BASTA PARLARE DI CURA PER DEI LUOGHI DI MORTE, LUCRO E TORTURA!
BRESCIA SABATO 17 FEBBRAIO 2024 c/o Piazza della Vittoria alle ore 16
VOLANTINAGGIO ANTIPSICHIATRICO
Contro la violenza che regola la vita all’interno di moltissimi centri residenziali “di cura” per persone con disabilità o fragilità psichica. Luoghi dove la contenzione fisica e farmacologica è consuetudine e dove le prepotenze sono ordinarie e strutturali: dai maltrattamenti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Stella Maris, agli abusi all’interno delle strutture della Cooperativa Dolce di Bologna, fino agli orrori della Comunità Shalom, nel bresciano. Riteniamo sia importante non spegnere i riflettori su una violenza così estesa, capillare, non episodica, accettata e sostenuta quotidianamente dal silenzio di tanta società “civile”.
Alle ore 19: 30 c/o MATRICI APERTE invia Capriolo 41 c
APERITIVO e MUSICA BENEFIT CASA GALEONE
con Gabryela Yankov – Dj Tamburino – Ale Obsidian
Organizza Assemblea Rete Antipsichiatrica
Comunicato di indizione:
Questo testo affronta la violenza strutturale che regola la vita all’interno di moltissimi centri residenziali per persone con disabilità o fragilità psichica. Si parte dai maltrattamenti avvenuti nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla Stella Maris, passando per gli abusi all’interno delle strutture della Cooperativa Dolce di Bologna, per arrivare agli orrori della Comunità Shalom, nel bresciano. Una violenza capillare sostenuta quotidianamente dal silenzio di moltissimi “professionisti”, tecnici dei servizi, operatori, assistenti ed educatori.
Presso il Tribunale di Pisa si sta
tenendo un processo per i maltrattamenti avvenuti nella struttura per
persone autistiche di Montalto di Fauglia gestita dalla Fondazione
STELLA MARIS. Una vicenda sepolta nel silenzio che ha trovato
nell’ultimo anno il supporto e il sostegno del Collettivo
antipsichiatrico Antonin Artaud. Il Consulente Tecnico chiamato dalla
procura a relazionare sui fatti ha scritto: “Leggendo gli atti del
presente procedimento abbiamo rinvenuto sicuramente la menzione di una
lunga tradizione di abuso e violenza da parte degli operatori, radicata
negli anni, e in parte tollerata, in parte ignorata della direzione
delle strutture”. Ed ancora: “In queste situazioni si sviluppano
degenerazioni in cui la violenza e la sopraffazione divengono gli
strumenti usati ogni giorno, e l’istituzione perde le sue
caratteristiche terapeutiche per divenire un luogo meramente coercitivo e
afflittivo” facendo riferimento a condotte “tipiche delle istituzioni
totali”. Si parla di maltrattamenti fisici, verbali e trattamenti
degradanti quotidiani. Spintoni, schiaffi, minacce e vessazioni
costanti, talmente palesi da lasciar presumere abusi anche peggiori. Una
violenza non episodica ma strutturale.
Delle diciassette persone coinvolte, il processo attualmente vede ancora
imputati quindici tecnici e operatori, tra cui le due dottoresse che
gestivano la struttura e il Direttore Sanitario della Stella Maris. Un
operatore ha patteggiato la pena, mentre il Direttore generale Roberto
Cutajar, che ha scelto il rito abbreviato, è stato condannato a 2 anni e
8 mesi, per essere infine assolto nel processo d’appello. Tra gli
ospiti della struttura ricordiamo Mattia, morto nel 2018 per
soffocamento in seguito al blocco della glottide dovuto alla
somministrazione prolungata ed eccessiva di psicofarmaci. I continui
cambi di terapia avevano comportato disfunzionalità e rischi al momento
dei pasti di cui la famiglia non era mai stata informata. Il processo in
primo grado si è chiuso con nessuna responsabilità da parte dei medici e
della struttura.
Non crediamo nella giustizia dei tribunali, sappiamo che nessuna sentenza metterà fine o scalfirà questa violenza.
L’orrore di Montalto di Fauglia lo
ritroviamo nell’uccisione per contenzione avvenuta la notte del 27
agosto 2012 all’interno della struttura ‘Casa Dolce’ di Casalecchio di
Reno (in provincia di Bologna) gestita dalla Cooperativa Sociale Dolce.
Quella sera M., 20 anni, vorrebbe continuare a giocare con la
playstation ma le regole interne alla struttura non lo consentono. Gli
operatori si impongono. Il giovane non cede. Si apre uno scontro di
potere che M. perde pagando con la vita. L’indagine del PM si concentra
su tre operatori sociosanitari della cooperativa, indagati per omicidio
colposo. Secondo l’autopsia M. è morto per asfissia meccanica,
soffocamento. Mentre due operatori lo tenevano un terzo gli si sarebbe
seduto sopra, all’altezza del torace. Il processo dura quattro anni e si
conclude per tutti con l’assoluzione ‘perché il fatto non costituisce
reato’. Viene sostenuta la legittimità della contenzione, la correttezza
delle manovre effettuate, la loro corrispondenza ai “protocolli”. La
rispettabilità pubblica della Cooperativa Dolce, dei suoi dirigenti
responsabili e di tutta la struttura ne esce indenne e niente
all’interno della stessa viene messo in discussione.
La testimonianza che abbiamo raccolto di un operatore a tempo
determinato assunto a ‘Casa Dolce’ qualche anno dopo l’uccisione di M.,
racconta il protrarsi di un’attitudine alla violenza verbale e al
confronto fisico punitivo/violento da parte di molti operatori della
residenza, accettato pressoché da tutta la struttura come ‘normale
amministrazione’.
Di recente una nuova indagine ha visto
coinvolta ancora la Cooperativa Dolce per quanto riguarda un’altra
struttura in provincia di Bologna (Budrio),’Villa Donini’. Si parla di
botte e insulti ai danni di persone disabili, schiaffi in testa e
umiliazioni. Dodici operatori socio sanitari dipendenti della
cooperativa sono stati interdetti dalla professione per un anno con
l’accusa di maltrattamenti. Nonostante l’enormità dei fatti, sul
territorio intorno a questa vicenda regna un silenzio sovrano.
E, sempre a Bologna, si parla ancora di maltrattamenti sistematici
all’interno di una residenza psichiatrica: persone legate a terra con
del nastro isolante, utilizzo punitivo della così detta ‘camera morbida’
su ospiti ritenuti particolarmente ‘problematici’, chiusi anche per
giorni, somministrazione di farmaci in dosaggi superiori rispetto a
quanto prescritto. Questa volta si tratta di una struttura
socio-assistenziale per persone con disagio psichico di Bazzano in
Valsamoggia, Villa Angelica, gestita dalla cooperativa Altius. A seguito
della denuncia di un ex dipendente la struttura è stata chiusa e le
persone trasferite in altre strutture. Sono state emesse sei misure
cautelari nei confronti della direttrice e di altri cinque dipendenti,
indagati a vario titolo per maltrattamenti e sequestro di persona. La
direttrice si trova attualmente ai domiciliari, i cinque dipendenti
della struttura hanno invece ricevuto un provvedimento di divieto di
avvicinamento alle persone offese.
Anche quanto emerso all’interno della comunità Shalom, in provincia di
Brescia, parla della stessa violenza. Abusi sistematici, insulti,
minacce, punizioni degradanti e inumane, privazione del sonno,
isolamento e crudeltà come metodo. Una presunta Comunità terapeutica che
non cura le persone: le maltratta, le umilia, le sradica dalla propria
umanità. Dove gli ‘educatori’ vengono spesso individuati tra le persone
che in precedenza hanno subito lo stesso trattamento, selezionati senza
alcun tipo di formazione per dare continuità ai metodi repressivi,
avvilenti e degradanti, pratiche che ancora oggi caratterizzano la
comunità. Negli anni più volte la struttura è finita nel mirino per
situazioni di tortura ben lontane da episodi sporadici o accidentali.
Un’ampia organizzazione che fa mostra di sé per la presunta accoglienza
incondizionata, ma che vive di metodi distanti anni luce dall’offrire
cura e sostegno a ragazzi e ragazze che vivono periodi di fragilità. Al
di là della bella facciata che mostra all’ingresso, Shalom è
disfacimento, afflizione e miseria.
Sebbene questa vicenda abbia avuto grande impatto a livello mediatico,
il sensazionalismo legato al marketing dell’informazione ha già
pressochè rimosso quanto avvenuto e le sue implicazioni. Non accettiamo
la retorica della “comunità degli orrori” e della “mela marcia”, la
comunità Shalom è conosciuta e attiva da lungo tempo nel bresciano e
trattamenti inumani e degradanti come abbiamo visto non sono stati
affatto un’eccezione al suo interno, come del resto in moltissime altre
strutture.
Privato accreditato, grandi cooperative,
fondazioni; enti che muovono molti soldi e che spesso esercitano anche
una certa influenza nei rispettivi territori: la Stella Maris ad esempio
è considerata un’eccellenza a livello nazionale, riceve abbondanti
finanziamenti e onorificenze dalla Regione Toscana, la Cooperativa Dolce
è una mega cooperativa che gode di ampio appoggio e gestisce moltissimi
servizi nel bolognese, la Shalom è sempre stata sostenuta da personaggi
di rilievo.
Questi racconti mettono sotto gli occhi di tutti i dispositivi
coercitivi/degradanti insiti in questa tipologia di strutture, dove le
persone, ridotte ad oggetti, diventano il bersaglio di violenze e
sopraffazioni quotidiane.
Luoghi dove la contenzione fisica e farmacologica è consuetudine e dove le prepotenze sono ordinarie e strutturali.
Riteniamo sia importante non spegnere i riflettori su una violenza così
estesa, capillare, non episodica, accettata e sostenuta quotidianamente
dal silenzio di moltissimi “professionisti”, tecnici e operatori,
assistenti ed educatori, ci piacerebbe partire da qui, dall’omertà che
sorregge questi abusi, che non sono episodi, ma più spesso la prassi che
regola queste strutture.
Assemblea Rete Antipsichiatrica
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