. Ridurre la fludità dei discorsi per separarli, renderli
misurabili, prevedibili, quindi controllabili ai fini
produttivo-capitalistici. Deresponsabilizzazione e frammentazione.
Alienazione. Oggettivazione delle relazioni, mercificazione fin anche
delle coscienze.
Gli
anni ’80 hanno “asfaltato” tutto quel proliferare di cultura-pensiero
collettivo emerso negli anni ’60/’70. La repressione dei movimenti
sociali ha visto così anche la fine del movimento anti-istituzionale e
relegato tutto il sapere prodotto dall’epoca in una sfera “utopistica”.
Siamo
convint* che oggi, dato il sentimento di lotta che sta attraversando
molte coscienze, abbiamo la responsabilità di riprendere e recuperare il
discorso dov’era stato lasciato.
Oggi
piu che mai dobbiamo lavorare ad una comunità critica se vogliamo
demolire i paradigmi dello sfruttamento con cui ci tengono incatenatx
tutti e tutte.
L’istituzione
agisce a più piani: all’alienazione delle persone istituzionalizzate
segue quella degli ‘operatorx-operax’: lavoratori ricattati dal salario e
dalla gabbia istituzionale senza nessuna reale libertà “operativa”,
oppure allineati al pensiero dominante spersonalizzante che vede
professionalità sempre più normative al servizio di istituzioni sempre
più oggettivanti e repressive. Lo abbiamo visto in molte, troppe,
situazioni di abuso e omertà all’interno di reparti, strutture,
istituzioni.
“Se
il tecnico professionale è il funzionario – consapevole o
inconsapevole – dei “crimini di pace” che si perpetrano nelle nostre
istituzioni, in nome dell’ideologia dell’assistenza, della cura,
della tutela dei malati e dei più deboli, o in nome dell’ideologia
della punizione e della riabilitazione, può essere utile mettere
in piazza, non solo lo stato di violenza e arretratezza – ancora
reale, ancora pressochè identico – delle nostre istituzioni repressive
quanto i meccanismi attraverso cui la scienza giustifica e legittima
queste istituzioni? E queste conoscenze possono diventare patrimonio
della classe subalterna, così che fra le sue rivendicazioni essa
esiga una scienza, da essa controllata, che risponda ai suoi
bisogni, consapevole dei modi e dei meccanismi attraverso cui la
scienza borghese può continuare anon rispondervi?”
“La
posta in gioco è ora il rapporto tra il tecnico, la scienza e la sua
pratica “di cui le masse sono l’oggetto”, una volta che il tecnico- in
particolare quello delle scienze umane – abbia riconosciuto che
il suo ruolo, in questo sistema sociale, è quello di manipolare il
consenso attraverso le ideologie che egli stesso produce e mette in
atto. Che gli intellettuali e i tecnici di una società
borghese, così come tutte le sue istituzioni, esistano per salvaguardare
gli interessi, la sopravvivenza del gruppo dominante e i suoi
valori, è cosa ovvia. Ma non è altrettanto automatico riconoscere e
individuare, nella pratica quotidiana, quali siano i processi
attraverso i quali gli intellettuali o i tecnici continuano a
produrre – ciascuno nel proprio settore – ideologie sempre nuove
che mantengono inalterata la loro funzione di manipolazione e di
controllo. Il tecnico borghese vive una condizione di alienazione da cui
può uscire rompendo la condizione di oggettivazione in cui vive
l’oppresso. Il modello che il tecnico rappresenta automaticamente nella
logica del capitale è il passaggio dall’oppressione
all’alienazione, cioè l’identificazione da parte della classe
oppressa nei valori che egli esprime e garantisce. E’ quindi solo
dalla ricerca di uno spazio reciproco di soggettivazione che
possono scaturire i bisogni e, insieme, il tipo di risposte
necessarie, ed è nella comune ricerca di una liberazione
pratica che il tecnico tradisce il proprio committente. In questo
caso, il ruolo, la classe di appartenenza, il prestigio lo
tutelano relativamente agli occhi del committente tradito, perché egli
smaschera i meccanismi attraverso cui le ideologie sono strumenti di
manipolazione e di controllo, insieme alla stessa classe manipolata e
controllata. Il che significa mettere in piazza i segreti di
famiglia, quelli che di solito conosce solo il padre e che neppure
i figli devono sapere,altrimenti avrebbero poco rispetto per il padre e
per la famiglia.”*
Queste
parole tratte dal libro “Ricerche sugli intellettuali e sui tecnici
come addetti all’oppressione” a cura di Franco Basaglia e Franca Ongaro
(1975) dove hanno preso parola ai tempi molti tecnici critici, sono tra
le domande che hanno mosso la nostra riflessione fin dall’inizio.
Oltre la dicotomia salute/malattia
“Bisogna
capire che il valore dell’uomo sano e malato, va oltre il valore della
salute e della malattia; che la ‘malattia’ come ogni altra
contraddizione umana può essere usata come occasione di
appropriazione o di alienazione di sé, quindi come strumento di
liberazione o di dominio.”
“La
malattia, nel diventare di pertinenza esclusiva di una medicina
organizzata come corpo separato, non è che l’espressione
dell’organizzarsi del corpo sociale a partire dalla divisione
del lavoro e dalla divisione in sfere separate di tutti i fenomeni
umani.”
”
‘Salute’ e ‘malattia” non possono più essere considerati fenomeni
naturali, ma sono questioni che chiedono – entrambe – uno
sguardo storico e critico.
Se
il problema della malattia mentale ha aperto la strada,
attraverso le trasformazioni de-istituzionalizzanti, adesso la
battaglia riguarda lo smontaggio del paradigma di una società
medicalizzata”.
Così scriveva Franca Ongaro nel suo ‘Salute/malattia, le parole della medicina nel 1982.
Il
sapere tecnico, l’industria della cura, oggi non si diversifica più dai
prodotti industriali, la sua riduzione a merce segue le leggi del
mercato, il corpo, così come il sapere, per passare il filtro
istituzionale-accademico deve essere fruibile all’economia di Stato,
quindi “spendibile” e perciò aproblematico.
Verrebbe da domandarsi cosa intendiamo per salute, malattia, collettività e se ci interessa prendere parola.
Ci interessa la salute di chi? La salute per chi? Per chi detiene il potere? Per gli oppressi e le oppresse?
Riconosciamo il nostro posizionamento? Privilegi di ognuna ognuno?
Che strumenti mettiamo in atto per proteggerla, sostenerla, quali lotte?
La coercizione in ambito sanitario diventa legittima?
Sappiamo interrogarci sul modo in cui le nostre società intendono gestire/controllare la nostra relazione con la vita, quindi con la salute, con la malattia, con la sofferenza, col dolore?
Riconosciamo il nostro posizionamento? Privilegi di ognuna ognuno?
Che strumenti mettiamo in atto per proteggerla, sostenerla, quali lotte?
La coercizione in ambito sanitario diventa legittima?
Sappiamo interrogarci sul modo in cui le nostre società intendono gestire/controllare la nostra relazione con la vita, quindi con la salute, con la malattia, con la sofferenza, col dolore?
Ci
accorgiamo oggi di non avere molte voci critiche, di avere difficoltà
nel reperire informazioni corrette affidabili e non pregiudiziali, oltre
che voci in grado di smascherare i piani di potere su cui si fonda il
paradigma medico. Il controllo repressivo è piu forte dove l’istituzione
viene messa meno in discussione dalla collettività.
Non
possiamo accettare che la salute delle oppresse e degli oppressi
diventi un’occasione per sperimentare nuove forme di repressione e
militarizzazione delle nostre città.
Crediamo che in questi mesi durante i quali tutti abbiamo sperimentato una qualche forma di isolamento imposto,
abbiano messo in luce la necessità da parte dei movimenti o piu in
generale di chiunque si opponga a questo esistente di affrontare temi
quali la riappropriazione e l’autogestione della salute e dei corpi a
fronte di una palese espropriazione delle capacità decisionale e di
autodeterminazione del sé, il tutto con una delega assoluta e spesso non
volontaria al potere del tecnico, dell’esperto, della scienza che mai
come oggi mette in luce la sua assoluta parzialità, la sua fallibilità
il suo essere, nell’attuale contesto socio economico strumento al
servizio e plasmato dal potere.
Infantilizzazione/psichiatrizzazione del corpo sociale
Il processo di infantilizzazione delle comunità e degli individui che le compongono è palese.
In nome di una generale irresponsabilità collettiva, lo Stato nella sua peggiore veste paternalistica ha gestito a suon di decreti l’ennesima “emergenza”.
Il tutto intriso dalla retorica patriottica e nazionalista, del ‘siamo
tutti sulla stessa barca’, un’unità necessaria alla narrazione
spettacolare