giovedì 10 ottobre 2013

Vivi in un'era di caos psichico

Su gentile segnalazione di un carissimo amico del Camap, vi propongo un articolo molto interessante sull'inarrestabile deriva della società giapponese.

http://www.doppiozero.com/materiali/cartoline/giappone-lumanita-cellofanata

"Hikikomori"
Questo è il nome assegnato dai giapponesi ai loro giovani che, ad un certo punto della loro vita, decidono di chiudersi nella loro stanza e non dialogare più col mondo. Non escono mai, i loro genitori lasciano il cibo fuori dalla porta e se ne vanno, visto che i loro figli non vogliono il minimo contatto fisico o visivo con qualunque essere vivente. Ma cosa succede nelle loro camere? Sono in costante connessione col "mondo" tramite facebook, twitter, chat, giochi di ruolo on-line. Il paradosso: non sopportano la miseria della loro vita reale, ma si creano una complessa e vuota vita (?) virtuale. Anche in  questo fenomeno possiamo cercare spiegazioni più o meno razionali e abbandonarci alla sicurezza di una qualche disciplina scientifica. Molto probabilmente un sociologo parlerebbe del ruolo della tecnologia; uno psicologo analitico punterebbe l'attenzione sul rifiuto del Super-Io rappresentato da mamma e papà; uno psichiatra prescriverebbe il solito citalopram o qualche altro antidepressivo. La realtà è ben più complessa, non semplificabile da un'unica visione del fenomeno.
Siamo sempre più schiavi di una tecnologia connessa al solo profitto economico, che non desidera cittadini, ma consumatori. L'interesse per l'altro è ormai mediato da uno schermo e stringere la mano ad un amico, sorridergli, bere una birra insieme diventano sempre più velocemente tradizioni del passato. I nostri nonni si incontravano nella stalla per raccontarsi delle storie; i nostri padri avevano le riunioni dei sindacati, dei partiti, delle associazioni; noi ci trovavamo negli oratori e nei centri sociali. I nostri figli si scambieranno "mi piace" su facebook.
Cosa unisce l'articolo di Doppio Zero al fenomeno degli Hikikomori e ad un certo utilizzo della tecnologia sempre più predominante? A mio avviso il fatto che la razza umana non può prescindere dal contatto con l'altro, dalla convivialità, da una certa lentezza del vivere che porta alla riflessione, dalla noia di trovarsi con gli altri e non sapere come ammazzare il tempo. Soprattutto nei bambini, ormai diventati dei "piccoli manager" impegnati in ogni sorta di corso e attività extra, per non intaccare gli impegni di mamma e papà.
Non è la tecnologia in sè il "Male", ma un certo tipo di fruizione e di fruitore impreparato. Ed è proprio quel fruitore impreparato a ritrovarsi schiacciato dagli ingranaggi del sistema, senza neppure accorgersi che lentamente ha perso proprio le caratteristiche che lo rendevano umano.
Il pensiero che una carezza o un sorriso possano essere sostituiti da dei bite inviati tramite adsl mi fa inorridire.

Veronika

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