In crescita il consumo di antidepressivi da parte degli italiani: il dato è in aumento del 4,5% rispetto al 2004. Questo tipo di farmaci è usato soprattutto dalle donne e, secondo gli esperti, il fenomeno è legato alle conseguenze della crisi economica. E nel 2020, ha avvertito il direttore generale dell’Agenzia del farmaco (Aifa), Luca Pani, “la depressione, dopo le malattie cardiovascolari, sarà la patologia responsabile della perdita del più elevato numero di anni di vita attiva e in buona salute”. E’ la fotografia scattata dal rapporto “L’uso dei farmaci in Italia”, realizzato dall’Osservatorio sull’impiego dei medicinali di Aifa.
L’aumento dell’utilizzo di antidepressivi si colloca in un contesto di sostanziale stabilità nella spesa di farmaci in generale, che si attesta a quota 25,5 miliardi di euro. Mentre la spesa farmaceutica territoriale complessiva è in riduzione rispetto all’anno precedente del 5,6%, quella effettuata delle strutture sanitarie pubbliche nel 2012 ha registrato un aumento +12,6% rispetto al 2011. Le dosi giornaliere di medicinali prescritti sono aumentate del 2,3% rispetto al 2011: ogni italiano ha consumato 30 confezioni di farmaci nel 2012, spendendo in media 430 euro. Diminuisce invece l’utilizzo di antibiotici, anche se in una percentuale consistente si continua a farne un cattivo uso impiegandoli anche laddove non necessari: l’impiego inappropriato di tali farmaci supera il 20% in tutte le condizioni cliniche, ma al contempo si registra una diminuzione del 6,1% nei consumi rispetto al 2011. il dato stabile nella spesa per acquistare medicinali è stato commentato dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin: “Nonostante l’aumento del consumo di farmaci, la spesa farmaceutica è rimasta sotto controllo. Questo – ha spiegato – grazie ad una maggior appropriatezza nella prescrizione, ma anche all’immissione di farmaci a brevetto scaduto e di generici”. Tuttavia, ha rilevato, “c’è ancora forte disomogeneità tra le regioni e bisogna ancora lavorare per una maggior appropriatezza delle prescrizioni”.
Nella classifica dei consumi, infatti, la Sicilia è la Regione che registra il maggior consumo di farmaci nel 2012, mentre la Provincia autonoma di Bolzano e la Liguria si collocano tra le regioni più virtuose con i minori consumi. Ma le disparità nel consumo di medicinali non sono solo geografiche, ma riguardano anche l’età e il genere. A consumare più medicinali sono i più piccoli e gli anziani: il 50% dei bambini e oltre il 90% degli over-75 ha ricevuto almeno una prescrizione durante l’anno. Gli over-74 presentano anche consumi e spesa rispettivamente 22 e 8 volte superiori a quelli di un paziente tra i 25 e i 34 anni. Il rapporto conferma inoltre il peso della differenze di genere rispetto al consumo dei farmaci: le donne consumano più farmaci antitumorali (sempre maggiori le prescrizioni per il cancro alla mammella per maggiore frequenza della patologia e migliore capacità di diagnosi), e sempre nelle donne la frequenza di utilizzazione dei farmaci attivi sul sistema nervoso centrale prevale di circa il 6% rispetto agli uomini.
fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/24/farmaci-aumenta-consumo-di-antidepressivi-in-italia-soprattutto-per-donne/722003/
venerdì 27 settembre 2013
martedì 24 settembre 2013
Voci in capitolo...
Quando parliamo con qualcuno che crede fermamente all’esistenza della malattia mentale, che sia psichiatra o meno, alle nostre obiezioni ci sentiamo rispondere puntualmente che noi non abbiamo voce in capitolo perché la psichiatria non l’abbiamo studiata.
Non importa che abbiamo letto decine di libri di psicologia e sociologia, libri contro la psichiatria scritti da alcuni loro colleghi, che abbiamo letto pure dei libri di psichiatria ufficiale (quel tanto che basta per restarne inorriditi), poco importa che nelle decine di definizioni di schizofrenia lette qua e là si trovi descritta ogni sorta di comportamento umano tanto da farci capire che se la psichiatria è una scienza allora siamo tutti schizofrenici ... no, per loro tutto questo non importa.
Il fatto è che non capiscono che la vera questione è un’altra: si può parlare della psichiatria come di una scienza? La cosa più interessante è che per dare una risposta a tale domanda non è necessario conoscere e studiare tutta la psichiatria, ma solo i metodi sui quali sono basati i suoi studi e le sue diagnosi.
Analizzando tali metodi sulla base dell’epistemologia (la filosofia della scienza, ovvero lo scienza del metodo), o anche solo utilizzando un minimo di conoscenza scientifica e un po’ di buon senso, si scopre puntualmente che i metodi psichiatrici hanno ben poco a che vedere con quelli di ogni altro tipo di scienza sia fisica, sia biologica che medica: esemplare a questo riguardo l’esperimento di Rosenham (http://collettivoantipsichiatricocamuno.blogspot.it/2013/06/lesperimento-di-rosenham.html) che ha dimostrato l’impossibilità di diagnosticare la cosiddetta schizofrenia e di distinguere il cosiddetto “malato di mente” dal cosiddetto “soggetto normale” o pseudopaziente. Pseudopaziente: ogni volta che si accorgono o sono costretti ad ammettere che una persona non ha ragione di essere sottoposta alle loro cure, ogni volta che un ex ricoverato riesce a riprendere la sua vita normale al di fuori delle strutture psichiatriche parlano di uno sbaglio, parlano di pseudopaziente, e a loro discolpa dicono che non sempre è facile fare una diagnosi esatta.
Se fossero un po’ più onesti riconoscerebbero invece che non hanno nessun mezzo per distinguere il “malato”, il “diverso”, dal “normale” e che ogni tipo di discriminazione e quindi di diagnosi si riconduce a un giudizio puramente morale e legato quindi al contesto sociale, ai canoni di normalità accettati da una determinata società. Non esistono per la psichiatria infatti metodi scientifici di diagnosi quali le analisi del sangue, i raggi x o altre cose del genere, gli psichiatri “analizzano il comportamento” e basta; come metodo scientifico lascia molto a desiderare non è vero?
D’altronde sarebbe ridicolo asserire che solo gli psichiatri possano giudicare se la loro è una scienza o meno, non sarebbero certo dei giudici imparziali, a parte il fatto che ci sono psichiatri sia in Italia che all’estero che, dopo l’esperienza che hanno fatto, pensano alla psichiatria solo come a uno strumento di repressione.
Quando in Italia si dibatteva sull’energia nucleare i fisici dicevano di essere i soli a poter parlare con cognizione di causa, ma non era molto onesto visto che molti di loro erano interessati ai finanziamenti miliardari per i progetti sul nucleare, e non era neanche vero perché gli unici che in quel caso potevano dare un giudizio obbiettivo erano medici e biologi da una parte, e gli economisti dall’altra, di modo che si potesse fare un bilancio fra la pericolosità delle centrali e il loro rendimento economico.
Il problema con la psichiatria è molto simile, se si lascia gli psichiatri la valutazione sulla psichiatria difficilmente essi sputeranno nel piatto in cui mangiano, a parte i notevoli interessi economici delle industrie farmaceutiche che alla psichiatria sono legate a filo doppio.
fonte: http://www.homolaicus.com/uomo-donna/psyco/12.htm
Non importa che abbiamo letto decine di libri di psicologia e sociologia, libri contro la psichiatria scritti da alcuni loro colleghi, che abbiamo letto pure dei libri di psichiatria ufficiale (quel tanto che basta per restarne inorriditi), poco importa che nelle decine di definizioni di schizofrenia lette qua e là si trovi descritta ogni sorta di comportamento umano tanto da farci capire che se la psichiatria è una scienza allora siamo tutti schizofrenici ... no, per loro tutto questo non importa.
Il fatto è che non capiscono che la vera questione è un’altra: si può parlare della psichiatria come di una scienza? La cosa più interessante è che per dare una risposta a tale domanda non è necessario conoscere e studiare tutta la psichiatria, ma solo i metodi sui quali sono basati i suoi studi e le sue diagnosi.
Analizzando tali metodi sulla base dell’epistemologia (la filosofia della scienza, ovvero lo scienza del metodo), o anche solo utilizzando un minimo di conoscenza scientifica e un po’ di buon senso, si scopre puntualmente che i metodi psichiatrici hanno ben poco a che vedere con quelli di ogni altro tipo di scienza sia fisica, sia biologica che medica: esemplare a questo riguardo l’esperimento di Rosenham (http://collettivoantipsichiatricocamuno.blogspot.it/2013/06/lesperimento-di-rosenham.html) che ha dimostrato l’impossibilità di diagnosticare la cosiddetta schizofrenia e di distinguere il cosiddetto “malato di mente” dal cosiddetto “soggetto normale” o pseudopaziente. Pseudopaziente: ogni volta che si accorgono o sono costretti ad ammettere che una persona non ha ragione di essere sottoposta alle loro cure, ogni volta che un ex ricoverato riesce a riprendere la sua vita normale al di fuori delle strutture psichiatriche parlano di uno sbaglio, parlano di pseudopaziente, e a loro discolpa dicono che non sempre è facile fare una diagnosi esatta.
Se fossero un po’ più onesti riconoscerebbero invece che non hanno nessun mezzo per distinguere il “malato”, il “diverso”, dal “normale” e che ogni tipo di discriminazione e quindi di diagnosi si riconduce a un giudizio puramente morale e legato quindi al contesto sociale, ai canoni di normalità accettati da una determinata società. Non esistono per la psichiatria infatti metodi scientifici di diagnosi quali le analisi del sangue, i raggi x o altre cose del genere, gli psichiatri “analizzano il comportamento” e basta; come metodo scientifico lascia molto a desiderare non è vero?
D’altronde sarebbe ridicolo asserire che solo gli psichiatri possano giudicare se la loro è una scienza o meno, non sarebbero certo dei giudici imparziali, a parte il fatto che ci sono psichiatri sia in Italia che all’estero che, dopo l’esperienza che hanno fatto, pensano alla psichiatria solo come a uno strumento di repressione.
Quando in Italia si dibatteva sull’energia nucleare i fisici dicevano di essere i soli a poter parlare con cognizione di causa, ma non era molto onesto visto che molti di loro erano interessati ai finanziamenti miliardari per i progetti sul nucleare, e non era neanche vero perché gli unici che in quel caso potevano dare un giudizio obbiettivo erano medici e biologi da una parte, e gli economisti dall’altra, di modo che si potesse fare un bilancio fra la pericolosità delle centrali e il loro rendimento economico.
Il problema con la psichiatria è molto simile, se si lascia gli psichiatri la valutazione sulla psichiatria difficilmente essi sputeranno nel piatto in cui mangiano, a parte i notevoli interessi economici delle industrie farmaceutiche che alla psichiatria sono legate a filo doppio.
fonte: http://www.homolaicus.com/uomo-donna/psyco/12.htm
domenica 22 settembre 2013
Antipsichiatria da sabato sera.
Davanti a una bottiglia di vino, del pane, alcune sigarette
e molte briciole sul tavolo. La musica da sagra popolare continua imperterrita
a proporre i suoi soliti quattro quarti e la gente parla, beve e ride.
F: E il CAMAP? Come siamo messi a iniziative?
G: Finita l’estate si riparte. O meglio: non ci siamo mai
fermati, ma non abbiamo organizzato serate o convegni, solo qualche delirio sul
blog…
F: Sarebbe bello invitare qualcuno. Tipo Antonucci o Bucalo…ma
Antonucci è ancora vivo?!
G: E’ vivo, ma non so quanto potrebbe volere.
F: Un rimborso spese molto onesto?
G: Mah, e chi lo sa…
F: Ma lui è professore universitario? Insegna da qualche
parte?
G: L’università italiana se ne guarda bene dal lasciare una
cattedra a chi vorrebbe abolire la psichiatria. Magari non gli è mai
interessato insegnare. Sicuramente chi legge e diffonde Szasz, Goffman e Laing
non ha vita facile con la scienza medica.
F: Perché è così difficile proporre queste idee?
G: Per le dinamiche del potere. La psichiatria ha impiegato
300 anni per farsi accettare dalla medicina, per diventare “scienza medica”, ma
in realtà non ha ancora raggiunto il suo scopo. Deve continuare a difendere le
proprie posizioni da qualsiasi attacco: se si apre una breccia, l’intera diga
rischia di cadere.
F: Ovvio, se ci pensi un attimo le altre discipline mediche
non devono avere tutto questo timore. Ad esempio, se vado a farmi togliere l’appendicite
perché infiammata, il chirurgo conosce benissimo la procedura, sa dove tagliare
e ricucire. Lo psichiatra non fa la stessa cosa. Innanzitutto lui “ipotizza”
che nel cervello ci sia uno squilibrio di un qualche tipo e cerca di risolverlo
con un mix di farmaci che modifica visita dopo visita, fino a raggiungere un presunto
equilibrio.
G: Ma non risolve il problema: l’unica cosa di cui possiamo
essere sicuri è che la psichiatria non ha mai curato le malattie, ha solo
modificato/attenuato/camuffato i sintomi.
F: Vero, ma se sono tutte balle, perché esiste ancora questa
pseudo-scienza?
G: Una serie di motivi. Sono come dei tasselli che uniti
tengono in piedi l’intera struttura, ma basta toglierne uno per vederla
vacillare. Negli anni ’70 la legge Basaglia aveva dimostrato che i manicomi non
servivano a nulla e che i “pazzi” stavano meglio all’esterno, smascherando in
un attimo le bugie degli psichiatri. Pensa a cosa dev’essere stato il clima di
quel tempo, al tentativo fatto dai “medici” di bloccare tutto, a quello che
hanno raccontato alla gente che nulla conosceva della disabilità e della “malattia”
mentale.
F: In effetti i “diversi” erano rinchiusi. Nessuno aveva a
che fare con certe tematiche, ma si delegava qualche esperto o presunto tale al
trattamento di ciò che, col senno di poi, non aveva assolutamente bisogno di
essere trattato. Siccome la maggior parte della società non sapeva affrontare
il problema, era impaurita da ciò che sarebbe potuto succedere.
G: E alla fine non è successo nulla, ma tutt’ora è possibile
trovare chi si ostina a difendere l’operato di certi lager.
F: Vedi la questione OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari).
G: Esatto. Torniamo un passo indietro però. Con l’apertura
dei manicomi e la legge Basaglia avremmo potuto dare il colpo di grazia a
questa pseudo-scienza, ma una volta incassato il colpo, il corpo psichiatrico
si è arroccato sulle proprie posizioni. Mentre il vento del cambiamento calava
e la situazione si calmava, loro son riusciti a difendere il proprio potere. E
in effetti uno dei tasselli è il potere che hanno raggiunto e che non vogliono
abbandonare.
F: Foucault aveva colto in pieno il problema del potere. Un
altro tassello però è la produttività.
G: Cioè? Spiegati meglio.
F: I “pazzi” non sono produttivi. Non li puoi mettere
davanti a una macchina, non li puoi far guidare, non possono produrre insomma.
G: Ma un’utilità bisognerà pur trovargliela.
F: Infatti: fai diventare un uomo un malato perenne. Non
sarà produttivo direttamente, ma assumerà medicine per il resto della vita. Non
importa se non può pagarsele, interviene la società e il costo se lo dividono
gli altri. L’importante è che si possa guadagnare anche con lui.
I due si versano un altro bicchiere di vino e la chiacchierata
continua…
Veronika
Veronika
martedì 17 settembre 2013
DSM
Manuale Diagnostico e Statistico Il Più Letale Imbroglio Della PsichiatriaUn’elaborata bufala pseudoscientifica... Ha 943 pagine ed elenca 374 “disturbi” mentali.È la base dell’elenco di disturbi mentali nella Classificazione Internazionale di Malattie che viene usato in tutto il mondo. E sebbene pesi meno di due chili e mezzo, la sua influenza pervade ogni aspetto della società moderna: i nostri governi, i nostri tribunali, il nostro esercito, i nostri mass media e le nostre scuole. Facendone uso, gli psichiatri possono imporre la somministrazione di psicofarmaci, sequestrare i vostri bambini e privarvi addirittura delle vostre più preziose libertà personali. È il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) della psichiatria, ed è il motore che attiva un’industria psichiatrica di $330 miliardi. Ma il DSM è suffragato da qualche prova? O non è altro che un’elaborata bufala pseudoscientifica? Dai produttori dei premiati documentari Macabri Profitti, Il Marketing della Pazzia ed Errore Fatale, ecco l’agghiacciante verità al di sotto del più letale imbroglio della psichiatria. VIDEO COMPLETO: http://www.ccdu.it/videos/diagnostic-statistical-manual.html |
venerdì 13 settembre 2013
Contergan: un esempio di amore delle case farmaceutiche per l'umanità!
La talidomide è stata inventata alla fine degli anni cinquanta dalla Chemie Grünenthal,
un’industria tedesca che voleva lanciarsi sul mercato dei farmaci
psichiatrici con un nuovo tranquillante. Il farmaco, conosciuto col nome
di Contergan e acquistabile senza ricetta, era pubblicizzato non solo
come tranquillante ma anche come sonnifero, antiinfluenzale e, almeno
per un medico pagato dalla Grünenthal, come inibitore del desiderio di
masturbarsi che affliggeva i giovanotti. La Grünenthal sosteneva anche,
sulla base di esperimenti sugli animali, che il farmaco non era in alcun
modo tossico, e che quindi anche le donne incinte potevano prenderlo.
Frances Kelsey, un medico impiegato all’FDA, non ne era così convinta. Nel 1960, quando la Richardson-Merrell fece richiesta della licenza per vendere la talidomide negli Stati Uniti, la dottoressa chiese all’industria
di fornire informazioni più dettagliate. A preoccuparla erano le notizie di neuriti periferiche, un danno irreversibile che si manifestava nei soggetti che prendevano talidomide, e fece notare che i dati sulla sicurezza che riguardavano questo effetto erano contraddittori. Disse anche che la casa farmaceutica non aveva fornito informazioni circa gli effetti del farmaco sullo sviluppo del feto e nemmeno precisava se la sostanza attraversasse o meno la barriera placentare. Era una mancanza gravissima, dato che la casa farmaceutica stava spingendo il farmaco come rimedio contro il nervosismo tipico dei primi mesi di gravidanza. La Merrell ci mise molto più tempo a rispondere a Kelsey che a distribuire i 2,5 milioni di dosi a più di 1200 medici, perché provassero il farmaco. Furono ventimila gli americani che lo presero. Collaborare con la Merrell, come del resto con molte altre case farmaceutiche a quei tempi, era una cuccagna. I farmaci arrivavano gratis, i medici non erano tenuti a riferire sui risultati, e, anche se lo facevano, non dovevano prendersi la briga di raccogliere i dati e scrivere una relazione. Il dirigente medico della Merrell, come i suoi colleghi in altre industrie del settore, era ben contento di fornire un manoscritto bell’e pronto che attestava l’efficacia del farmaco: bastava firmarlo e spedirlo a una rivista medica, dove avrebbe ingrossato la bibliografia sul valore di quel farmaco. Nonostante il marketing selvaggio della Merrell, tuttavia, stava per scoppiare un gran casino. I medici in Australia, Inghilterra e Germania cominciarono a osservare non solo casi di neurite periferica ma anche qualcosa di ben più preoccupante che riguardava i figli di chi aveva preso la talidomide: un aumento improvviso dei casi di focomelia, una patologia alla nascita che impedisce lo sviluppo degli arti e per cui le mani e i piedi dei bambini crescono direttamente dalle spalle o dal bacino. Quando studi epidemiologici e test sugli animali condotti nonostante le obiezioni della Grünenthal confermarono la relazione tra talidomide e focomelia, in Europa erano già nati migliaia di bambini con gravi deformità. Nel marzo del 1962 la Merrell, dopo due anni di braccio di ferro con Kelsey, ritirò finalmente la richiesta di licenza per la talidomide.
Frances Kelsey, un medico impiegato all’FDA, non ne era così convinta. Nel 1960, quando la Richardson-Merrell fece richiesta della licenza per vendere la talidomide negli Stati Uniti, la dottoressa chiese all’industria
di fornire informazioni più dettagliate. A preoccuparla erano le notizie di neuriti periferiche, un danno irreversibile che si manifestava nei soggetti che prendevano talidomide, e fece notare che i dati sulla sicurezza che riguardavano questo effetto erano contraddittori. Disse anche che la casa farmaceutica non aveva fornito informazioni circa gli effetti del farmaco sullo sviluppo del feto e nemmeno precisava se la sostanza attraversasse o meno la barriera placentare. Era una mancanza gravissima, dato che la casa farmaceutica stava spingendo il farmaco come rimedio contro il nervosismo tipico dei primi mesi di gravidanza. La Merrell ci mise molto più tempo a rispondere a Kelsey che a distribuire i 2,5 milioni di dosi a più di 1200 medici, perché provassero il farmaco. Furono ventimila gli americani che lo presero. Collaborare con la Merrell, come del resto con molte altre case farmaceutiche a quei tempi, era una cuccagna. I farmaci arrivavano gratis, i medici non erano tenuti a riferire sui risultati, e, anche se lo facevano, non dovevano prendersi la briga di raccogliere i dati e scrivere una relazione. Il dirigente medico della Merrell, come i suoi colleghi in altre industrie del settore, era ben contento di fornire un manoscritto bell’e pronto che attestava l’efficacia del farmaco: bastava firmarlo e spedirlo a una rivista medica, dove avrebbe ingrossato la bibliografia sul valore di quel farmaco. Nonostante il marketing selvaggio della Merrell, tuttavia, stava per scoppiare un gran casino. I medici in Australia, Inghilterra e Germania cominciarono a osservare non solo casi di neurite periferica ma anche qualcosa di ben più preoccupante che riguardava i figli di chi aveva preso la talidomide: un aumento improvviso dei casi di focomelia, una patologia alla nascita che impedisce lo sviluppo degli arti e per cui le mani e i piedi dei bambini crescono direttamente dalle spalle o dal bacino. Quando studi epidemiologici e test sugli animali condotti nonostante le obiezioni della Grünenthal confermarono la relazione tra talidomide e focomelia, in Europa erano già nati migliaia di bambini con gravi deformità. Nel marzo del 1962 la Merrell, dopo due anni di braccio di ferro con Kelsey, ritirò finalmente la richiesta di licenza per la talidomide.
Tratto da "Storia segreta del male oscuro" di Gary Greenberg
Veronika
martedì 10 settembre 2013
Citazioni di medici e psichiatri...
L'ADHD è un ottimo esempio di malattia fittizia. Leon Eisenberg, padre scientifico dell'ADHD
Mi sono reso conto, non senza ironia, che gli psichiatri sono letteralmente usciti di testa e, contemporaneamente, hanno fatto uscire di testa gli stessi pazienti che si presume debbano curare. David Kaiser, Psichiatra
C'è una caratteristica comune a tutti gli psichiatri. Davanti a un microfono o una telecamera si fanno piccoli e ammettono che non esiste nessuno squilibrio biochimico o test di laboratorio. Nella loro pratica professionale invece mentono ogni volta ai loro pazienti, negando loro il diritto a un consenso informato e avvelenandoli in nome della 'cura', comportamento di fatto criminale. Dr. Fred Baughman, Neurologo Infantile
Non esistono test oggettivi in psichiatria, nessun esame radiologico o di laboratorio che possa stabilire con certezza che una persona abbia o non abbia un certo disturbo mentale. Allen Frances, psichiatra e Presidente del Comitato di Redazione del DSM IV
Nonostante oltre duecento anni di ricerca molto intensa, l'origine genetica o biologica dei disturbi psichiatrici che vengono comunemente diagnosticati, compreso schizofrenia, depressione, disturbo bipolare, disturbi da ansia o disturbi infantili come quello di deficit d'attenzione e iperattività, non è mai stata dimostrata. Peter Breggin, Psichiatra
C'è abbondanza di presunte spiegazioni biochimiche per i disturbi psichiatrici, ma nessuna di esse è mai stata dimostrata. Al contrario, ogni volta che si credeva di aver trovato uno squilibrio, si è poi scoperto che non era vero ... Nessuna pretesa di origine genetica è mai sopravvissuta, nonostante la disinformazione popolare. Dr. Joseph Glenmuller, Psichiatra, Università di Harvard
Le teorie (di squilibrio chimico) vengono mantenute in vita non solo perché non ce ne sono di migliori, ma perché si dimostrano molto utili per vendere psicofarmaci. Dr. Elliot Valenstein – autore di "Blaming the brain" ("Incolpare il cervello")
Non abbiamo un test indipendente e valido per ADHD, e non ci sono dati che indichino che esso sia dovuto a un malfunzionamento del cervello. Conclusioni del comitato di studio su ADHD dell'Istituto Nazionale USA per la Salute Mentale
La psichiatria non è guidata dalla scienza. Non esiste alcuna base genetica o biologica per queste malattie, ma l'Istituto Nazionale per la Salute Mentale è completamente appiattito sulla terapia farmacologica. C'è una gran quantità di evidenza sperimentale sui danni cerebrali a lungo termine causati dagli stimolanti, mentre non c'è lo straccio di una prova dell'esistenza di tali malattie, come l'ADHD. Peter Breggin, Psichiatra
In realtà, le diagnosi psichiatriche costituiscono una specie di etichettatura spirituale che può distruggere vite, e spesso lo fa. Peter Breggin, Psichiatra
La psichiatria non ha ancora prodotto le prove delle causa genetico/biologica di alcuna malattia mentale. Ai pazienti viene diagnosticato uno squilibrio biochimico nonostante non esista alcun test che lo possa dimostrare ... e non esiste nemmeno un'idea di quale dovrebbe essere l'equilibrio corretto. Dr David Kaiser, Psichiatra
Non esiste nessuno squilibrio biochimico. Quando un paziente viene da me dicendo di avere uno squilibrio chimico gli chiedo "Mostrami il referto del laboratorio". Non ce ne sono. Cos'è, allora, lo squilibrio chimico? Dr. Ron Leifer, Psichiatra
Chiunque, virtualmente, può, in un dato momento, soddisfare i requisiti per una diagnosi di disturbo bipolare o ADHD – chiunque. E il problema è che ciascuna di queste diagnosi avvia il distributore di pillole. Dr. Stefan Kruszewski, Psichiatra
Nessun comportamento (buono o cattivo) è una malattia né potrà mai esserlo. Le malattie non consistono di comportamenti. Le malattie sono malfunzionamenti del corpo: cuore, reni, fegato, cervello. La febbre da tifo è una malattia. La febbre del sabato sera non è una malattia, è una metafora. Tutte le malattie mentali sono malattie metaforiche, spacciate per malattie vere. Dr. Thomas Szasz, Professore Emerito di Psichiatria
Il DSM è l'artefatto attraverso cui la psichiatria cerca di farsi accettare dalla medicina. Chi ci lavora dentro sa che si tratta di un documento più politico che scientifico. Nonostante questo grande fallimento, il DSM è diventato una bibbia (psichiatrica) e una gallina dalle uova d'oro. Loren Mosher, Professore di Psichiatria
La psichiatria asserisce senza dimostrarlo che depressione, disturbo bipolare, ansia, alcolismo e tanti altri disturbi sono essenzialmente di origine biologica e genetica. Questa fiducia cieca è non solo stupefacente, ma anche ingenua e forse illusoria. Dr. David Kaiser, psichiatra
In breve, l'intero business di creare categorie di malattie psichiatriche, formalizzarle con il consenso e attribuire loro dei codici, che poi rendono possibile la prescrizione di farmaci, non è altro che un racket volto a fornire alla psichiatria un'aura scientifica. Dr. Thomas Dorman, internista e membro del Collegio Reale di Medicina del Regno Unito
Le etichette del DSM sono non solo inutili in quanto 'diagnosi' mediche, ma sono potenzialmente pericolose, specialmente se usate per negare la libertà personale, o come armi nella mani di psichiatri che forniscono perizie nei tribunali. Dr. Sydney Walker III, psichiatra
Il modo in cui i disturbi entrano nel DSM non è attraverso radiografie o analisi del sangue. E' basato sulla descrizione del comportamento. Il sistema psichiatrico consiste in questo. Dr. Colin Ross, psichiatra
Nessun marcatore biologico o neurologico e genetico è mai stato trovato per Deficit di Attenzione, Disturbo Oppositivo Provocatorio, Depressione, Schizofrenia, ansia, abuso compulsivo di alcool o droga, mangiare troppo, dedizione al gioco d'azzardo o qualunque altro cosiddetto disturbo mentale. Bruce Levine, psicologo e autori di "Commonsense rebellion" (la rivolta del buon senso)
A differenza delle diagnosi mediche, che portano a una possibile causa, una cura appropriata e una probabile prognosi, i disturbi elencati nel DSM sono accordi cui si arriva attraverso il consenso. Tana Dineen, psicologa
Non e scienza. E' politica e economia. La psichiatria consiste in questo; politica ed economia. I controllo del comportamento non è scienza, e non è medicina. Thomas Szasz, Professore Emerito di Psichiatria
venerdì 6 settembre 2013
Mente e Bellezza.
Che io sappia, il Professor Ugo Morelli non si è mai occupato direttamente di psichiatria/antipsichiatria, ma le sue basi teoriche e i riferimenti costanti all'opera di Foucault e Bateson in primis non possono che portarci ad una considerazione del suo lavoro in una chiave di lettura critica del modello "medico" psichiatrico. Se ciò non è nell'intenzione dell'autore, me ne scuso in anticipo, ma trovo difficile fraintendere le sue parole:
"...la società è terrorizzata dal conflitto perchè lo percepisce esclusivamente come una minaccia. Oggi tutto deve essere pacificato e normalizzato, la verità deve essere unica come il pensiero. Il disaccordo e l'opposizione appaiono come un'anomalia da combattere sul piano individuale, come su quello sociale. E non è un caso che alla psichiatria si chieda sempre più spesso di intervenire, farmacologicamente, per far rientrare nei ranghi chi si sottrae alla norma collettiva."
Questo breve estratto da "Mente e Bellezza" ci riporta alla necessità di abbandonare un'ottica riduzionista e semplicistica del trattamento del disagio mentale. Come riportato più volte all'interno del testo, parlando di argomenti quali arte, politica e ironia, non è possibile ridurre "l'organizzazione" uomo (o mente) alla semplice addizione di parti separate perchè il totale non è uguale alla somma delle parti. Il valore aggiunto del rapporto tra persona e ambiente/società non può essere ricondotto ad una mera comunicazione fra cellule cerebrali o scambio di neurotrasmettitori di vario tipo. Questa base biologica di partenza deve essere obbligatoriamente legata e ricondotta ad una visione olistica dell'essere umano e alla comprensione interdisciplinare che superi un'ottica, del tutto artificiale, che tende solo a separare e catalogare. In questo solco, il nostro modo di intendere l'antipsichiatria non può che portarci al rifiuto di soluzioni semplicistiche quali il Trattamento Sanitario Obbligatorio. Questa pratica infatti non dialoga con altre discipline e non ascolta ragioni esterne al proprio paradigma epistemologico, negando di fatto il conflitto, che col passare del tempo si rende sempre più palese.
Per maggiori informazioni sul Professor Morelli e le sue opere:
www.ugomorelli.eu
Buon weekend a tutti!
Veronika
martedì 3 settembre 2013
Per non dimenticare: Mastrogiovanni, 'noto anarchico'...
“Ma come, in un processo così importante, con tutti i parenti delle vittime di fronte, quello dorme?”
Ce l’ha con un giudice della corte che durante l’udienza sonnecchia.
Mi colpisce l’indignazione di questa ragazza bellissima, dagli occhi chiari, i capelli ricci ricci, la pelle bianca. E’ giovane. Molto, forse troppo.
La incontro tra gli austeri corridoi della Cassazione durante l’ultimo atto del processo Aldrovandi.
E’ venuta qui anche lei, come Ilaria, Lucia, Domenica, sorelle, figlie di uomini morti mentre erano nelle mani dello Stato.
Mi dicono che si chiama Grazia, che lei è una “nipote”.
Che da anni combatte una battaglia. Da sola. Inascoltata.
La avvicino, e lei è un fiume in piena.
“Abitiamo vicino Salerno, siamo decentrati, periferici, abbandonati. Mio zio era una brava persona, non aveva mai fatto male a nessuno. L’hanno lasciato morire così, dentro un ospedale, senza farcelo
domenica 1 settembre 2013
Melancholia cum figuris - le parole della malinconia
Appuntamento sabato 7 settembre a Pisogne (BS), chiesa di Santa Maria delle Nevi, per un'interessante conferenza sulla malinconia.
Ecco il programma:
ore 16.00 Guida al Romanino
ore 17.00 Introduzione di Vanni Ferrari
Pietro Barbetta: Un kosmos tinto di nero
Emilio Gattico: Colori e forme della malinconia
L'incontro è organizzato dall'associazione LiberaMente - Iniziative culturali per la salute mentale.
Veronika
Ecco il programma:
ore 16.00 Guida al Romanino
ore 17.00 Introduzione di Vanni Ferrari
Pietro Barbetta: Un kosmos tinto di nero
Emilio Gattico: Colori e forme della malinconia
L'incontro è organizzato dall'associazione LiberaMente - Iniziative culturali per la salute mentale.
Veronika
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