Questa
è la mia storia o parte dì essa: certamente quella che più mi ha
segnato, quella che più cicatrici nell'anima mi ha
lasciato.
Partecipando alla manifestazione tenutasi a Reggio
Emilia il 28 aprile 2015 contro gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari
e, "cercando" di rimanere "nell'ombra" a tratti
piangendo sotto gli occhiali sperando di non essere notato neppure
dagli "addetti ai lavori", mi sono accorto di ciò da cui
eravamo circondati, cioé dalla paura, dall'indifferenza del
pregiudizio da cui tanto mi son tenuto nascosto in questi ultimi
anni: molte volte tante persone mi hanno chiesto di portarla alla
luce come esempio.
Ma dove trovavo il coraggio quando alcune affermando di combattere stigma e pregiudizio ne avevano nei miei stessi confronti?
Mi accorsi che vi sono UOMINI e DONNE che non hanno paura di metterci la faccia e di aprirsi addirittura con entusiasmo e ironia come Sabatino Catapano, autore del libro IL SOPRAVVISSUTO che mi riprometto di leggere appena possibile perché tale mi considero a differenza di quegli UOMINI e quelle DONNE che nel SADISMO nell'INDIFFERENZA ci sono MORTI mi impegno da ora a non più nascondermi iniziando ad uscire allo scoperto con la sola speranza che l'esperienza da me vissuta possa aiutare anche una sola persona, possa aprire anche un solo cuore.
Un pensiero vá allo scomparso
*Compagno Roma (Raffaele).
Ma dove trovavo il coraggio quando alcune affermando di combattere stigma e pregiudizio ne avevano nei miei stessi confronti?
Mi accorsi che vi sono UOMINI e DONNE che non hanno paura di metterci la faccia e di aprirsi addirittura con entusiasmo e ironia come Sabatino Catapano, autore del libro IL SOPRAVVISSUTO che mi riprometto di leggere appena possibile perché tale mi considero a differenza di quegli UOMINI e quelle DONNE che nel SADISMO nell'INDIFFERENZA ci sono MORTI mi impegno da ora a non più nascondermi iniziando ad uscire allo scoperto con la sola speranza che l'esperienza da me vissuta possa aiutare anche una sola persona, possa aprire anche un solo cuore.
Un pensiero vá allo scomparso
*Compagno Roma (Raffaele).
*Un
abbraccio va a:
Giorgio
Pompa (ora Associazione dalle Ande agli Appennini).
*A Loly per la sua presenza e protezione.
Membri dell'ex Telefono Viola di Milano. Anche quí con la speranza che qualcuno possa raccoglierne l'eredità e abbia le forze di riaprirlo.
*A Loly per la sua presenza e protezione.
Membri dell'ex Telefono Viola di Milano. Anche quí con la speranza che qualcuno possa raccoglierne l'eredità e abbia le forze di riaprirlo.
Ultimi ma non ultimi tutti/e i componenti di:
*Rete Antipsichiatrica;
*Collettivo Rapa Viola Milano;
*Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa, autori del libro ELETTROSHOCK;
*Collettivo Universitario Bicocca;
*a chiunque si trovi in difficoltà e a chi si batte contro questa forma di tortura chiamata psichiatria.
Marcello
Riva.
L’EVASIONE DI SAN VALENTINO:
LA GRANDE FUGA DAL SANT’ANNA DI MARCELLO RIVA
La veridica storia dell’evasione di Marcello RIVA dal reparto psichiatrico dell’Ospedale
Sant’Anna di Como, avvenuta il 14 febbraio del 2002 quando si trovava nel regime di carcerazione
psichiatrica del Trattamento Sanitario Obbligatorio.
Prologo
Pag. 2
Atto Primo – L’incarceramento psichiatrico
Pag. 2
Atto Secondo - L’evasione
Pag. 3
Atto Terzo - Il finale dell’evasione
Pag. 6
Atto Quarto - L’evasione di Marcello RIVA come è stata raccontata dalla psichiatria del Sant’Anna
Pag. 6
Epilogo
Pag. 8
Novembre 2014
2
PROLOGO
Oggi, piovoso giorno di novembre, Marcello è contento. Assieme a lui, infatti, e insieme a Zeus
(l’attento e solerte bastardo bianco dalle grandi orecchie da licaone) e insieme a Isa (l’irruente e
spensierata figlia nera di Lampoon, l’amatissima cagna ‘american staffordshire’ mancata nel mese
di luglio) da qualche giorno nel loro camper è arrivata a vivere anche Diana, una bellissima cucciola
grigia di 1 mese e 15 giorni, figlia di un’altra figlia dell’indimenticabile Lampoon.
Dodici anni fa, nel giorno di San Valentino, Marcello è stato protagonista di una sensazionale
evasione dalla carcerazione psichiatrica nell’SPDC dell’Ospedale Sant’Anna di Como.
ATTO PRIMO
L’INCARCERAMENTO PSICHIATRICO
La sera di lunedì 11 febbraio 2002 Marcello Riva rientra a casa tardi, verso le 20:00, nella sua
abitazione di Olgiate Comasco.
Si trova ancora nel garage al piano interrato quando gli si avvicina il vicino del piano di sotto,
accompagnato dal figlio, che inizia animosamente a discutere con lui a voce alta: lo rimprovera di
fare troppo rumore quando è in casa. Marcello è stanco, li manda a quel paese e sale in casa.
La mattina dopo Marcello esce di buon’ora in macchina con il suo cane Jago, un cucciolo di pastore
tedesco di 6 mesi, per andare a fare una passeggiata nei boschi.
Dopo una lunga passeggiata ritorna verso le 11:00: nell’imboccare la rampa che conduce ai box
interrati nota una scena davvero inusuale: sul prato di fianco a casa sua sta ferma un’autopompa
dei vigili del fuoco con una scala allungata fino al suo balcone, sulla strada davanti al cancello è
ferma un’autoambulanza con le porte aperte e il segnale luminoso blu intermittente acceso, davanti
all’autoambulanza sosta una macchina dei vigili urbani di Olgiate e dall’altro lato della strada sta
ferma una gazzella dei carabinieri.
Marcello, stupito, imbocca la rampa, entra con la macchina nel suo box, scende con il cane, chiude
la porta del box e prima di uscire dal garage viene raggiunto dal vigile urbano Antonio C. che gli
dice:
“Marcello, stamattina non eri in casa.”
“No, sono uscito per andare a passeggiare con Jago.”
“Sai, tua zia ci aveva detto che tu ti eri chiuso in casa e non volevi aprire a nessuno.”
Nel frattempo vengono raggiunti da due carabinieri e dalla zia:
“Marcello, il tuo vicino ci ha detto che ieri sera lo hai aggredito con una roncola. Ora siamo qui
per accompagnarti al Sant’Anna per una visita medica. Prima però saliamo con te in casa tua.”
Salgono in casa.
In casa si ritrovano in 10 persone (una, due, tre, quattro, cinque, sei ... dieci persone!): 3 vigili del
fuoco, che si trovavano già dentro perchè erano entrati dal balcone forzando la portafinestra, più
due infermieri, più due carabinieri più un altro vigile urbano, più Marcello e il vigile Antonio C, e
più Jago naturalmente.
I carabinieri e i vigili urbani si mettono a cercare la roncola dappertutto, nei cassetti, negli armadi,
sotto il letto, in cucina, nel bagno ma non trovano nessuna roncola.
Alla fine tutti escono, Marcello chiude a chiave la porta e tutti scendono in strada.
Il vigile urbano Antonio C. prende in consegna Jago e rassicura Marcello:
“Non preoccuparti per lui, lo tratterò bene.”
3
Marcello viene fatto sdraiare sul lettino dell’autoambulanza, vengono chiuse le porte e un piccolo
corteo di auto parte alla volta dell’Ospedale Sant’Anna di Como: l’autoambulanza davanti, seguita
dalla macchina dei vigili urbani, seguita dalla gazzella dei carabinieri.
L’autopompa dei vigili del fuoco, invece, se ne ritorna in caserma.
Il corteo arriva all’SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura) del Sant’Anna, che si trova in
un vecchio padiglione isolato ad un piano, nella parte verso collina dell’ospedale.
Nel reparto psichiatrico lo sta aspettando la psichiatra Rosanna Mollo insieme ad alcuni infermieri.
Marcello cerca di intavolare un dialogo, ma la psichiatra lo interrompe:
“Deve prendere i farmaci.”
“Allora fatemi leggere il bugiardino.”
Per tutta risposta arriva un infermiere con una siringa e fa un’iniezione del neurolettico Serenase ad
un affranto Marcello.
Poi, sotto l’effetto narcotizzante del neurolettico, i suoi ricordi si affievoliscono.
Lo spogliano completamente, gli fanno indossare un pigiama usato, che gli sembra anche sporco, e
ciabatte non sue; nessuno, infatti, l’aveva avvertito di prendere il pigiama quando era ancora in casa
sua. Ha freddo.
“Ti dobbiamo mettere a letto. Devi rimanere legato fino a domani.”
Viene steso su un letto e legato mani e piedi.
Ricorda confusamente che si fa la pipì addosso.
Altri ricoverati si avvicinano e lo toccano per rincuorarlo. Una ragazza gli rimane vicino e cerca di
liberargli il braccio destro, ma poi arriva un infermiere e la caccia via in malo modo.
Stordito dalla potente sedazione chimica Marcello alterna momenti di veglia a momenti in cui si
assopisce.
La mattina dopo, mercoledì 13 febbraio, due infermieri vengono a cambiare le lenzuola del letto e a
lavarlo. A metà pomeriggio Marcello viene slegato e va nella saletta dello psichiatra, ma non
ricorda nulla di cosa viene detto. Ricorda solo che non viene più legato al letto di contenzione.
ATTO SECONDO
L’EVASIONE
Il giorno dopo è il 14 febbraio 2002, giovedì, festa di San Valentino, protettore degli innamorati e
degli epilettici.
La giornata è fredda e piovosa.
Bollettino meteorologico di Como del 14 febbraio 2002
Un intenso peggioramento interessa il comasco tra il 14 ed il 16 febbraio 2002. Le
piogge, insistenti e di intensità a tratti moderata, apportano già il giorno 14 ben
20,0 mm. di pioggia. Le precipitazioni proseguono a dirotto anche il giorno 15, in
giornata si toccano i +6,1°C.
Marcello si sveglia ancora intontito. Vorrebbe parlare con il primario, ma gli viene comunicato che
il primario non verrà e, forse, dovrà aspettare fino a lunedì per poterlo incontrare.
Marcello si sente perso: altri quattro giorni in quell'assurda situazione gli sembrano un'eternità:
sente che non ce la farà a rimanere in quel reparto fino a lunedì. Lì dentro ha già subito un TSO un
anno prima e sa bene quale insopportabile stato di sedazione chimica da neurolettico lo aspetta.
Sono da poco passate le 9:00 e dovrebbe iniziare il giro dei farmaci e delle iniezioni. Marcello,
però, sente un persistente chiacchiericcio provenire dalla sala degli infermieri. Avvicinatosi con
circospezione si accorge che gli stessi sono intenti a discutere e commentare alcuni articoli della
Gazzetta dello Sport. Marcello comprende al volo che il giro questa mattina ritarderà. Decide
all’istante di approfittare di questa insperata occasione: “Devo scappare ora dal reparto.”
4
E’ in pigiama, pantaloni blu, maglietta azzurra, ai piedi calzini chiari e un paio di vecchie pantofole
marroni. Si reca nel soggiorno dove sa che il grande finestrone verso il giardino esterno, le cui ante
sono chiuse ermeticamente, hanno nella parte superiore un’unica anta orizzontale con apertura a
vasistas, alta una cinquantina di centimetri. Quell’anta però si trova ad oltre 3 metri e mezzo
d’altezza: troppo in alto per poterla raggiungere. Allora senza esitazioni si dirige verso i servizi
igienici e si chiude dentro un gabinetto. Una piccola finestra si trova in alto ed è anch’essa con
apertura a vasistas. Marcello sale con i piedi sulla tazza del WC si aggrappa alla finestra aperta e
comincia a tirarla verso il basso cercando di spezzare la catenella con cui è assicurata al telaio. La
catena però è forte e resiste ai suoi sforzi. Dopo un po' è costretto a desistere. Uscendo dai gabinetti
si accorge che la porta del locale docce è aperta. Vi si chiude dentro: anche lì, però, non riesce a
strappare la catenella della finestra. Marcello è spossato. Si reca nel soggiorno e si sdraia sul
divano. Osserva l’anta orizzontale del finestrone in alto. Il chiacchiericcio in sala infermieri
prosegue imperturbabile. Improvvisamente si alza, avvicina un tavolo al finestrone, sale sul tavolo,
ma non raggiunge l’anta orizzontale. Allora ritorna in bagno per cercare di nuovo di spezzare la
catenella della finestra, ma ancora una volta non ci riesce. Ritorna in soggiorno, questa volta prende
una poltrona e a fatica la mette sul tavolo accanto al finestrone, sale con i piedi su spalliera e
braccioli ma rimane ancora troppo in basso per riuscire ad aprire l’anta orizzontale. Ridiscende,
prende una sedia e la mette sulla poltrona. Salendo sulla sedia e barcollando un po’ questa volta
riesce ad arrivare all’anta orizzontale, ad aprirla e ad afferrarne il bordo con entrambe le mani.
Marcello si concentra, raccoglie un po’ delle forze rimaste, respira profondamente e poi si tira su
con le braccia cercando contemporaneamente di agganciare l’anta aperta con una gamba. Ci riesce,
faticosamente si tira su fino a scavalcare con l’intero corpo l’anta aperta. Rimane così sdraiato per
qualche secondo. Si accorge che sulla strada si sta avvicinando un infermiera con l’ombrello aperto.
Rompe ogni indugio e scivola con le gambe verso l’esterno tenendosi aggrappato con le mani al
telaio inferiore dell’anta. Rimane un attimo allungato e appeso fuori dal finestrone con la faccia
rivolta verso il vetro. Le pantofole si sfilano e cadono per terra sull’asfalto del marciapiede che
circonda il padiglione. Poi si lascia cadere, facendo però una semi rotazione con il corpo per evitare
di sbattere con la faccia sul davanzale. Atterra con i due piedi sull’asfalto. Si alza in piedi. Davanti a
lui, a non più di due metri, l’infermiera paralizzata lo sta fissando con l’ombrello aperto e con
un’espressione di meraviglia in faccia, forse di spavento. Il grande freddo che lo assale e una
potente sferzata di adrenalina gli danno l’energia per reagire prontamente: si infila le ciabatte e si
mette a correre nella direzione opposta a quella in cui si trova l’infermiera paralizzata. Gira attorno
allo spigolo del padiglione psichiatrico e continua a correre, ma capisce che le pantofole lo
rallentano. Allora se le toglie le prende in mano e ricomincia a correre a tutta velocità lungo il muro
dell’edificio, svolta di nuovo attorno ad un secondo spigolo e corre lungo tutto il lato posteriore del
padiglione. Ora viene la parte più difficile: dopo un terzo spigolo dell’edificio deve passare davanti
all’ingresso dell’SPDC. Lo fa in un lampo, sempre con le pantofole in mano. E’ fortunato: non vede
nessuno. Prende a correre verso destra lungo la strada interna dell’ospedale e subito si infila in una
specie di vicolo che si trova tra il padiglione della scuola degli infermieri e il muro di cinta
dell’ospedale. Il muro è alto almeno 2 metri e mezzo, ma è di nuovo fortunato: vi sono delle
macchine parcheggiate di fianco. Sale sul cofano e poi sul tetto di un’auto, butta le pantofole
dall’altra parte, si issa sul muro, lo scavalca e si lasca cadere dall’altra parte. Ora si trova in un
grande piazzale vuoto di fronte ad una chiesa (N.d.r. è la chiesa dei Santi Carpoforo e Brigida). Sul
piazzale non c’è nessuna persona. Marcello si rimette le pantofole e si mette a camminare
velocemente. Per non perdere le pantofole sta attento a strisciare con i piedi senza alzarli troppo da
terra. Attraversa il piazzale, entra nella via Michelangelo Colonna ed arriva nella vicina Piazza
Camerlata. Entra nel sottopassaggio della piazza, esce dall’altra parte della piazza e imbocca la via
Canturina: è sua intenzione raggiungere in autostop Canzo dove abita Leo, un suo amico di Foggia.
Nella via Canturina si mette a camminare all’indietro facendo con la mano destra il segno
dell’autostop verso le auto che escono da Como. I rari pedoni che incontra lo fissano sbalorditi,
mentre con il suo pantalone di pigiama blu, la maglietta azzurra e le pantofole marroni,
5
completamente bagnato cerca di fare l’autostop. Il traffico è sostenuto ma nessuna auto si ferma.
Giunto all’incrocio con la via Turati la imbocca e la percorre. Nessuna delle poche macchine che
passano si ferma. Gira in via Donatori di Sangue, passa sul ponte che scavalca la linea ferroviaria
delle Ferrovie Nord Milano ed arriva al semaforo dell’incrocio con la via Oltrecolle. Al semaforo si
ferma un ragazzo con un Fiorino bianco che lo guarda e gli fa cenno di salire a bordo. Marcello gli
chiede se può portarlo fino a Canzo. Il ragazzo gli risponde che non può andare fino a Canzo perchè
è in giro per lavoro, ma può portarlo fino ad Albavilla. Il ragazzo alza al massimo il riscaldamento
per asciugarlo e riscaldarlo e gli chiede da dove viene. Marcello gli risponde che è scappato da un
programma di disintossicazione in ospedale. Il ragazzo gli esprime tutta la sua solidarietà perchè
alcuni suoi amici sono nella stessa situazione e sa bene come ci si sente. Si rammarica poi che non
abbia con sé un po’ di erba, perchè volentieri fumerebbe una canna insieme a lui. Marcello scende
ad Albavilla, sulla provinciale e ringrazia il ragazzo per il passaggio. Constatando che le auto non si
fermano al suo segnale di autostop, entra nel paesino sperando di trovare la fermata di qualche
autobus per Canzo. Lo sguardo esterrefatto di alcune anziane signore, però, lo mette sul chi va là e
ritorna velocemente sulla provinciale. Ricomincia a fare l’autostop. Dopo 15 minuti, che gli
sembrano interminabili per il freddo e per la pioggia che continua a bagnarlo, si ferma una Uno
grigio topo. Un signore anziano alla guida accetta di prenderlo a bordo. Alla sua richiesta se va fino
a Canzo risponde che può portarlo solo fino a Erba. Marcello allora gli dice che ora non ha nulla
con sé, ma che, se lo porterà fino a Canzo a casa di un suo amico, potrà dargli 10.000 Lire per la
benzina. Il signore anziano gli risponde che non può arrivare fino a Canzo, perchè deve andare di
fretta a casa sua a Erba per prendere le pastiglie contro l’alta pressione, essendo stato operato al
cuore di recente. Poi però, venuto a conoscenza della vicenda di Marcello si impietosisce e, giunti
ad Erba, decide di proseguire per Canzo fino alla casa di Leo. Qui il signore anziano non aspetta
che Marcello vada da Leo a chiederli i soldi per la benzina: dice che gli ha fatto piacere aiutarlo,
quindi saluta e se ne va via di corsa. Marcello suona il citofono di Leo, ma questi non risponde. Per
un attimo viene assalito dalla paura che Leo non sia in casa. Suona di nuovo e solo dopo qualche
tempo sente la voce di Leo: avendo fatto il turno di notte stava ancora dormendo. Entrato in casa
Marcello spiega a Leo cosa è successo. Leo lo invita a fare una doccia calda, gli fa indossare alcuni
suoi vestiti di taglia un po’ più grande della sua, e un paio di scarpe e gli prepara una colazione.
Marcello però non ha fame, beve sono una tazza di caffè caldo. Finalmente un po’ rilassato
Marcello capisce che è pericoloso per lui rimanere lì, perchè sua madre sa che Leo è suo amico e
potrebbe avvertire la psichiatria del Sant’Anna che egli potrebbe trovarsi qui a Canzo. Decide
quindi di recarsi a Milano in via Giambellino dove abita Massimo, un ragazzo sardo che ha
conosciuto da poco. Non ha però il suo numero di telefono: è dentro il suo cellulare, che è rimasto
in reparto. Allora Leo lo accompagna in macchina a Milano. Arrivati verso le 15:00 alla casa di
Massimo suonano più volte al citofono, ma nessuno risponde. A questo punto Leo lascia 20/30.000
Lire a Marcello, lo saluta e va via. Marcello rimane ad aspettare Massimo sul marciapiede di via
Giambellino. Dopo un po’ entra in un bar a prendere un caffè. Poi esce a va a suonare di nuovo il
citofono ma nessuno risponde. Fa freddo. L’unico posto caldo aperto lì intorno, oltre al bar, è il
cinema Pussicat che ha una programmazione di film porno. Entra paga il biglietto di 10.000 Lire e
rimane per un paio d’ore al caldo a vedere il film, di cui non ricorda più il titolo. Alle 18:00 esce e
torna a suonare il citofono, di nuovo invano. Il tempo passa. Rimane a camminare avanti e indietro
e ogni tanto suona il campanello. Finalmente alle 22:30 Massimo arriva: ha lavorato fino ad allora
alla Doxa sondaggi. In casa apprende quanto è successo a Marcello. Gli prepara un ottimo risotto
con la zucca. Massimo si dice disponibile a tenerlo in casa fino a quando la sua situazione non si
chiarisce un po’. Marcello dorme sul divano in soggiorno. Il giorno dopo Marcello rimane solo in
casa con le chiavi, ma decide di non uscire. Quando a sera Massimo ritorna a casa gli racconta che
al lavoro una sua amica gli ha parlato del Telefono Viola di Milano, che è un’associazione che lotta
contro gli abusi della psichiatria e che lo potrebbe aiutare.
6
ATTO TERZO
IL FINALE DELL’EVASIONE
Lunedì 18 febbraio Marcello e Massimo si recano nella sede del Telefono Viola in via dei Transiti e
leggono sulla porta chiusa che il Telefono è aperto il mercoledì.
Mercoledì 20 febbraio Marcello ritorna nella sede del Telefono Viola e trova Roma, al quale
racconta la sua rocambolesca vicenda: è riuscito a fuggire dal reparto psichiatrico dell’ospedale
Sant’Anna di Como mentre si trovava in regime di TSO. Aggiunge che adesso ha un problema,
perchè ha lasciato nel padiglione psichiatrico del Sant’Anna tutti i suoi effetti personali, i documenti
e i soldi e non sa come fare per recuperarli, avendo paura a tornare in reparto. Roma ovviamente gli
conferma la giustezza dei suoi timori: se si presentasse da solo in reparto di sicuro gli farebbero
pagare molto duramente la sua fuga.
Nel frattempo al Telefono arriviamo io e Loly. Roma ci presenta Marcello: ci presenta l’impavido,
temerario evaso dalla psichiatria comasca. Anche noi ascoltiamo con grande interesse la sua
strabiliante evasione dal Sant’Anna.
Viene subito presa una decisione: nei prossimi giorni telefoneremo al reparto psichiatrico del
Sant’Anna per annunciare che una delegazione del Telefono Viola di Milano si recherà insieme a
Marcello in reparto, allo scopo di recuperare i suoi effetti personali.
La mattina di lunedì 25 febbraio 2002 Marcello, Loly ed io ci presentiamo al padiglione psichiatrico
dell’Ospedale Sant’Anna di Como. Appena entriamo nell’ampio corridoio del reparto,
immediatamente ci accorgiamo non solo che siamo attesi ma che stiamo attirando un’evidentissima
attenzione da parte di tutti gli infermieri presenti, nonostante qualche vano tentativo di
dissimulazione. Mentre aspettiamo che l’infermiera che ci ha ricevuti vada ad annunciarci al
direttore del Dipartimento di Salute Mentale, Dott. Antonino Mastroemi, Loly si avvicina a una
signora latina: è cubana e comincia a raccontarle una storia di ordinario orrore psichiatrico, ma
subito dopo viene allontanata da un’infermiera, con la scusa che non è ancora l’orario delle visite.
Dopo un po’ veniamo invitati ad accomodarci nell’ufficio del primario. Poco più tardi arriva il Dott.
Mastroemi: egli ci accoglie cordialmente e rivolto a Marcello con un gran sorriso gli dice: “Allora
signor Riva come va? Sta meglio ora?”. Ci sediamo e inizia un colloquio tanto cordiale quanto
surreale. Il direttore si dice addirittura d’accordo con le battaglie del Telefono Viola in difesa dei
diritti dei pazienti psichiatrici! Il culmine di surrealismo (o, forse, di iperrealismo) viene raggiunto
quando il Dott. Mastroemi, desideroso di dimostrare la sua attenzione nei riguardi di coloro che
preferisce chiamare i ‘clienti della psichiatria’, si lascia sfuggire la frase “Noi, i clienti, ce li
andiamo a prendere: non rimaniamo certo qui ad aspettarli”.
Poi il Dott. Mastroemi chiama un infermiere e gli chiede di portare gli effetti personali del Signor
Marcello Riva. Non appena Marcello rientra in possesso delle sue cose, salutiamo il primario con
una stretta di mano e usciamo all’aria aperta.
Appena fuori Marcello ci guarda: è felice di essere ancora libero.
Non riesce a nascondere, tuttavia, un grande stupore: fa fatica a credere che tutto quanto è appena
avvenuto nell’ufficio del primario sia davvero realmente avvenuto.
ATTO QUARTO
L’EVASIONE DI MARCELLO RIVA
COME E’ STATA RACCONTATA DALLA PSICHIATRIA DEL SANT’ANNA
12 febbraio 2002: la Dott.ssa Maria Bernasconi propone, il Dott. Francesco Galletti convalida, il
Sindaco di Olgiate Comasco dispone il Trattamento Sanitario Obbligatorio nei confronti di
7
Marcello RIVA perché viene ritenuto affetto da ‘sindrome paranoide’. L’intera procedura attuata è
stata del tutto illegittima, non essendo state rispettate le poche norme di legge che permettono i
Trattamenti Sanitari Obbligatori.
12 febbraio 2002: la D.sa Rosanna Mollo, psichiatra dell’SPDC del Sant’Anna di Como, nel
rispondere alla richiesta di chiarimenti del giudice tutelare in merito al TSO nei confronti di
Marcello RIVA, scrive:
Dal punto di vista psichico irritabile, polemico, persecutorio, assenza di consapevolezza di malattia
con rifiuto delle cure.
13 e 14 febbraio 2002: nella cartella clinica del ricovero di Marcello Riva viene scritto:
13/02/02 . Ieri sera il paziente ha fatto storie per effettuare la fiala di Serenase 2 mg.
14/02/02 - Stamattina, intorno alle 9:15 circa il paziente si è allontanato dal reparto (durante
lʼeffettuazione del girovisite). Si segnala alla Direzione Sanitaria al Posto di Polizia, ai Carabinieri di
Olgiate, allʼASS2 del Comune di Olgiate, ai familiari.
14/02/02 - Inviata comunicazione dellʼaccaduto anche al Sindaco del Comune di Olgiate
14/02/02 - * NOTA DI PRECISAZIONE: il p.te è è stato visto allontanarsi da unʼausiliaria
(Sig.ra Valerioti) da un vasistas posto in fondo al reparto. Lʼausiliaria ha dato lʼallarme e
tutto il personale si è precipitato fuori tentando di raggiungerlo ma senza esito *
18/02/02 - Non sono a tuttʼoggi pervenute notizie del Sig. Riva Marcello; pertanto si invia al Sindaco
di Olgiate Comasco la richiesta di interruzione del TSO.
(*N.d.r. Tutto il personale si era precipitato fuori con un attimo di ritardo: Marcello con le sue
pantofole in mano era appena sfrecciato come il vento davanti all’ingresso dell’SPDC.)
14 febbraio 2002: la D.sa Rosanna Mollo invia la segnalazione urgente sull’allontanamento
(l’evasione) di Marcello Riva:
SantʼAnna - Dipartimento di Salute Mentale
Como, 14 febbraio 2002
Prot. n° 28/02
Alla cortese attenzione del
Direttore Sanitario Az. Os. SantʼAnna di Como
Dr. Riva Roberto
Al Posto Fisso di Polizia dellʼAzienda Ospedaliera SantʼAnna – Como
e p. c.
al Dr. Claudio Cetti
Primario S.P.D.C. Azienda Ospedaliera SantʼAnna
al Dr. Antonino Mastroemi
Primario Uop Como II Az. Os. SantʼAnna
Si segnala che in data odierna alle ore 9,15 circa il Sig. Riva Marcello nato a Como il …, residente
a Olgiate Comasco in …, degente dal 12-02-02 presso il Servizio di Diagnosi e Cura di questo
Ospedale in regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio, si è allontanato dal reparto. Il p.te era
vestito con maglioncino blu e pantaloni blu. Eʼ alto circa un metro e ottanta centimetri,
corporatura esile, capelli scuri e folta barba. Del fatto sono stati prontamente avvisati la
Direzione Sanitaria, il Posto di Polizia di questo ospedale, il primario Dr. Antonino Mastroemi, i
carabinieri della caserma di Olgiate Comasco e il Servizio di Vigilanza di questo Ospedale. Si
avvisano anche i familiari.
Rimanendo a disposizione per ogni eventuale chiarimento porgo distinti saluti
Dr.ssa Rosanna Mollo
14 febbraio 2002: la D.sa Rosanna Mollo invia un fax al Sindaco di Olgiate Comasco
sull’allontanamento (l’evasione) di Marcello Riva:
Azienda Ospedaliera Ospedale SantʼAnna
Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura
Fax
Data 14/02/02
Alla cortese attenzione del Sindaco del Comune di Olgiate Comasco Prof. Maria Rita Livio
Oggetto: Comunicazione Riservata
Con la presente si segnala che in data odierna alle ore 9,15 circa il Sig. Riva Marcello nato a Como
il …, residente a Olgiate Comasco in …, degente presso il Servizio di Diagnosi e Cura di questo
Ospedale dal 12-02-02 in regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio, si è allontanato questa
8
mattina dal reparto, eludendo la sorveglianza. Dellʼaccaduto sono state subito informate le
Autorità competenti per le ricerche del caso.
Distinti saluti
Dr.ssa Mollo Rosanna
18 febbraio 2002: il Direttore del DSM, Dr. Antonino Mastroemi, comunica al Sindaco di Olgiate
Comasco l’interruzione del Trattamento Sanitario Obbligatorio di Marcello Riva:
Regione Lombardia - Azienda Ospedaliera Ospedale SantʼAnna
Dipartimento di Salute Mentale
Unità Operativa di Psichiatria – Como 2
Direttore Antonino Mastroemi
Al Sig. Sindaco del Comune
di Olgiate Comasco
Como, 18 febbraio 02
Prot. 33/02
Oggetto: richiesta di interruzione del Trattamento Sanitario Obbligatorio del Sig. Riva Marcello per
allontanamento del medesimo
In coincidenza con la necessità di procedere alla revoca o alternativamente al proseguimento del
T.S.O. in oggetto, si precisa quanto segue: il Sig. Riva Marcello nato a Como il …, residente a
Olgiate Comasco in …, è stato ricoverato presso il Servizio di Diagnosi e Cura dellʼOspedale
SantʼAnna in regime di T.S.O. in data 12.2.2002, con ordinanza del Sindaco di Olgiate Comasco
(prot. 2351); in data 14.2.2002 si è allontanato dal reparto eludendo la sorveglianza del personale,
come tempestivamente comunicato dalla dott.ssa Mollo.
A tuttʼoggi non sono pervenute ulteriori notizie del Sig. Riva, nonostante le ricerche effettuate dalle
autorità competenti prontamente allertate. Si conferma pertanto la richiesta di interruzione del
trattamento sanitario obbligatorio in corso, in attesa di rivalutazione diagnostica.
Distinti saluti
Il Direttore
Dott. Antonino Mastroemi
25 febbraio 2002: il Direttore del DSM, Dr. Antonino Mastroemi comunica al Sindaco di Olgiate
Comasco e al Giudice Tutelare di Como come non sia più necessario sottoporre Marcello Riva a
TSO:
Regione Lombardia - Azienda Ospedaliera Ospedale SantʼAnna
Dipartimento di Salute Mentale
Unità Operativa di Psichiatria – Como 2
Direttore Antonino Mastroemi
Al Sig. Sindaco del Comune
di Olgiate Comasco
Al Giudice Tutelare
Presso il Tribunale di Como
Como, 25 febbraio 02
Prot. 33/02
Oggetto: comunicazione relativa al Sig. Riva Marcello, nato a Como il …, residente a Olgiate
Comasco in …
Facendo seguito alle precedenti segnalazioni inerenti il ricovero in regime di Trattamento Sanitario
Obbligatorio del Sig. Riva ed alla interruzione dello stesso per allontanamento del paziente che
aveva eluso la sorveglianza del personale, si comunica quanto segue.
Il Sig. Riva si è presentato spontaneamente presso il Servizio di Diagnosi e cura dellʼOspedale
SantʼAnna in data odierna; la valutazione clinica effettuata in tale occasione non ha
evidenziato nellʼattualità disturbi psicopatologici che rendano necessario proporre
nuovamente un trattamento in regime di ricovero.
Distinti saluti
Il Direttore
Dott. Antonino Mastroemi
EPILOGO
9
Da quel lontano 25 febbraio 2002, Marcello è rimasto ‘eternamente’ grato a Roma e al Telefono
Viola di Milano. Ancora oggi pensa con commozione a tutti coloro che non hanno avuto la fortuna
di riuscire a squarciare la soffocante rete psichiatrica che li opprime.
A noi, invece, quella grande fuga dal Sant’Anna del 14 febbraio del 2002 fa venire in mente il
coraggio di alcuni che hanno amato sopra ogni cosa la loro libertà, come Giacomo Casanova, Frank
Morris, Max Leitner e Henri Charrière (Papillon), tutti autori di celebri evasioni.
Soprattutto, però, ci piace pensare che in merito a questa evasione di San Valentino, messa in atto
da Marcello (Marcellon), affetto da ‘sindrome paranoide’ per la psichiatria comasca, non sia fuori
luogo citare l’aforisma di Stanislaw Jerzy Lec:
“Più di un boomerang non torna: sceglie la libertà.”
Dalle Ande agli Appennini - e-mail: ande-appennini@libero.it
fonte: http://artaudpisa.blogspot.it
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