Tratto da Repubblica.it del 31/07/2014
Si chiama istamina ed è una sostanza coinvolta nei processi digestivi.
La sua scoperta offre nuove prospettive per sviluppare farmaci più
efficaci per il trattamento dell'obesità.
C'è chi ha una fame da lupi e chi invece è
sazio dopo qualche boccone. Ora una ricerca ha scoperto da cosa dipende.
Si chiama istamina ed è una sostanza coinvolta nei meccanismi
digestivi. Un gruppo di studiosi dell'Università di Firenze, del
Consiglio nazionale delle ricerche e dell'Università Sapienza di Roma,
ha infatti individuato il meccanismo con cui il cervello percepisce la
sazietà. "Abbiamo scoperto", spiega Maria Beatrice Passani, ricercatrice
del Dipartimento di Neuroscienze, area del farmaco e salute del bambino
dell'ateneo fiorentino, "che il segnale di sazietà prodotto dall'intestino
durante il consumo di un pasto da parte di un lipide,
l'oleoiletanolamide (Oea), attiva aree specifiche del cervello che usano
l'istamina come neurotrasmettitore, favorendo così la cessazione
dell'attività alimentare"."Le prove sperimentali raccolte in
questo studio", aggiunge Roberto Coccurello dell'Ibcn-Cnr, "dimostrano
per la prima volta che l'effetto anoressizzante del lipide Oea viene
drasticamente attenuato sia in animali privi della possibilità di
sintetizzare istamina, sia in animali le cui riserve neuronali di
istamina sono state temporaneamente inattivate attraverso la
somministrazione diretta nel cervello di un agente inibitore". "Grazie
alla nostra ricerca", prosegue Coccurello, "siamo riusciti a individuare
la natura dei neurotrasmettitori implicati e a comprendere i meccanismi
attraverso cui determinate popolazioni di cellule nervose (neuroni)
presenti nel cervello a livello dell'ipotalamo traducono l'informazione
mediata da Oea sullo stato nutrizionale dell'organismo e sul
corrispondente livello di sazietà. È stata identificata quindi nel
sistema neurotrasmettitoriale dell'istamina una delle componenti
fondamentali per veicolare il messaggio di sazietà generato da Oea a
livello intestinale". "La conoscenza di questi meccanismi neuronali, che
assolvono un ruolo essenziale nel comportamento alimentare, in quanto
contribuiscono alla riduzione dell'appetito, offre nuove prospettive per
sviluppare farmaci più efficaci e sicuri per il trattamento dell'obesità,
che mirino a incrementare il rilascio di istamina nel cervello", conclude Passani.
Il concetto di Disumanizzazione dell'Uomo, teorizzato da Szasz più di 40 anni fa, torna con forza in questa nuova scoperta (?) degli scienziati di Firenze. Infatti, se per l'ennesimo problema della razza umana è possibile trovare una motivazione endogena, ma incontrollabile (ovvero il solito neurotrasmettitore che funziona male), allora: "Non è colpa mia se sono così". Il che tradotto nel problema dell'obesità significa: "Se sono sovrappeso è perchè ho un problema neuronale".
Ancora una volta l'umano, il soggetto diventa oggetto, si trasforma nel classico caso da classificare e il passo verso la "cura" farmacologica è breve. Gli stessi ricercatori ipotizzano una soluzione di questo tipo, grazie agli sviluppi di questa scoperta.
Si può immaginare quanto le cause farmaceutiche possano essere reticenti di fronte ad una prospettiva del genere: poter "curare" la metà degli statunitensi e un terzo degli europei con un nuovo farmaco. Una volta pronta la soluzione chimica, non abbiamo dubbi che il passo verso l'inserimento dell'obesità nel DSM sarà breve, con la conseguente possibilità di catalogare ancora una volta una fetta di individui come malati - pazienti - incapaci.
Tutto ciò non spiega perchè nei 4/5 del globo terrestre, dove il cibo scarseggia o non esiste il nostro stesso sistema sociale e produttivo, l'obesità è quasi assente. Ancora una volta i neurotrasmettitori funzionano bene in alcune società e male in altre, con tutti i dubbi che ne conseguono.
Veronika
3 commenti:
Veronika alla riscossa!
Grazie Alfredo, un bacio anche alla mamma.
Veronika
L'articolo non fa una piega, molto lineare e ovviamente il passo finale è un vero schiaffo morale alla psichiatria.
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