domenica 23 settembre 2018

Le vittime dei taser di cui non si parla


Nancy Schrock sapeva che la situazione stava precipitando. Suo marito era in cortile in uno stato di estrema agitazione, lanciava sedie per aria e urlava contro i demoni. La donna ha chiamato la polizia. “Bisogna portarlo in ospedale”, ha detto al centralinista del 911. Erano le 22.24 di un giovedì del giugno del 2012. “Sta male, molto male”. Tom Schrock aveva lottato contro la depressione e problemi legati all’abuso di droghe per tutti i 35 anni del loro matrimonio. Dopo la morte del loro primo figlio per un’overdose di eroina, tre anni prima, le crisi erano diventate più violente. La polizia era stata chiamata a casa degli Schrock, che vivono a Ontario, vicino a Los Angeles, almeno una decina di volte. Di solito gli agenti portavano Tom in ospedale, dove veniva curato e rimandato a casa dopo 72 ore.
Ma non questa volta.
Alla chiamata hanno risposto tre agenti, allertati per “disturbo della quiete pubblica da parte di un uomo disarmato con problemi mentali”. Nancy li ha fatti entrare dal retro. L’agente Santiago Mota ha impugnato il taser. Appena i poliziotti sono usciti in cortile, Tom gli si è avvicinato a passo svelto, con le braccia abbassate e i pugni chiusi. Gli agenti gli hanno intimato di fermarsi, ma Tom continuava ad avanzare borbottando: “Fuori di qui”.
Mota ha sparato con il taser.
Tom si è piegato e ha indietreggiato. Mota si è avvicinato, gli ha appoggiato la pistola elettrica sul petto e l’ha azionata di nuovo. Tom, 57 anni, è crollato rantolando e ha perso i sensi. Non ha mai ripreso conoscenza. “Ho chiamato la polizia per chiedere aiuto”, dice Nancy. “Non per farlo uccidere”.
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Il medico legale della contea di San Bernardino ha spiegato che la morte di Tom Schrock era attribuibile a vari fattori, in particolare all’interruzione del flusso di ossigeno al cervello causata da un arresto cardiaco innescato “dall’intervento delle forze dell’ordine”. La prima tra le cause che hanno contribuito al decesso è stata l’uso del taser.
Gli Schrock hanno fatto causa al dipartimento di polizia di Ontario e all’azienda che produce la pistola elettrica, Taser International, sostenendo che l’arma fosse intrinsecamente pericolosa e accusando il dipartimento di non aver adeguatamente formato gli agenti sui rischi legati all’uso del taser su persone affette da disturbi mentali. L’amministrazione comunale ha accettato di pagare 500mila dollari. Il caso contro Taser è stato chiuso a giugno del 2017: le due parti non hanno voluto rivelare se sia stato pagato un risarcimento.
Più di mille morti
In tutti gli Stati Uniti migliaia di corpi di polizia hanno adottato il taser. E i casi simili a quello di Schrock sono sempre più frequenti: un colpo di taser, una morte accidentale, una richiesta di risarcimento. Ma dietro a ogni caso si nasconde una realtà più complessa ed è nato un dibattito sull’uso di queste armi.
Negli Stati Uniti la Reuters ha documentato 1.042 casi di persone colpite a morte con un taser dalla polizia, in gran parte avvenuti dopo l’inizio degli anni duemila. Molte vittime appartengono a gruppi di persone vulnerabili. Un quarto delle vittime soffriva di crisi psicotiche, come Schrock, o disturbi neurologici. In nove casi su dieci la vittima era disarmata.
Più di cento incidenti mortali sono cominciati con una richiesta d’aiuto al 911 durante un’emergenza medica. In molti casi non è possibile stabilire con precisione quale sia stato il ruolo del taser. Ma ci sono oltre quattrocento eventi dei quali la documentazione presentata in tribunale fornisce un resoconto abbastanza dettagliato. In un quarto di questi casi i poliziotti hanno usato solo il taser. Negli altri casi sono state impiegate altre forme di coercizione.
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La gran parte dei ricercatori indipendenti che hanno studiato le pistole elettriche concordano sul fatto che, quando i taser sono usati in modo appropriato, le morti sono rare. Ma è altrettanto vero che calcolare la probabilità di morire a causa di una scarica elettrica del taser è praticamente impossibile perché non ci sono dati ufficiali sull’uso di quest’arma e i decessi hanno spesso più di una causa.
Sullo sfondo di questa incertezza generale, Taser International ripete da anni che le sue armi non sono quasi mai la causa di morte. L’azienda sostiene che le vittime delle pistole elettriche sono state 24: 18 persone sono morte per traumi alla testa o al collo nella caduta successiva al colpo e sei per le fiamme innescate dall’arco elettrico dell’arma. Secondo l’azienda, nessuno è mai morto per l’effetto diretto della potente scarica elettrica sul cuore o su altre parti del corpo.
Alcuni documenti ufficiali, però, raccontano una storia diversa.
Reuters ha potuto consultare le autopsie di 712 delle 1.005 vittime censite. In 153 casi, oltre un quinto, il taser è indicato come causa o come fattore che ha contribuito alla morte. Le altre autopsie citano una combinazione di problemi di salute, in particolare di cuore, di abuso di droghe e traumi di vario genere.
Taser International ha raggiunto il successo grazie a una precisa strategia di marketing
Il taser è considerato un dispositivo utile a garantire la sicurezza degli agenti. Circa il 90 per cento dei 18mila diversi corpi di polizia degli Stati Uniti lo usa. L’arma spara due dardi collegati alla pistola da cavi sottili. Quando il dardo colpisce il bersaglio, una scarica di corrente a impulsi provoca una paralisi neuromuscolare che concede agli agenti alcuni secondi per immobilizzare il soggetto. La pistola può anche essere premuta contro il corpo, causando dolore intenso.
Studi indipendenti hanno dimostrato che il taser, se usato correttamente, riduce il rischio di infortuni per gli agenti e le persone che li affrontano. Secondo Taser International, le pistole elettriche sono state usate oltre tre milioni di volte sul campo.
Le 1.005 morti identificate da Reuters superano del 44 per cento le 700 riportate da Amnesty international alla fine del 2016, nonostante l’agenzia di stampa abbia usato criteri più rigidi per il conteggio. Secondo Taser International queste cifre forniscono un quadro esagerato dei rischi perché lasciano intendere che la pistola elettrica sia la causa di tutti i decessi, mentre nella maggior parte dei casi i poliziotti hanno usato altre forme di coercizione. I dispositivi, continua l’azienda, hanno salvato migliaia di vite.
Dopo che Reuters ha presentato i risultati della sua ricerca a Taser International, la società ha inviato un promemoria alle forze dell’ordine in cui prende in esame alcuni punti centrali della ricerca definendoli “non nuovi” e promettendo di fornire “informazioni cruciali” per sconfessare le conclusioni di Reuters. Taser International, che ha acquisito la tecnologia della pistola elettrica negli anni novanta, ha cambiato nome nell’aprile del 2017 in Axon Enterprise. Il cambio di nome, spiega l’azienda, sarebbe legato all’espansione della gamma dei prodotti commercializzati.
Messaggi contraddittori
Taser International ha raggiunto un’enorme popolarità grazie a una strategia di marketing ben precisa: convincere i dipartimenti di polizia che, invece di ricorrere ad armi letali o a scontri fisici potenzialmente pericolosi, gli agenti avrebbero potuto neutralizzare soggetti ostili paralizzandoli con la pistola elettrica.
Eppure, come dimostra quest’inchiesta, anche le pistole elettriche possono causare la morte. In molti casi le persone decedute soffrivano di problemi mentali, disturbi emotivi o sindromi convulsive.
Negli Stati Uniti spetta ai dipartimenti di polizia, non al produttore, stabilire in quali casi gli agenti possono usare le pistole elettriche. Ci sono stati, come il Connecticut, che hanno codificato un regolamento generale per l’uso del taser. Alcuni tribunali federali hanno stabilito che il taser può essere impiegato solo su soggetti aggressivi, un’idea condivisa da un numero sempre maggiore di dipartimenti di polizia. Il think tank Police executive research forum mette in guardia contro l’uso del taser su “persone che si trovano in stato di emergenza medica”. Le procedure seguite dalle forze dell’ordine, in ogni caso, sono molto varie.
La stessa azienda produttrice ha inviato messaggi contraddittori riguardo l’uso delle pistole elettriche su soggetti con disturbi mentali, come ha potuto verificare Reuters esaminando i fascicoli legali e le centinaia di pagine di materiale informativo prodotto da Taser International negli ultimi quindici anni.
All’inizio degli anni duemila, quando i taser hanno cominciato a diventare popolari tra le forze di polizia, l’azienda presentava le pistole elettriche come uno strumento efficace e relativamente sicuro per controllare le persone che soffrivano di disturbi mentali o erano sotto l’effetto di droghe o alcol. Nel 2004 Taser International sosteneva che la pistola elettrica “stava diventando rapidamente lo strumento più adatto” a gestire “persone emotivamente disturbate”.
Con il passare degli anni l’azienda ha adottato un atteggiamento più prudente. Nel materiale fornito ai dipartimenti di polizia nel 2013, si consigliava di non colpire “persone ritenute con disturbi mentali”. Nelle raccomandazioni ufficiali per le forze dell’ordine non si citavano casi del genere, ma si sconsigliava l’uso su persone in stato di “agitazione estrema” e dal “comportamento bizzarro”.
I dipartimenti di polizia e i loro avvocati hanno sottolineato che per un agente può risultare impossibile stabilire se un soggetto risponde a questi criteri. Valutare rapidamente lo stato mentale di un individuo “è una delle cose più difficili che un poliziotto possa dover fare”, spiega Eric Carlson, istruttore e consulente del dipartimento di polizia metropolitano di Las Vegas.
I taser non dovrebbero essere usati su gran parte della popolazione
Le ricerche sull’uso del Taser su persone in stato di agitazione mentale e altri individui vulnerabili sono molto limitate. Jena Neuscheler, co-autrice di uno studio sul taser del Criminal justice center della Stanford University, spiega che la carenza di dati è dovuta anche a vincoli etici. “Non sappiamo quale sia l’impatto sulle persone affette da malattie mentali, sotto effetto di droghe, cardiopatiche o potenzialmente in stato di gravidanza”, spiega Neuscheler, “perché non siamo autorizzati a effettuare test su queste persone”.
Lo studio della Stanford University ha dimostrato che i taser non dovrebbero essere usati su gran parte della popolazione e che l’arma è sicura “solo se usata su individui in salute che non sono sotto l’effetto di droga e alcol, non sono in stato di gravidanza e non soffrono di disturbi mentali, a patto che il soggetto riceva una scossa standard della durata di cinque secondi su una delle aree del corpo approvate”.
Limitare l’uso
McAdam Lee Mason sembrava disorientato quand’è uscito barcollando dalla casa in Vermont che condivideva con Theresa Davidonis e i suoi figli. Era il tipico comportamento di Mason quando si stava riprendendo da una crisi convulsiva. Gli agenti della polizia di stato che avevano circondato la casa quel pomeriggio del giugno del 2012 hanno avuto una percezione diversa.
Mason, 39 anni, era un artista che soffriva di crisi convulsive e disturbi mentali dopo aver riportato danni al cervello in un incidente ai tempi del liceo. Gli agenti erano già stati a casa sua poche ore prima, perché Mason aveva chiamato un centro di sostegno dicendo di aver avuto una crisi, di essere infuriato e di voler uccidere se stesso o qualcun altro. Davidonis aveva mandati via i poliziotti, spiegando che Mason era spesso irrazionale e incoerente dopo le crisi. Non era una minaccia e non era armato.
Qualche ora dopo, gli agenti sono tornati per un controllo. Davidonis era uscita e nessuno aveva risposto al campanello. Mentre gli agenti si posizionavano nella proprietà sospettando che Mason si fosse nascosto nel bosco circostante, Davidonis era rientrata. L’agente David Shaffer si era nascosto dietro un albero accanto alla casa, con un fucile d’assalto. Ha visto Mason nel giardino e gli è
sembrato in uno stato confusionale, come ha dichiarato in seguito agli inquirenti.
Shaffer si è avvicinato a Mason, con l’arma abbassata, ma pronta a essere puntata, ordinandogli di stendersi a terra. Mason ha alzato le mani e si è seduto sull’erba. Ma quando Shaffer gli ha intimato di stendersi a faccia in giù, Mason si è alzato in piedi. “Sparami”, lo ha sfidato. In seguito Shaffer ha riferito che Mason si era mosso verso di lui come per colpirlo con un pugno. Davidonis smentisce questa tesi. Sotto gli occhi della donna, Shaffer ha impugnato il taser. “Urlavo: ‘Non colpitelo con il taser, ha avuto una crisi, lo ucciderete!’”, racconta Davidonis. “Ma il poliziotto ha sparato e la scarica l’ha colpito al petto. È crollato, al rallentatore”.
Mason ha avuto un arresto cardiaco. Il medico che ha esaminato la salma ha attribuito la morte al taser. La madre di Mason, Rhonda Taylor, porta con sé le ceneri del figlio in una piccola scatola di legno. “Quando un poliziotto uccide qualcuno in questo modo, qualcuno malato di mente, uccide anche la madre”.
Taylor ha lavorato con l’American civil liberties union per chiedere al governo locale di limitare l’uso del taser. Nel 2014 il Vermont ha approvato una legge che restringe l’utilizzo del taser e stabilisce nuovi standard per la formazione degli agenti. Il taser può essere impiegato solo su persone che presentano un “comportamento chiaramente aggressivo”.
“Non possono usare il taser solo perché non hanno voglia di parlare con una persona”, spiega Taylor in lacrime.
Meglio parlare
Questo tipo di incidenti ha spinto molte questure a introdurre il Crisis intervention training (addestramento per gli interventi durante le crisi, Cit), che si basa su strategie per ridurre la tensione, anziché sull’uso della forza.
Secondo l’ufficio per l’assistenza giudiziaria del dipartimento di giustizia, dieci anni fa circa quattrocento questure fornivano un addestramento del genere. Oggi l’Associazione degli psichiatri americani sostiene che il numero sia salito a tremila. È pur sempre una piccola parte rispetto ai circa 18mila sezioni di polizia locale, statale e federale degli Stati Uniti. Nel 2016 l’associazione internazionale dei comandanti di polizia ha invitato tutte le forze dell’ordine a fissare un obiettivo comune: formare al Cit almeno il 20 per cento degli agenti.
Il dipartimento di polizia di Phoenix ha avviato il programma Cit nel 2000. Dal 2015, tutti gli agenti devono seguire un corso di otto ore sulla gestione di persone con disturbi mentali. L’uso del taser si è ridotto drasticamente: da 330 casi nel 2015 a 158 nel 2016.
È impossibile stabilire fino a che punto il calo sia dovuto all’addestramento, spiega il sergente Vince Lewis. In ogni caso, a Phoenix, oggi le pistole elettriche sono considerate più che altro un mezzo da usare in casi estremi. “Gli strumenti migliori che abbiamo quando affrontiamo una persona mentalmente disturbata sono il tempo e le parole”, osserva Lewis.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
L’articolo di Peter Eisler, Jason Szep, Tim Reid e Grant Smith fa parte di una serie pubblicata dalla Reuters con il titolo Shock tactics.

Da sapere

Dal 5 settembre in Italia il taser è in fase di sperimentazione in dodici città: Milano, Napoli, Torino, Bologna, Genova, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi. La prima volta è stato usato il 12 settembre a Firenze dai carabinieri per fermare un ragazzo di 24 anni in stato di agitazione psicomotoria. Il ragazzo è stato ricoverato in ospedale in seguito al fermo.

segnalato da Artaud, fonte: internazionale.it

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