lunedì 1 aprile 2013

DSM

“4 dicembre 1998

Loren R. Mosher, dott. in Medicina a Rodrigo Munoz, dott. in Medicina, Presidente della American Psychiatric Association (APA)

Caro Rod,

Dopo circa tre decadi che sono socio, con un misto di dispiacere e sollievo le invio la presente lettera di dimissioni dalla American Psychiatric Association. La ragione principale per questa mia azione è la certezza che con ciò mi sto dimettendo anche dalla American
Psychopharmacological Association. È una fortunata coincidenza che le due organizzazioni, in verità identiche, abbiano anche lo stesso acronimo.
Sfortunatamente infatti, APA riflette, e rafforza, a parole e a fatti, la nostra società farmaco-dipendente. E, anche, favorisce la guerra dei profitti sui «farmaci».

Pazienti con una «doppia diagnosi» sono infatti un problema per la professionalità, ma non per questo noi non prescriviamo medicine sempre «buone». Sono «cattivi» farmaci, essenzialmente, solo quelli che non hanno bisogno di ricetta. Un marxista osserverebbe
che dato che l’APA è una organizzazione capitalista, l’APA adotterà prevalentemente quei farmaci da cui può trarre guadagno – diretto o indiretto.

L’appartenere a questo gruppo non fa per me. A questo punto della sua storia, secondo me, la psichiatria è stata pressoché completamente comprata dalle compagnie farmaceutiche. L’APA non potrebbe continuare senza il supporto di incontri, simposi,
riunioni di lavoro, pubblicità sulle riviste specializzate, gran giri di pranzi, borse di studio a josa ecc. ecc., fornito dalle compagnie farmaceutiche. Gli psichiatri sono diventati i beniamini delle campagne promozionali delle compagnie farmaceutiche.

L’APA, ovviamente, dichiara che la sua indipendenza ed autonomia non sono compromesse da questa situazione avviluppante. Una qualunque persona dotata di un minimo di senso comune assistendo ai meeting annuali osserverebbe invece che le esposizioni dei prodotti delle compagnie farmaceutiche e i «simposi sponsorizzati dall’industria» attirano folle di congressisti con le loro varie forme di allettamento mentre le sessioni scientifiche sono a malapena seguite. L’istruzione psichiatrica subisce ugualmente l’influenza dell’industria farmaceutica: la parte più
importante del curriculum dei praticanti è l’arte e la quasi scienza di aver a che fare con gli psicofarmaci, cioè lo scrivere ricette.

Queste limitazioni psicofarmacologiche al nostro essere medici completi limita anche il nostro orizzonte intellettuale. Non più cerchiamo di comprendere la persona nella sua interezza e inserita nel suo contesto sociale – piuttosto stiamo a riallineare i neurotrasmettitori dei nostri pazienti. Il problema è che è molto difficile avere un rapporto di relazione con un neurotrasmettitore - qualsiasi sia la sua configurazione.

Così, la nostra acuta Organizzazione ci fornisce spiegazioni, basate sulla sua concezione neurobiologica di fondo, che ci tengono distanti da quei conglomerati di molecole che siamo arrivati a definire come pazienti. Promuoviamo il largo uso e ci perdoniamo l’abuso di sostanze chimiche tossiche nonostante sappiamo che producono seri effetti di lungo periodo – discinesia tardiva, demenzia tardiva e preoccupanti sindromi di astinenza.

Ora, dovrei io essere succube delle compagnie farmaceutiche che trattano molecole nelle loro formulazioni? No, grazie tante. Mi dispiace che dopo essere stato psichiatra per 35 anni debba decidere di dissociarmi da questa Associazione. Ma essa non rappresenta affatto il mio interesse. Non sono capace di ottenere niente dall’attuale modello riduzionista medico-biologico strombazzato dalla ledership psichiatrica che ancora una volta ci sposa alla medicina somatica. Qui si tratta di moda, politica e, in quanto connessione con l’industria farmaceutica, soldi.

Per giunta, l’APA ha stretto un’indecente alleanza con il NAMI [n.d.t: National Alliance of Mentally Ills, potente associazione di genitori e parenti di pazienti psichiatrici in Usa] (non ricordo se ai soci è stato chiesto di approvare tale alleanza) cosicché le due organizzazioni hanno adottato pubblicamente lo stesso credo circa la natura della pazzia. Nel mentre che si professa «nell’interesse del paziente», in realtà l’APA difende i non-pazienti, i genitori, nel loro desiderio di tenere sotto controllo, tramite una sottomissione rafforzata legalmente, i loro rampolli cattivi/matti : il NAMI con la tacita approvazione dell’APA, ha adottato una procedura abbreviata di obbligo istituzionalizzato di somministrazione di psicofarmaci neurolettici, procedura che viola i diritti civili dei loro rampolli. La maggior parte di noi sta a guardare e permette questa procedura di intervento fascista.

Il dio della psichiatria, Dott. E. Fuller Torrey è autorizzato a fare una diagnosi e a consigliare il trattamento a coloro, dell’organizzazione NAMI, con cui è professionalmente in disaccordo. Chiaramente una violazione dell’etica medica. L’APA protesta? Ovviamente no, perché si tratta di cose con cui l’APA è d’accordo, ma esplicitamente non può appoggiare. Gli si permette di mettersi in vista; d’altronde non è più un membro dell’APA. (parola ingegnosa APA!). La miopia di questo matrimonio tra l’APA, il NAMI e le società farmaceutiche (che con gioia supportano entrambi i
gruppi a causa della loro sbandierata presa di posizione pro-psicofarmaci) è un abominio.

Io non voglio far parte di una psichiatria dell’oppressione e del controllo sociale.

«Malattia mentale a base biologica» è certamente conveniente per i familiari e ugualmente per i medici. Non c’è nessuna assicurazione di garanzia contro errori, non responsabilità personale. Siamo stati tutti presi senza colpa in una turba di patologia cerebrale di
cui nessuno, eccetto il DNA, è responsabile. Orbene, tanto per cominciare, qualsiasi malanno che abbia una specifica patologia del cervello anatomicamente definita diventa campo della neurologia (la sifilide è un buon esempio). Così, per essere coerenti col punto di vista «malattia del cervello», tutti i principali disordini psichiatrici diverrebbero territorio dei nostri colleghi neurologi. Pur senza averli consultati, ritengo che essi neurologi rifuggano di prendersi carico di queste problematiche di individui. Però la conseguenzialità
delle nostre teorie richiederebbe di passare le da noi scoperte «malattie biologiche del cervello», a loro.

A questo punto è ovvio e irrilevante che non ci siano evidenze confermanti la diagnosi di malattia del cervello. Perché quello con cui qui si ha a che fare è moda, politica e soldi. Il livello di disonestà scientifica ed intellettuale è diventato troppo alto perché io possa
ancora sopportare di essere socio.

È senza sorpresa che vedo che la specializzazione in psichiatria è poco ambita dagli studenti nelle università americane. Questo ci dovrebbe far riflettere sullo stato della psichiatria di oggi. Implica che almeno in parte essi vedono la psichiatria come limitata e
subente. A me appare chiaro che ci siamo intestarditi su una situazione in cui, ad eccezione degli accademici, la maggior parte dei medici psichiatri non ha una concreta relazione – così vitale nel processo di guarigione – con gli individui disturbati e disturbanti
che trattano. Il solo ruolo concreto è quello di scrittori di ricette: contabili con l’apparenza di «salvatori».

Infine, come può l’APA pretendere di conoscere più di quel che sa? Il DSM IV è la costruzione sulla cui base la psichiatria cerca di essere accettata dalla medicina in generale. Ma gli addetti ai lavori sanno che è molto più un documento politico che scientifico. Parla bene di sé stesso cosicché – per quanto la breve apologia di sé è raramente notata. Il DSM IV è diventato una bibbia e un best seller che produce moneta – i suoi maggiori difetti non si vedono. Esso delimita e delinea la pratica medica, alcuni lo prendono seriamente, altri con più realismo. È la via per ottenere l’onorario. È facile ottenerne delle diagnosi ripetibili in progetti di ricerca. Il punto è cosa ci dicono le sue categorie? Rappresentano esse effettivamente la persona con problemi? Non lo fanno, e non possono farlo, perché non ci sono criteri esterni convalidanti le diagnosi
psichiatriche. Non c’è né un test del sangue, né lesioni anatomiche specifiche per nessuno dei maggiori disordini psichiatrici. Così , dove andiamo a parare?

L’APA come organizzazione si è implicitamente (talvolta anche esplicitamente) acquistata una parvenza teorica. È la psichiatria – quella praticata adesso – una parvenza, un trucco? Sfortunatamente la risposta è essenzialmente si.

Che cosa raccomando all’Organizzazione al momento di lasciarla dopo averla praticata per trent’anni?

1. Soprattutto, essere noi proprio. Non fare alleanze infelici e senza il permesso dei membri.

2. Essere veri sulla scienza, la politica, i soldi. Chiamare ogni cosa per quel che è – cioè essere onesti.

3. Uscir fuori dal letto del NAMI e delle compagnie farmaceutiche. L’APA dovrebbe allinearsi, senza retorica, con gli autentici gruppi di utenti, cioè gli ex pazienti, i sopravvissuti psichiatrici, etc.

4. Discutere su chi dirige. Personalmente non ne vedo nessuno buono.

Mi sembra che abbiamo dimenticato il principio base – la necessità di essere orientati verso la soddisfazione del paziente/cliente/utente. Ricordo sempre il detto di Manfred Bleuler: «Loren, ricordati sempre che sei un impiegato assunto dai tuoi pazienti.» Alla fine sono essi che stabiliranno se o no la psichiatria sopravviverà nel mercato dei servizi.”

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