il mito delle buone pratiche in psichiatria di Giuseppe Bucalo
una video testimonianza autoprodotta da un reparto psichiatrico a "porte aperte"
Si autodefiniscono Spdc "a porte aperte". Sono reparti di psichiatria (il 10% del totale) che affermano di operare senza contenzione e coercizione.
Fra questi quello di Caltanissetta.
Possiamo crederci ? Dobbiamo farlo ?
La "porta aperta" in psichiatria è solo un mito.
Intanto perché è il frutto di una concessione da parte dell'operatore (e non un diritto esigibile da chi è ricoverato). Con lo steso arbitrio con cui viene aperta, essa può essere chiusa, legalmente, in ogni momento.
Non dimentichiamo inoltre che la contenzione "meccanica" è solo una delle infinite strategie che la psichiatria usa per bloccare (e rendere innocui) i suoi utenti involontari.
Gli psicofarmaci da tempo, e in modo più efficace e accettabile, hanno sostituito le fasce di contenzione. Tanti dei sostenitori del superamento della contenzione meccanica (che definiscono come una vera e propria forma di tortura), non hanno da ridire invece sulla liceità del TSO o della somministrazione forzata di psicofarmaci. Al contrario.
Queste strategie, a differenza della contenzione meccanica, vengono considerati dagli psichiatri delle buone pratiche "atti medici" e, quindi, non sindacabili né catalogabili come forme di violenza, sopraffazione o abuso.
La "porta aperta" del reparto psichiatrico in realtà non è una via d'uscita. Una volta varcata la soglia e definita "malata", la persona non ha più alcun potere nel gestire la propria vita. Non ha più un fuori dove andare, uno spazio privato, un rifugio o un territorio inviolabile in cui vivere.
La contenzione non è una pratica: è un sistema che va aldilà dei servizi psichiatrici e coinvolge l'intero contesto familiare e sociale del "contenuto".
Non mi stupisce che gli utenti involontari di questi reparti no restraint, quando non sono rimbecilliti e bloccati dagli psicofarmaci, possano scegliere di non attraversare le porte tenute aperte dai propri carcerieri. Sanno, come ebbi a sentire da un ex internato molti anni fa, che "le porte sono illusorie. E che di là tu puoi trovare tre o quattro infermieri che ti fanno sei o sette fiale di serenase endovena o quasi".
La "porta aperta" in psichiatria è solo un mito.
Intanto perché è il frutto di una concessione da parte dell'operatore (e non un diritto esigibile da chi è ricoverato). Con lo steso arbitrio con cui viene aperta, essa può essere chiusa, legalmente, in ogni momento.
Non dimentichiamo inoltre che la contenzione "meccanica" è solo una delle infinite strategie che la psichiatria usa per bloccare (e rendere innocui) i suoi utenti involontari.
Gli psicofarmaci da tempo, e in modo più efficace e accettabile, hanno sostituito le fasce di contenzione. Tanti dei sostenitori del superamento della contenzione meccanica (che definiscono come una vera e propria forma di tortura), non hanno da ridire invece sulla liceità del TSO o della somministrazione forzata di psicofarmaci. Al contrario.
Queste strategie, a differenza della contenzione meccanica, vengono considerati dagli psichiatri delle buone pratiche "atti medici" e, quindi, non sindacabili né catalogabili come forme di violenza, sopraffazione o abuso.
La "porta aperta" del reparto psichiatrico in realtà non è una via d'uscita. Una volta varcata la soglia e definita "malata", la persona non ha più alcun potere nel gestire la propria vita. Non ha più un fuori dove andare, uno spazio privato, un rifugio o un territorio inviolabile in cui vivere.
La contenzione non è una pratica: è un sistema che va aldilà dei servizi psichiatrici e coinvolge l'intero contesto familiare e sociale del "contenuto".
Non mi stupisce che gli utenti involontari di questi reparti no restraint, quando non sono rimbecilliti e bloccati dagli psicofarmaci, possano scegliere di non attraversare le porte tenute aperte dai propri carcerieri. Sanno, come ebbi a sentire da un ex internato molti anni fa, che "le porte sono illusorie. E che di là tu puoi trovare tre o quattro infermieri che ti fanno sei o sette fiale di serenase endovena o quasi".