di María Teresa Fernández Vázquez (Mexico)
Sommario dall'inglese:
In
questo testo cerco di sostenere il mio supporto alla campagna da tre
approcci diversi. In primo luogo, dal punto di vista umanistico e
sociale, che vede la persona umana come un essere unico e irriducibile,
la cui "inesauribile potenzialità dell'esistenza" [1] si sviluppa e può
realizzarsi in infiniti modi ed espressioni, che sono tutti ugualmente
importanti e preziosi. Per secoli, tuttavia, le persone con disabilità
in generale, e le persone con disabilità psicosociali In particolare,
sono state denigrate e messe da parte, e le loro espressioni sono state
raramente riconosciute o approvate dalla grande maggioranza. Sia per
ignoranza, che per paura, negligenza, sete di potere e di controllo,
ecc, i governi e la società sono pronti a reprimere quei comportamenti
umani che non si adattano ai parametri socialmente condivisi, già
incorporati nelle norme indiscusse, nelle abitudini, nei simboli e negli
stereotipi culturali. Quindi lo status quo viene mantenuto. Dovremmo
considerare ogni tentativo di reprimere l'espressione umana come una
forma di oppressione sociale e politica che non dovrebbe essere
tollerata. Invece, la società dovrebbe essere aperta alla diversità
umana e procedere insieme a tutti coloro che sono diversi; creare - mano nella mano con loro - nuove forme di interazione sociale e di convivenza.
In
secondo luogo, parlo dalla mia esperienza personale come sorella di un
uomo a cui in adolescenza hanno diagnosticato l'epilessia e che più
tardi nella sua vita è diventato un alcolizzato. Mio fratello era
confinato in comunità, "fattorie" e ospedali psichiatrici su
raccomandazione dei suoi medici curanti. Posso testimoniare il crescente
deterioramento subito da mio fratello dopo ogni collocazione, che è
culminato con la sua morte dolorosa e prematura. I suoi ricoveri erano
assolutamente intollerabili e nefasti: per lui, per la sua famiglia e
per tutti noi. Deploro profondamente il fatto che non abbiamo avuto
accesso alle informazioni, ai consigli, al sostegno adeguato o ai
servizi che avrebbero permesso a mio fratello di vivere la sua vita in
modo diverso, secondo le sue necessità e potenzialità, in sostanza,
umanamente. La cosa peggiore è che oggi - quarant'anni dopo - le cose
non sono cambiate molto. C'è ancora la stessa mancanza di informazioni,
consigli, sostegno e servizi adeguati. Le persone con disabilità
psicosociali continuano ad essere maltrattate e ricoverate, anche contro
la loro volontà; anche se è provato che tali trattamenti non
funzionano, ma, al contrario, provocano danni profondi e irreversibili.
Sia i governi attraverso leggi, politiche e mancanza di volontà
politica, sia i professionisti della salute e la società nel suo insieme
continuano a condannare le persone con disabilità psicosociali
all'oblio e alla morte, e lo fanno con assoluta impunità. Anche questo è
inaccettabile e deve essere cambiato. La Convenzione delle Nazioni
Unite sui diritti delle persone con disabilità ci dice come.
Il
terzo motivo per cui sostengo la Campagna per la Convenzione delle
Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, è che essendo io
stessa una persona con una disabilità fisica, sono attivamente
coinvolta in questo processo. Rispettare la Convenzione significa
rispettare la dignità e l'autonomia individuale di tutte le persone con
disabilità, nonché rispettare il loro diritto all'uguaglianza e alla non
discriminazione, alla libertà personale e alla sicurezza. Come
dichiarato dal Comitato CRPD: "Il trattamento sanitario obbligatorio da
parte di psichiatrici e di altri medici e di personale sanitario,
costituisce una violazione del diritto di uguaglianza di riconoscimento
davanti alla legge (articolo 5) e una violazione dei diritti
all'integrità personale (articolo 17); libertà dalla tortura (articolo
15); e libertà dalla violenza, dallo sfruttamento e dall'abuso (articolo
16). Questa pratica nega la capacità legale di una persona di scegliere
un trattamento medico ed è quindi una violazione dell'articolo 12 della
Convenzione" (Par. 42). [2] Il Comitato afferma inoltre che segregare
le persone con disabilità nelle istituzioni, viola un certo numero di
diritti garantiti dalla Convenzione (paragrafo 46).
Ai
sensi della Convenzione, è assolutamente inaccettabile non rispettare
la dignità delle persone con disabilità psicosociali, o sottoporli a
esami minuziosi e a giudizi autorevoli grossolani, né è ammissibile per
nessuno attribuirsi la facoltà di decidere secondo il proprio parere
cosa sia il meglio per loro, o di tenerli in luoghi in cui perdono
tutto: la loro autonomia, la loro libertà e persino la loro dignità.
Luoghi in cui rimangono - assoggettati e impotenti - sotto il controllo
assoluto della volontà di altre persone - mai la loro - e dove la loro
integrità viene lacerata. Come il Comitato CRPD dichiara chiaramente,
tali pratiche sono in aperta violazione della Convenzione ONU sui
diritti delle persone con disabilità e devono essere sradicate.
traduzione a cura di Sansi Erveda
tratto da: Il Cappellaio Matto
Nessun commento:
Posta un commento