sabato 20 luglio 2019

Sentire le voci non è segno di psicosi

articolo segnalato da Collettivo Antipsichiatrico Artaud di Pisa; nell'articolo parla la Dottoressa Maria Quarato (docente in psicoterapia interazionista):

Sussurri appena accennati, nomi o intere frasi minacciose, ma anche incoraggianti. Uno studio italo-austriaco su persone che sentono le voci ha concluso che le allucinazioni uditive non sono segno di psicosi. Lo studio, durato due anni e non ancora pubblicato, ha coinvolto 139 uditori di voci, spiega in una nota la psicologa clinica Maria Quarato, docente in Psicoterapia interazionista e responsabile del centro "Ediveria" (Associazione per la ricerca internazionale e la consulenza sull'udire voci") con sede a Vienna, convenzionata con l'Universitá degli studi di Padova, che ha realizzato la ricerca in collaborazione con Alessandro Salvini e Antonio Iudici.


"Dai nostri studi e soprattutto dalla pratica clinica e psicoterapeutica - afferma Quarato - è emerso il 'fallimento'" di chi "etichetta come psicotiche o schizofreniche persone perfettamente sane. Già la psichiatria ortodossa accetta che il 10% della popolazione generale abbia fenomeni più o meno complessi di allucinazioni, ma non riesce a superare il dogma di associare chi sente le voci a una patologia importante. Ebbene, nessuna delle 139 persone con allucinazioni uditive seguite, soddisfaceva i criteri del Dsm 5 per la diagnosi di psicosi".
"I questionari somministrati - aggiunge Maria Quarato in una nota - riguardavano anche persone provenienti da strutture psichiatriche con diagnosi infauste. Spesso il processo diagnostico peggiora la condizione dell'uditore di voci: sia per gli effetti collaterali degli psicofarmaci somministrati ben oltre il periodo necessario a gestire le emergenze, sia per gli effetti prodotti dall'idea di essere malati mentali". La media di sedute per la risoluzione dei casi, aggiunge la psicoterapeuta, è stata di sei-otto incontri. "Il numero aumenta nel caso di persone già psichiatrizzate".
"Ascoltando attentamente ogni storia - prosegue Quarato - si scopre che il problema non sono le voci in modo specifico, ma le teorie attraverso cui l'uditore cerca di spiegare le sue voci, e tra le tante c'è anche l'idea di essere mentalmente malati. Le voci sono solo un modo attraverso cui le persone cercano di affrontare aspetti psicologici che necessitano di essere gestiti, sarebbero insomma solo un modo di pensare, per esprimere parti di sé alcune volte in conflitto, come può capitare a molti. Solo che l'uditore é in grado di attivare voci che 'raccontano' questi diversi punti di vista".
"Come confermano tanti ricercatori ormai - continua - sentire le voci non e' quindi il segno di una patologia, ma una propensione neurologica che la psichiatria ha catalogato nella diagnostica imperante, ma che è sempre stata presente in ogni società ed in ogni epoca, e che in alcune culture, addirittura, diviene un'abilità da acquisire con la formazione e la pratica. Le voci delle persone intervistate erano di ogni genere: angosciose, persecutorie, critiche, consolatorie, incoraggianti, come possono esserlo i pensieri di tutti, e molto spesso vengono attivate dall'uditore per risolvere la condizione, sempre più frequente nella nostra società, di solitudine, che è il vero problema che psicologi e psichiatri spesso sono chiamati ad affrontare".
Insomma, le persone che sentono le voci "sono in realtà pensatori dialogici, e sono moltissimi quelli che riescono ad attivare le voci e sono consapevoli di farlo in modo intenzionale. Tanti lo nascondono, spaventati dall'idea di essere etichettati come malati mentali. Una studentessa universitaria italiana a Vienna, ad esempio - prosegue la Quarato - mi ha raccontato che quando non ha voglia di studiare, riesce ad attivare la voce della mamma che l'ammonisce, come fosse al suo fianco, e solo così riesce a concentrarsi nello studio. Questa ragazza è perfettamente consapevole che quella voce materna l'ha cercata e prodotta attraverso i suoi processi immaginativi fino ad udirla come 'vera'. E come lei, ce ne sono tantissimi".
Il sistema di classificazione delle malattie mentali, Dsm, aggiunge la psicoterapeuta, fino a poco tempo fa considerava anche l'omosessualità come una malattia da curare. "Abbiamo a disposizione nei nostri archivi e online - conclude Quarato - anche i video delle persone strappate a diagnosi infauste, che oggi conducono una vita del tutto normale. Chi vuole raccontarci delle sue voci, attivate in modo consapevole ed intenzionale, può inviare una mail a quarato.maria@gmail.com".

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