Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud parteciperà al dibattito
“Salute mentale – verso una felicità sotto controllo”
durante la sesta edizione del festival “Settembre Rosso”
a EMPOLI GIOVEDì 4 LUGLIO c/o il Parco di Serravalle alle ore 18
con:
Alberto Zino – psicanalista e scrittore
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
https://artaudpisa.noblogs.org/
venerdì 28 giugno 2019
domenica 23 giugno 2019
La sedia
Questa sedia non è una semplice sedia. E' piuttosto un testimone incolpevole di un genocidio.
Appoggiati alla sua spalliera, ticchettando sui suoi braccioli, sedicenti medici della mente hanno espresso le loro sentenze/diagnosi su migliaia di esseri umani in-volontari, rei di lesa realtà.
Ha accolto la loro arroganza e la loro cecità, ascoltato i loro ordini di sterminio, i loro giudizi sommari e tutta l'incomprensione e l'indifferenza di cui essere umano è capace.
E' rimasta muta e nuda di fronte ad ogni ordine di contenzione, di elettroshock, di coma insulinico ... muta e nuda di fronte alle lacrime di chi implorava di uscire e alla penna di chi decretava la fine di tutto.
Ritrovata semidistrutta in un manicomio in disuso, abbandonata lì come tutte le altre umane (e non umane) cose che non servono più alla causa scientifica della psichiatria (come i lobotomizzati ridotti a larve o gli internati rinchiusi nei cronicari), oggi questa sedia riprende vita e si affranca dal suo passato.
Da oggi testimonierà solo la rivolta, la passione, il rifiuto di ogni psichiatria, di ogni dittatura della coscienza, di ogni lesa umanità.
Sarà la mia compagna di viaggio, per gli anni a venire (per quelli, pochi o molti che siano, che restano), nella lotta per liberarsi della/dalla psichiatria.
Riscriveremo insieme la storia della follia (e anche quella della psichiatria) in lingua rovescia: libereremo l'esperienza e troveremo antitodi efficaci al veleno psichiatrico; scioglieremo i nodi delle fasce di contenzione e renderemo innocui gli infermieri; parleremo il linguaggio libero della follia e libereremo i dottori dalla missione di fare il nostro bene.
Faremo da noi stessi ...
E quando saremo stanchi e confusi, gireremo in tondo fino a portare il tempo indietro a quel cortile del manicomio di Messina, dove Giovanni sta ancora aspettandomi con le mani legate dietro la schiena ... e stavolta, senza esitazione alcuna, saprò cosa fare ...
mercoledì 19 giugno 2019
A proposito di Taser...
da: https://www.autistici.org/distrozione/category/booklet/
L’idea di scrivere quest’opuscolo è nata in un momento femminista tra donne, lesbiche, froci e trans* di scambio e condivisione sulla lotta contro le frontiere e i dispositivi repressivi costruiti attorno e a partire da esse.
Ci sentiamo lontane dall’indignazione di chi vede in questo o quell’altro strumento securitario una minaccia ai propri diritti all’interno della pacifica vita nella società democratica. Consapevoli che il monopolio statale della violenza può esprimersi più o meno cruentemente in momenti diversi, sentiamo che è l’esistenza stessa di questo potere ad opprimerci.
Tuttavia, di fronte all’introduzione tra le forze dell’ordine italiane di una nuova arma, altamente tecnologica, con un funzionamento non immediatamente comprensibile, abbiamo sentito il bisogno di raccogliere e diffondere del materiale.
Pensiamo che sia importante conoscere le armi che vengono utilizzate contro di noi, per essere in grado di reagire, di difenderci,per non subire passivamente la retorica di potenza e infallibilità con cui vengono abitualmente, appositamente descritte.
Clicca qui per scaricare l'opuscolo
L’idea di scrivere quest’opuscolo è nata in un momento femminista tra donne, lesbiche, froci e trans* di scambio e condivisione sulla lotta contro le frontiere e i dispositivi repressivi costruiti attorno e a partire da esse.
Ci sentiamo lontane dall’indignazione di chi vede in questo o quell’altro strumento securitario una minaccia ai propri diritti all’interno della pacifica vita nella società democratica. Consapevoli che il monopolio statale della violenza può esprimersi più o meno cruentemente in momenti diversi, sentiamo che è l’esistenza stessa di questo potere ad opprimerci.
Tuttavia, di fronte all’introduzione tra le forze dell’ordine italiane di una nuova arma, altamente tecnologica, con un funzionamento non immediatamente comprensibile, abbiamo sentito il bisogno di raccogliere e diffondere del materiale.
Pensiamo che sia importante conoscere le armi che vengono utilizzate contro di noi, per essere in grado di reagire, di difenderci,per non subire passivamente la retorica di potenza e infallibilità con cui vengono abitualmente, appositamente descritte.
Clicca qui per scaricare l'opuscolo
domenica 9 giugno 2019
Il rifiuto delle cure
di Giuseppe Bucalo
Ho già scritto più volte che non c'è "cattiva" pratica psichiatrica che non sia stata salutata, proposta o imposta come "buona" al suo affacciarsi nel mondo delle "cura" della follia.
Non c'é cattiva (prima buona) pratica psichiatrica a cui, le persone che vi sono state sottoposte, non abbiano tentato disperatamente di sottrarsi. Non c'é rifiuto di una pratica psichiatrica (buona o cattiva che sia) che non abbia portato (e non porti) all'imposizione coatta della stessa.
Il "rifiuto delle cure" in psichiatria è considerato un sintomo cardine e una peculiarità specifica della "patologia" che afferma di curare. L'opinione dell'utente designato e la sua percezione di benessere/malessere legata alle "cure" praticate, a differenza delle altre branche della medicina, non incide per nulla sulla valutazione dell'efficacia delle stesse.
Al contrario, paradossalmente, il rifiuto delle cure, tende a confermarne la necessità.
Questo spiega gli errori (orrori) tanto tragici quanto insensati che hanno costellato la storia della cosiddetta scienza psichiatrica. Solo a partire da questo paradosso possiamo afferrare il senso del perpetuarsi per un tempo indefinito (senza mai essere state del tutto bandite né considerate illegali) di pratiche quale l'elettroshock o la lobectomia che appaiono, ai più, come vere e proprie torture.
La storia dovrebbe insegnarci quantomeno a dubitare delle mirabolanti rivoluzioni terapeutiche della psichiatria e non solo di quelle che invadono direttamente il corpo delle sue vittime involontarie o che lo segregano e contengono con camice di forza chimiche e fisiche, ma anche di tutte quelle altre pratiche sociali e legali che ne limitano la libertà di azione, pensiero e relazione.
E invece assistiamo per lo più indifferenti, quando non attivamente partecipi, a questo gioco delle parti in cui "buoni" psichiatri affermano che occorre slegare persone che "cattivi" psichiatri legano; liberare dagliOPG/Rems persone che "cattivi" psichiatri hanno definito pericolose; aprire reparti psichiatrici che "cattivi" psichiatri vorrebbero tenere chiusi.
Nonostante la storia stia li a dimostrarci quanta cieco e violento possa essere l'accanimento "terapeutico" della psichiatria sui corpi, sulle menti e sull'esistenza delle sue vittime ... non sentirete mai da nessuno degli operatori democratici, riluttanti e delle buone pratiche, che si battono perché sia riconosciuto e garantito a tutti il diritto di accesso alla "loro" cura, che il diritto al rifiuto delle cure (anche delle loro), oltre ad essere costituzionalmente riconosciuto, è l'unico antidoto e barriera all'abuso psichiatrico.
Buoni e cattivi psichiatri si combattono sul piano del "come" curare e non sul "perché" farlo. L'obbligo etico e legale a curare (e ad essere curati) non viene mai messo in discussione.
Eppure basterebbe riconoscere agli utenti psichiatrici (come ad ogni altro cittadino) il diritto di accettare o rifiutare le "cure" per evitare gran parte degli errori/orrori che continuano a segnare la storia e la pratica della cosiddetta scienza "psichiatrica" e di cui, ipocritamente e ciclamente, ci indigniamo e non riusciamo a spiegarci il perché.
In qualsiasi altra branca della medicina se una "terapia" praticata riduce il paziente ad un vegetale o lo rende demente e incapace di agire/reagire, essa viene abbandonata come nociva e ne vengono segnalati gli effetti collaterali. In psichiatria, ciò che per gli altri medici sarebbero esiti nefasti, vengono considerati dei veri e propri successi terapeutici.
Ho già citato il neurologo Oliver Sacks sul parallelismo fra lobectomia e psicofarmaci:
"Il grande scandalo della leucotomia e della lobotomia cessò, al principio degli anni Cinquanta, non a causa di riserve o di mutamenti di tendenza nel mondo della medicina, ma perché in quegli anni si erano resi disponibili nuovi strumenti – i tranquillanti – che pretendevano (proprio come la psicochirurgia) di portare alla guarigione completa senza indurre effetti collaterali. Se poi, dal punto di vista etico e neurologico, ci sia una grande differenza fra psicochirurgia e tranquillanti, è una domanda inquietante che non è mai stata affrontata davvero.“
Ho già scritto più volte che non c'è "cattiva" pratica psichiatrica che non sia stata salutata, proposta o imposta come "buona" al suo affacciarsi nel mondo delle "cura" della follia.
Non c'é cattiva (prima buona) pratica psichiatrica a cui, le persone che vi sono state sottoposte, non abbiano tentato disperatamente di sottrarsi. Non c'é rifiuto di una pratica psichiatrica (buona o cattiva che sia) che non abbia portato (e non porti) all'imposizione coatta della stessa.
Il "rifiuto delle cure" in psichiatria è considerato un sintomo cardine e una peculiarità specifica della "patologia" che afferma di curare. L'opinione dell'utente designato e la sua percezione di benessere/malessere legata alle "cure" praticate, a differenza delle altre branche della medicina, non incide per nulla sulla valutazione dell'efficacia delle stesse.
Al contrario, paradossalmente, il rifiuto delle cure, tende a confermarne la necessità.
Questo spiega gli errori (orrori) tanto tragici quanto insensati che hanno costellato la storia della cosiddetta scienza psichiatrica. Solo a partire da questo paradosso possiamo afferrare il senso del perpetuarsi per un tempo indefinito (senza mai essere state del tutto bandite né considerate illegali) di pratiche quale l'elettroshock o la lobectomia che appaiono, ai più, come vere e proprie torture.
La storia dovrebbe insegnarci quantomeno a dubitare delle mirabolanti rivoluzioni terapeutiche della psichiatria e non solo di quelle che invadono direttamente il corpo delle sue vittime involontarie o che lo segregano e contengono con camice di forza chimiche e fisiche, ma anche di tutte quelle altre pratiche sociali e legali che ne limitano la libertà di azione, pensiero e relazione.
E invece assistiamo per lo più indifferenti, quando non attivamente partecipi, a questo gioco delle parti in cui "buoni" psichiatri affermano che occorre slegare persone che "cattivi" psichiatri legano; liberare dagliOPG/Rems persone che "cattivi" psichiatri hanno definito pericolose; aprire reparti psichiatrici che "cattivi" psichiatri vorrebbero tenere chiusi.
Nonostante la storia stia li a dimostrarci quanta cieco e violento possa essere l'accanimento "terapeutico" della psichiatria sui corpi, sulle menti e sull'esistenza delle sue vittime ... non sentirete mai da nessuno degli operatori democratici, riluttanti e delle buone pratiche, che si battono perché sia riconosciuto e garantito a tutti il diritto di accesso alla "loro" cura, che il diritto al rifiuto delle cure (anche delle loro), oltre ad essere costituzionalmente riconosciuto, è l'unico antidoto e barriera all'abuso psichiatrico.
Buoni e cattivi psichiatri si combattono sul piano del "come" curare e non sul "perché" farlo. L'obbligo etico e legale a curare (e ad essere curati) non viene mai messo in discussione.
Eppure basterebbe riconoscere agli utenti psichiatrici (come ad ogni altro cittadino) il diritto di accettare o rifiutare le "cure" per evitare gran parte degli errori/orrori che continuano a segnare la storia e la pratica della cosiddetta scienza "psichiatrica" e di cui, ipocritamente e ciclamente, ci indigniamo e non riusciamo a spiegarci il perché.
In qualsiasi altra branca della medicina se una "terapia" praticata riduce il paziente ad un vegetale o lo rende demente e incapace di agire/reagire, essa viene abbandonata come nociva e ne vengono segnalati gli effetti collaterali. In psichiatria, ciò che per gli altri medici sarebbero esiti nefasti, vengono considerati dei veri e propri successi terapeutici.
Ho già citato il neurologo Oliver Sacks sul parallelismo fra lobectomia e psicofarmaci:
"Il grande scandalo della leucotomia e della lobotomia cessò, al principio degli anni Cinquanta, non a causa di riserve o di mutamenti di tendenza nel mondo della medicina, ma perché in quegli anni si erano resi disponibili nuovi strumenti – i tranquillanti – che pretendevano (proprio come la psicochirurgia) di portare alla guarigione completa senza indurre effetti collaterali. Se poi, dal punto di vista etico e neurologico, ci sia una grande differenza fra psicochirurgia e tranquillanti, è una domanda inquietante che non è mai stata affrontata davvero.“
mercoledì 5 giugno 2019
Bologna - Giovedì 20 giugno xm24
OLTRE IL RECINTO. STORIE DI LOTTA, EMANCIPAZIONE E AUTOGESTIONE
DE-ISTITUZIONALIZZARE ANCORA LA SOCIETA’
Relazioni umane e collettività fuori dallo spazio normativo dell’istituzione
Quest’incontro nasce per la volontà di
dare continuità ai discorsi e alla partecipazione che si sono raccolti
intorno all’evento del 21 febbraio a Xm24 SENZA PAURE E SENZA
PSICHIATRIA, incontro che affrontava il tema dell’autogestione della
Salute mentale raccontando la preziosa esperienza di Antonietta
Bernardoni e dell’Attività Terapeutica Popolare a Modena.
Alienati dentro e fuori dalle sovrastrutture sempre più strette e spersonalizzanti che ci determinano, l’evento sull’ATP ha fatto emergere un bisogno latente e diffuso di condivisione, riflessione e incontro comune su aspetti della nostra vita che difficilmente abbiamo l’opportunità di discutere collettivamente.
De-istituzionalizzare ancora la società. Perché il potere normativo e disciplinare si fa sempre più stringente, oggettivante e coercitivo in ogni “campo” mutilando e reprimendo la vitalità del discorso umano.
De-istituzionalizzare ancora la società, per sostenere le lotte di chi mantiene aperte finestre di possibilità oltre i paradigmi del controllo capitalista e istituzionale.
De-istituzionalizzare ancora le coscienze, per rimettere in discussione collettivamente i modelli dominanti spersonalizzanti in cui siamo inserit* e affrontare insieme le contraddizioni che ci attraversano.
Giovedì 20 giugno a Xm24,Alienati dentro e fuori dalle sovrastrutture sempre più strette e spersonalizzanti che ci determinano, l’evento sull’ATP ha fatto emergere un bisogno latente e diffuso di condivisione, riflessione e incontro comune su aspetti della nostra vita che difficilmente abbiamo l’opportunità di discutere collettivamente.
De-istituzionalizzare ancora la società. Perché il potere normativo e disciplinare si fa sempre più stringente, oggettivante e coercitivo in ogni “campo” mutilando e reprimendo la vitalità del discorso umano.
De-istituzionalizzare ancora la società, per sostenere le lotte di chi mantiene aperte finestre di possibilità oltre i paradigmi del controllo capitalista e istituzionale.
De-istituzionalizzare ancora le coscienze, per rimettere in discussione collettivamente i modelli dominanti spersonalizzanti in cui siamo inserit* e affrontare insieme le contraddizioni che ci attraversano.
ore 19:30 cena
ore 20:30 dibattito e assemblea.
Ne parleremo con:
Il gruppo educ(a)ttivo, collettivo che si
interroga sulle pratiche e la cultura all’interno dei luoghi
istituzionali deputati alla gestione e alla “cura” degli “improduttivi”,
denunciando la povertà delle prassi all’interno delle istituzioni e
contestando i modelli normativi tecnico-oggettivanti
accademico-formativi/professionalizzanti nei contesti di cura,
accompagnamento e crescita; contesti dove l’altro istituzionalizzato
viene ridotto a “cosa” su cui “operare”, privato di fondamento e
destituito di qualsiasi possibilità di autodeterminazione. Si propone
un’assemblea anti-istituzionale di autogestione “de-formativa”, dove
condividere esperienze e saperi in direzione ostinata e contraria ai
paradigmi dominanti spersonalizzanti, per portare avanti riflessioni,
ricerche e lotte collettive.
https://educattivi.noblogs.org/assemblea/Il collettivo antipsichiatrico Altrimenti di Xm24, attivist* contro l’inganno psichiatrico
Bianca Bonavita, con il testo “Discola. Descolarizzare ancora la società”. Dove si rimette coraggiosamente in discussione, per non dire si demolisce, il paradigma scolastico rileggendo Illich, paradigma tra i più intoccabili insieme a quello medico e a quello carcerario. Si problematizza la relazione con l’infanzia, la mortificazione della creatività, del pensiero libero, si denuncia la sottomissione del sistema-scuola al sistema produttivo e molto di più.
https://quieora.ink/?p=2900
Il collettivo Bernardoni con la sua esperienza di lotta e la sua testimonianza del grande lavoro di Antonietta Bernardoni e dell’esperienza dell’Attività Terapeutica Popolare a Modena, un’alternativa possibile, oggi che l’atomizzazione sociale sta raggiungendo livelli davvero alienanti, più attuale che mai.
(Del testo “La vita quotidiana come storia, senza paure e senza psichiatria” ne abbiamo parlato anche qui)
L’Associazione Idee in circolo e il
collettivo Le parole ritrovate di Modena con il testo: “E adesso
parliamo noi! Terapia al bisogno per i pregiudizi”. “Specialisti” e
“tecnici” si fanno da parte e il sapere di chi vive il disagio riprende
parola.
https://www.libreriasensibiliallefoglie.com/dettagli.asp?sid=95105769320190605033846&idp=313&idn=1Il Csi, Centro di Salute Internazionale e Interculturale, ricercatori e ricercatrici, attiviste e attivisti per la promozione della salute come bene comune e processo di partecipazione collettiva.
http://csiaps.org
Mezz’ora d’aria, trasmissione radio sulle frequenze di radio città fujiko, a testimoniare la violenza delle pratiche all’interno delle strutture detentive
https://www.autistici.org/mezzoradaria/
collettività/salute/salute mentale/infanzia/scuola/devianza/carcere…
L’intenzione è stata volutamente trasversale per farne un’evento di riflessione veramente collettiva.
Contro la divisione delle lotte e la compartimentazione dei saperi.
lunedì 3 giugno 2019
Morto suicida CPR a Brindisi
segnalato da: Collettivo Artaud
fonte:
LasciateCIEntrare
Nella notte tra sabato 1 e domenica 2 giugno Harry, un ventenne di origine nigeriana, detenuto nel CPR Restinco (BR), approfittando di un momento di solitudine nella sua stanza, si toglie la vita impiccandosi. Questa mattina, 3 giugno, la Prefettura ha disposto la sepoltura, senza ulteriori accertamenti sui fatti, chiudendo frettolosamente un episodio gravissimo che invece va divulgato con tutti i mezzi possibili.
Il suo gesto non è certamente il primo all’interno della struttura. Negli anni passati, infatti, sono stati diversi gli episodi di tentativi di suicidio, autolesionismo ed anche di rivolte. Eppure la Campagna LasciateCIEntrare ha segnalato più volte a Prefetto, Garante nazionale e regionale dei detenuti, membri dello IOM e dell’UNHCR la situazione critica di questo giovane migrante, sottolineandone l’incompatibilità con le misure restrittive della libertà personale applicate nel CPR, e chiedendone con urgenza il suo trasferimento in luogo idoneo alla sua condizione di estrema vulnerabilità, allegando la documentazione medica in possesso. E la Campagna LasciateCIEntrare ha da sempre evidenziato notevoli criticità anche per altri casi (vedi qui il nostro report,risalente all’ultimo accesso nell’agosto 2018, nel quale proprio un infermiere ci sottolineava che “frequenti sono gli atti di autolesionismo ed i tentati suicidi, tramite impiccagione”).
Come dire: una morte annunciata.
Harry, poco più che diciottenne, come molti altri giovanissimi migranti, era arrivato in Italia nell’estate del 2017, dopo la traversata nel deserto e l’incarcerazione in Libia. Veniva dislocato nella provincia di Bolzano, ospite presso due centri di accoglienza, tutti di grandi dimensioni, con oltre 100 persone. Da subito il suo disagio è risultato evidente: disagio che lo ha portato a effettuare visite specialistiche, frequentare il Centro di Salute Mentale e dover seguire una terapia farmacologica costante. Più volte è stato ricoverato nel reparto di psichiatria per delle forti crisi, segnalato dai servizi psichiatrici, dai servizi sociali e dai referenti del CAS stesso.
A giugno 2018, viene chiesto per lui l’inserimento in uno Sprar, nell’estremo tentativo di ospitarlo in una struttura adeguata alle sue gravi problematiche e che potesse dargli l’attenzione e la cura “dovuta”. Infatti, il servizio psichiatrico ha più volte sottolineato come la natura dei problemi di Harry risiedesse nel fatto che egli aveva “sia un modo di pensare, sia di vivere le esperienze sia modalità comportamentali ancora immaturi e infantili, con in parte regressioni emozionali sino al livello di un bambino dell’età dell’infanzia (…)”.
Ma per lui non c’è stato nulla da fare. Spostato come un pacco postale da un CAS all’altro, senza alcuna cura ed attenzione ai suoi problemi psichiatrici, la malaccoglienza ha finto per aggravare ancora di più ed in modo irrimediabile la sua condizione di soggetto già altamente vulnerabile. Harry ha finito, cosi, per perdere anche l’ultimo dei suoi diritti, ovvero quello a soggiornare in Italia.
A fine marzo 2019, Harry viene così portato nel CPR Restinco a Brindisi. Un trattenimento assolutamente incompatibile con le sue condizioni di salute. In due mesi di trattenimento Harry non è mai riuscito ad incontrare lo psichiatra interno del centro, malgrado le numerose richieste effettuate in tal senso, e per “tamponare” la situazione, gli sono stati somministrati dei farmaci. Ma non si sa secondo quale terapia e secondo quale prescrizione.
Harry ha oscillato tra momenti di apatia e stati catatonici, tra momenti di forte aggressività e altri di scoramento e pianto.
Fino all’estrema soluzione. Quella di farla finita.
La Campagna LasciateCIEntrare oggi chiede con fermezza che venga immediatamente disposta l’autopsia del corpo e gli esami tossicologici per accertare le cause precise della sua morte.
E chiede, soprattutto, che vengano accertate le responsabilità di chi, pur essendo a conoscenza dello stato di grave disagio e sofferenza psichica, incompatibile con il trattenimento in un centro per i rimpatri, non ha tutelato i diritti e la vita di Harry.
fonte:
LasciateCIEntrare
Nella notte tra sabato 1 e domenica 2 giugno Harry, un ventenne di origine nigeriana, detenuto nel CPR Restinco (BR), approfittando di un momento di solitudine nella sua stanza, si toglie la vita impiccandosi. Questa mattina, 3 giugno, la Prefettura ha disposto la sepoltura, senza ulteriori accertamenti sui fatti, chiudendo frettolosamente un episodio gravissimo che invece va divulgato con tutti i mezzi possibili.
Il suo gesto non è certamente il primo all’interno della struttura. Negli anni passati, infatti, sono stati diversi gli episodi di tentativi di suicidio, autolesionismo ed anche di rivolte. Eppure la Campagna LasciateCIEntrare ha segnalato più volte a Prefetto, Garante nazionale e regionale dei detenuti, membri dello IOM e dell’UNHCR la situazione critica di questo giovane migrante, sottolineandone l’incompatibilità con le misure restrittive della libertà personale applicate nel CPR, e chiedendone con urgenza il suo trasferimento in luogo idoneo alla sua condizione di estrema vulnerabilità, allegando la documentazione medica in possesso. E la Campagna LasciateCIEntrare ha da sempre evidenziato notevoli criticità anche per altri casi (vedi qui il nostro report,risalente all’ultimo accesso nell’agosto 2018, nel quale proprio un infermiere ci sottolineava che “frequenti sono gli atti di autolesionismo ed i tentati suicidi, tramite impiccagione”).
Come dire: una morte annunciata.
Harry, poco più che diciottenne, come molti altri giovanissimi migranti, era arrivato in Italia nell’estate del 2017, dopo la traversata nel deserto e l’incarcerazione in Libia. Veniva dislocato nella provincia di Bolzano, ospite presso due centri di accoglienza, tutti di grandi dimensioni, con oltre 100 persone. Da subito il suo disagio è risultato evidente: disagio che lo ha portato a effettuare visite specialistiche, frequentare il Centro di Salute Mentale e dover seguire una terapia farmacologica costante. Più volte è stato ricoverato nel reparto di psichiatria per delle forti crisi, segnalato dai servizi psichiatrici, dai servizi sociali e dai referenti del CAS stesso.
A giugno 2018, viene chiesto per lui l’inserimento in uno Sprar, nell’estremo tentativo di ospitarlo in una struttura adeguata alle sue gravi problematiche e che potesse dargli l’attenzione e la cura “dovuta”. Infatti, il servizio psichiatrico ha più volte sottolineato come la natura dei problemi di Harry risiedesse nel fatto che egli aveva “sia un modo di pensare, sia di vivere le esperienze sia modalità comportamentali ancora immaturi e infantili, con in parte regressioni emozionali sino al livello di un bambino dell’età dell’infanzia (…)”.
Ma per lui non c’è stato nulla da fare. Spostato come un pacco postale da un CAS all’altro, senza alcuna cura ed attenzione ai suoi problemi psichiatrici, la malaccoglienza ha finto per aggravare ancora di più ed in modo irrimediabile la sua condizione di soggetto già altamente vulnerabile. Harry ha finito, cosi, per perdere anche l’ultimo dei suoi diritti, ovvero quello a soggiornare in Italia.
A fine marzo 2019, Harry viene così portato nel CPR Restinco a Brindisi. Un trattenimento assolutamente incompatibile con le sue condizioni di salute. In due mesi di trattenimento Harry non è mai riuscito ad incontrare lo psichiatra interno del centro, malgrado le numerose richieste effettuate in tal senso, e per “tamponare” la situazione, gli sono stati somministrati dei farmaci. Ma non si sa secondo quale terapia e secondo quale prescrizione.
Harry ha oscillato tra momenti di apatia e stati catatonici, tra momenti di forte aggressività e altri di scoramento e pianto.
Fino all’estrema soluzione. Quella di farla finita.
La Campagna LasciateCIEntrare oggi chiede con fermezza che venga immediatamente disposta l’autopsia del corpo e gli esami tossicologici per accertare le cause precise della sua morte.
E chiede, soprattutto, che vengano accertate le responsabilità di chi, pur essendo a conoscenza dello stato di grave disagio e sofferenza psichica, incompatibile con il trattenimento in un centro per i rimpatri, non ha tutelato i diritti e la vita di Harry.
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