giovedì 2 aprile 2020

CORONA VIRUS, ORDINANZE E MARGINALITÀ

Non siamo tuttx sulla stessa barca, chi ha un minimo di coscienza lo ha capito, che il virus, le ordinanze, non assumono lo stesso valore per tuttx, perchè appunto, non abbiamo tuttx gli stessi privilegi.
“Prima denuncia penale a Nerviano per la violazione del decreto contro la  diffusione del contagio: la Polizia Locale blocca venditore di fiori”
La prima denuncia penale – ora sanzione amministrativa – è andata ad un venditore di fiori.
Ma chi non ha documenti, chi è senza casa, outsider, marginalità, chi accesso a salute, tutele e informazioni corrette non ne ha? Come fa?
Persone che hanno avuto problemi con la giustizia e che si trovano in strada per condizione o necessità, rischiano un’ulteriore inasprimento della loro condizione, dal punto di vista giudiziario e della salute. Che ripercussioni avrà questo ‘stato di emergenza su chi vive già in condizione di isolamento ed esclusione? Quali azioni di solidarietà, mutuo-aiuto e resistenza mettere in campo?
Distribuire cibo e presidi di salute di riduzione del danno in modo autogestito è impossibile senza incorrere in sanzioni. Le reti che potrebbero attivarsi faticano per la paura legata alle ordinanze, altre attendono burocrazie, presidi di protezione e permessi. Senza coordinarsi con le istituzioni sembra impossibile muoversi. Chi lavora non viene garantito e chi vorrebbe fare mutuo-aiuto é legato. Serve un’autorizzazione per tutto. Impossibile stare in strada.
Vicinato solidale? Attenzione alle ‘motivazioni’ in caso di fermo, fare la spesa al vicino no, fare la spesa al vicino mentre si fa la propria si.
L’autogestione della solidarietà si sta ponendo il problema di come muoversi in questo contesto.
Il timore è una solidarietà strumentalizzata, che rischia di tirare acqua al mulino della narrazione istituzionale che sta passando, quella del ‘tutti sulla stessa barca’, ‘vicini si può fare’, dell’assitenzialismo e della solidarietà che sopperiscono alle mancanze di chi ci toglie, spazio, aria, vita tutti i giorni.
Le amministrazioni mangeranno sopra allo sforzo della cittadinanza’ mentre un sacco di lavoratrici e lavoratori pagheranno l’emergenza.
Il livello di ‘paranoia’ nell’incontro con altrx fuori casa é altissimo, le persone si sentono investite del potere di sceriffo temporaneo della città e denunciano chi vedono in giro.
Inchiesta autogestita e diretta sui servizi sociali, sanitari e di riduzione del danno nei giorni dell’emergenza, con particolare attenzione all’area bolognese:
Questa inchiesta è una raccolta di testimonianze dirette di operatori, famigliari e utenti dei servizi sociali e sanitari di Bologna dall’inizio della pandemia da Covid19 ad oggi. Ognuna di esse racconta storie vissute personalmente sulla nostra pelle o su quella dei nostri amici, parenti o vicini di casa. Piccole storie di ordinario disagio che dipingono un quadro di desolazione umana e sociale che nessuna emergenza dovrebbe oscurare. La loro raccolta e visibilità è uno dei propositi fondanti di questo progetto insieme al loro costante aggiornamento.
Dalle informazioni che abbiamo raccolto nei reparti ospedalieri di Bologna, un numero crescente di persone ritenute ‘problematiche a livello comportamentale’, seppur ricoverate per problemi di natura clinica, ossia patologie diagnosticabili su basi oggettive, vengono ‘gestite’ psichiatricamente e tenute sotto ‘sorveglianza’; ‘compito’ che si traduce in contenzione meccanica e farmacologica. Questa situazione, sebbene estremizzata dall’allarme, di fatto è una prassi sommersa, ma ordinaria e collaudata, all’interno degli ospedali – e non solo negli Spdc – che ‘denunciamo‘ da lungo tempo.

Nei reparti ospedalieri e nelle strutture socio sanitarie ben prima del covid 19 vi era una strutturale carenza o assenza di dispositivi di protezione individuale ed ambientale idonei alla sicurezza sul lavoro. Non è così sorprendente, quindi, che alcune aziende invitino i loro dipendenti a centellinare l’uso di dispositivi di protezione monouso a causa della difficoltà di reperimento ed approvviggionamento, impartendo ordini illegittimi, o palesemente illegali, che mettono a repentaglio la salute di lavoratori ed utenti.
Sebbene le retoriche del medico/infermiere/infermiera, eroe o santa, imperversino su social e media mainstream come parte integrante della narrazione spettacolare di questa epidemia, tra patriottismo ipocrita e rigurgiti neofascisti che rievocano la peggiore propaganda nazionalista e di guerra, il paragone con le trincee non è del tutto errato: come in passato venivano mandati a morire migliaia di proletari per combattere le guerre nazionaliste/coloniali dei padroni, oggi nella “guerra al virus” migliaia di lavoratori del SSN vengono di fatto abbandonati a loro stessi, mettendo a repentaglio la loro salute e quella dei pazienti per indennità di rischio ridicole e turni massacranti. Dopo anni di blocco del turnover e tagli drastici al SSN, assunzioni senza precedenti di specializzandi e infermieri, interinali, a tempo determinato e spesso alle prime esperienze, ha ‘emozionato’ migliaia di cittadini terrorizzati ma poco incideranno nella lotta al virus se non come lavoratori e lavoratrici usa-e-getta, immesse a ruolo in pochi giorni e mandate al fronte.
Inoltre, in modo pericolosamente illogico, l’ART.7 del DL n.14 2020, nega il tampone, e di conseguenza la messa in “quarantena”, per il personale sanitario in prima linea, se non in casi clinici conclamati, esponendo al contagio pazienti, operatori, familiari e contatti sociali, come osservato drammaticamente in Lombardia, dove ospedali e luoghi di lavoro continuano ad alimentare inesauribili il serbatoio dei positivi.
In piena emergenza, per compensare le carenze e i casi di malattia o infortuni correlati al covid19, centinaia di lavoratrici e lavoratori provenienti da altri reparti sono stati trasferiti in poche ore negli ospedali o reparti covid 19, vedendosi negati, in alcuni casi, la richiesta di affiancamento pur lavorando in contesti ad alto rischio. Qualche ora di formazione sulla vestizione/svestizione sono bastate alle aziende per lavarsi la coscienza, e rifornire la prima linea dei reparti dedicati alla cura del covid 19. La turnistica massacrante, e senza adeguato riposo, aumenta notevolmente lo stress e, di conseguenza, la possibilità di commettere ‘errori’, che ricadono direttamente sulla responsabilità del singolo senza nessuna tutela, in particolare per i piu ricattabili, e con il bene placido dei sindacati confederali.
Sempre per decreto sono stati sospesi i congedi ordinari per il personale sanitario operante nelle “zone rosse”, mentre su tutto il territorio nazionale vengono vietati gli scioperi nel pubblico impiego e le manifestazioni in piazza. Chi prova a denunciare queste insopportabili condizioni alla stampa, viene minacciato di licenziamento o sottoposto a provvedimenti disciplinari. Viene impedito agli infermieri di denunciare l’infortunio, qualora si infettino in servizio, a favore di una semplice malattia; in questo modo le aziende non risponderanno del danno differenziale da infortunio colposo.
Nei servizi socio sanitari, nelle strutture dedicate al disagio psichico, è tecnicamente impossibile soddisfare l’esigenza di uscire all’aria aperta dei residenti che si vedono negare il piu elementare elemento di salute e l’unico momento relazionale al di fuori dei muri. Le visite sono sospese ed il rischio è quello dell’effetto ‘pentola a pressione’: un aumento esponenziale della contenzione fisica, meccanica e farmacologica è estremamente reale. Con i centri diurni chiusi si segnalano frequenti situazioni di crisi all’interno dei nuclei familiari.
A Torino viene segnalato un aumento dei TSO (trattamenti sanitari obbligatori) ma immaginiamo lo stesso stia accadendo anche nelle altre città.
Abbiamo avuto notizia di un operatore destinato ad interventi ‘domiciliari’ con la ‘direttiva’ di ‘non salire a casa’. Gli incontri si sono svolti all’aperto con un ‘documento’ che certificava l’intervento dell’operatore. L’operatore ha anche riferito di essere stato fermato piu di una volta durante il suo servizio di intervento domiciliare con l’invito da parte delle forze dell’ordine di tornare a casa o disperdersi. Non sappiamo ad oggi, con l’aumento delle restrizioni delle ultime settimane, come stiano procedendo tali interventi, ma la situazione riferita è comunque di enorme sofferenza.
In alcuni dormitori gli operatori si rendono disponibili ad uscire per andare al Sert a prendere il metadone e portarlo in struttura a chi necessita, ma ci viene comunque segnalato che la popolazione tossicodipendente si trova in grande difficoltà.
Nella seconda settimana di marzo, a Bologna, operatori ed educatori, addetti a servizi sociali incompatibili con le ordinanze, sono stati spostati in vari dormitori dell’area per tenerli aperti un numero maggiore di ore. In una di queste strutture, in concomitanza dell’imperativo #iorestoacasa, si è verificata una situazione particolarmente ‘critica’: le persone si sono rifiutate di uscire e hanno letteralmente ‘occupato’ la struttura a causa di un ospite portato via la sera prima in ambulanza. Il mattino seguente, gli ospiti si sono asserragliati all’interno, nonostante fossero obbligati ad uscire per la chiusura diurna dei dormitori, chiedendo informazioni e garanzie sulla salute della persona ospedalizzata e sulla loro.
La testimonianza:
“Lavoro in un dormitorio notturno per i senza tetto a Bologna.
Attualmente, vista la situazione d’emergenza, il piano d’accoglienza è stato ampliato a 20 ore giornaliere invece che 12.
Con l’hashtag #iorestoacasa ci troviamo davanti ad un evidente ossimoro:
come fa una persona senza dimora a tornare a casa?
C’è molta paura tra gli ospiti, sono aumentati i casi di violenza fisica e verbale all’interno dei vari centri di accoglienza che per motivi strutturali non possono mantenere le distanze minime per garantire la sicurezza di ospiti ed operatori.
In seguito ad un caso di febbre alta la tensione ha raggiunto un nuovo picco. Il giorno Venerdì 13 Marzo questa persona viene portata in ospedale verso le ore 22 dall’ambulanza (tra l’altro gli infermieri hanno chiesto a noi operatori in prestito il termometro).
La mattina successiva, una decina di ospiti si sono rifiutati di lasciare la struttura se non con prove certe dell’esito negativo del tampone. Di fatto abbiamo assistito ad una prima occupazione.
Sabato 14 la situazione è ancora tesa, non abbiamo risultati chiari dall’ospedale che in realtà arriveranno la mattina del 15 alle 08:30 con esito negativo (in realtà c’è stato comunicato a voce senza nessun riscontro scritto). Nonostante ciò gli ospiti decidono nuovamente di non lasciare la struttura. Ironia della sorte, per strada passa la camionetta della comunale che invita tutti a “stare a casa” (ma a casa dove?). Arrivato il coordinatore della struttura e vista la resistenza degli ospiti, vengono allertate le forze dell’ordine che arrivano poco dopo. Tra urla e minacce uno degli ospiti crolla… non vuole uscire fuori e mettere a rischio la sua salute.
Dopo di ciò il mio turno finisce ed esco dalla struttura.”
Ci siamo chieste quindi, dove dormire? Mangiare? Lavarsi? Trovare assistenza legale e sanitaria a Bologna ora?
L’opuscolo degli avvocati di strada… Dove andare per
Dalle fonti che abbiamo raccolto a Bologna i servizi a bassa soglia, di prossimità,  accoglienza e riduzione del danno sono aperti. Anche il servizio mobile di sostegno è attivo.
L’Help Center ha istituito uscite serali dalle 20 alle 24 il lunedì, martedì e mercoledì.
L’Unità di strada lavora in modalità mobile dalle 10 alle 16.30 il lunedì, mercoledì e giovedì, e dalle 16 alle 19 il martedì e venerdì .
Anche in molte province, ci dicono, si riesce ancora a lavorare in drop-in e unità si strada, ma ci sono ‘molte’ difficoltà per trovare mascherine.
A disposizione per il piano emergenza freddo ci sono 300 posti, attualmente tutti occupati, siamo a 359 posti, 663 se si considerano anche le parrocchie che mettono a disposizione ospitalità per il freddo (numeri al 25 marzo).
Il piano freddo per l’emergenza virus è stato prorogato al 30 aprile rispetto alla scadenza tradizionale del 31 marzo.
Per necessità è attivo il servizio mobile che si occupa di attivare canali di sostegno e di individuare eventuali posti liberi -> instrada@piazzagrande.it
Le persone senza documenti possono accedere all’accoglienza e ai dormitori ma solo fino al 30 aprile, giorno in cui è stata prorogata la fine dell’emergenza freddo. Dopo non è dato sapere. Chi per scelta o per necessità non vuole/riesce ad accedere a questo tipo di servizi – dormitori e accoglienza – non sappiamo che ripercussioni potrà avere da questa situazione in cui è impossibile muoversi e rispondere ai bisogni primari di sopravvivenza.
Da lunedì 16 marzo – in seguito anche a momenti di tensione in cui gli ospiti hanno rivendicato il rischio legato alla loro salute – i dormitori sono  rimasti aperti tutto il giorno, chiudendo alcune ore per effettuate le ‘pulizie’. In teoria in questo tempo gli ospiti avrebbero dovuto raggiungere le mense di supporto come l’Antoniano, che aveva sospeso il servizio di colazione/mensa/vestiti ordinario ma manteneva attiva la distribuzione di sacchetti (asporto) dalle 12:30 alle 13:30.
Dal 27 marzo abbiamo notizia che la consegna dei pasti sia a pranzo che a cena sarà offerta dalla Caritas.
Sono state montate due tenostrutture in via Pallavicini e via del Lazzaretto e altre due tensostrutture verranno montate a Villa Serena e davanti al dormitorio Beltrame perchè le persone trovino un riparo durante gli interventi di pulizia.
Crediamo che la situazione sia paradossale: mentre si è fatto il deserto in città a colpi di decoro, sgomberi, sfratti e privatizzazioni, ora si montano ‘i tendoni’, una ‘solidarietà’ dal gusto ‘amaro’, quando intere aree dei nostri quartieri sono state consegnate alla speculazione.
Lo sportello degli avvocati di strada si è espresso in tema di denunce e sanzioni:”Anche in Emilia-Romagna si sono registrate multe a carico di senza dimora accusati di violazione dell’articolo 650 del Codice penale, non avendo rispettato l’obbligo di restare in casa per contenere la diffusione del coronavirus: una casa, però, loro non ce l’hanno. Ne parla l’associazione Avvocato di strada: “Bisogna occuparsi, e in fretta, di chi non ha un tetto sulla testa ed è costretto a vagare per le città. Diciamo da più di 20 anni che chi vive in strada ha bisogno di una casa e di una residenza per potersi curare ma oggi, ai tempi del coronavirus, queste necessità assumono una drammatica urgenza. Ad aggiungere un carico su una situazione già paradossale stanno iniziando a fioccare i verbali redatti ai senza tetto. È gia’ successo a Milano, Modena, Verona, Siena e in tante altre città. Siamo a lavoro per chiedere le archiviazioni ma intanto continuiamo a porre la nostra domanda. Come fanno a restare a casa le persone che una casa non ce l’hanno?”. L’associazione ha rivolto un appello al Governo, alle Regioni e ai Comuni per chiedere, ad esempio, di “far cessare immediatamente l’irrogazione di sanzioni alle persone senza dimora per il solo fatto di trovarsi ‘fuori casa’ senza motivo” e, inoltre, di “stanziare somme per consentire ai Comuni di fornire un tetto alle persone senza dimora, utilizzando palestre, capannoni o altri edifici pubblici o privati”.
Lo sportello ha messo a disposizione una mail per le segnalazioni emergenza@avvocatodistrada.it e un vademecum per sostenere le persone senza dimora ad orientarsi nell’emergenza dal punto vista legale, tra il susseguirsi di ordinanze, decreti e moduli che cambiano di ora in ora. Dal 25 marzo infatti il nuovo Decreto-Legge trasforma la denuncia penale precedentemente prevista in sanzione amministrativa (pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000).
L’associazione Sokos – che a Bologna da quasi trent’anni garantisce assistenza medica gratuita a migranti senza permesso di soggiorno, a persone senza dimora e a chiunque viva una condizione di esclusione sociale – fa sapere che non riesce  più a garantire l’attività per l’impossibilità di reperire sufficienti dispositivi di protezione individuale. Normalmente l’associazione riusciva a coprire l’assistenza di base e specialistica a 20-30 persone al giorno. Continueranno a ricere i loro medicinali le persone con patologie croniche già seguite.
Nel frattempo anche al Cas Mattei si inasprisce la situazione, a segnalarlo è il coordinamento migranti: sovraffollamento e grave rischio sanitario, turni di pulizia organizzati dai migranti e dalle migranti con mascherine artigianali, quantità di cibo insufficenti. Un migrante è stato messo in isolamento in un container: non si sa ancora né come sta nè se sia stato sottoposto al test tampone per verificare l’eventuale positività al virus.
Rimane gravissima la situazione al carcere della Dozza, – dove il focolaio in atto fa il primo morto  – come nel resto di Italia e del mondo.
Cpr e istituzioni totali, aprono uno squarcio sulle nostre coscienze urlando e ricordando a tuttx lo stato d’emergenza quotidiano di chi voce non ne ha mai avuta.
Crediamo che questa situazione di crisi possa essere anche un’opportunità di riappropriazione per tuttx noi, dei nostri legami e dei nostri bisogni, perchè la crisi economica non diventi una scusa per ulteriori cancellazione di diritti, vita, possibilità.
Abbiamo la responsabilità di significare questo momento con il mutuo-aiuto, con l’auto-organizzazione della solidarietà e con la lotta!
Non dalle frontiere di cui ci rendiamo colpevoli ogni giorno, non da chi scappa da guerra e povertà, non dai barconi che respingiamo, è arrivato questo virus. Questo è un virus coi documenti e col portafoglio, che ha potuto viaggiare in aereo.
Un’epidemia di queste proporzioni è prima di tutto un fatto sociale e per questo motivo non può che riguardarci tuttx.
Tutta la ‘scienza’, tutto il ‘progresso’, tutta la tecnologia e il sapere che abbiamo messo insieme, per cui ci affanniamo ogni giorno, non hanno saputo prevenire questo evento, avvisarci in tempo del rischio. Ricerca, enti, organizzazioni politche, accademiche ed economiche, nessuno dei ‘grandi piani’ è stato in grado in questi anni di segnalare il rischio. Ci sono grandi responsabilità politiche, economiche, accademiche nel dramma mondiale che stiamo vivendo.
Il fatto che è che lo Stato non sta difendendo noi ma difendendo se stesso, e ci sta dicendo che se l’infrastruttura di sistema (la loro configurazione sociale) per determinati motivi di allarme rischierà di non reggere (secondo i suoi criteri produttivo-capitalistici), si potranno avere restrizioni delle libertà personali, coprifuoco e città militarizzate. L’equilibrio dipenderà dai rapporti di forza, da cosa subiremo e da cosa riusciremo a pretendere.
La realtà è che il vero ‘virus’ da debellare è un sistema economico e un’organizzazione sociale dove gli interessi delle grandi aziende valgono piu della salute pubblica, delle vite di lavoratrici e lavoratori, ultime e ultimi.
Non ci stiamo allo ‘stringiamo la cinghia tuttx insieme’. Non ci stiamo che siamo ‘tuttx sulla stessa barca’ e chiniamo il capo alla Scienza di Stato che livella e assume il ruolo di protettrice non di parte a stretto filo con esercito e grandi industrie, è evidente che questo virus non è uguale per tuttx in un sistema che mette il profitto prima del bisogno e che ha fatto del bisogno un profitto. Dove c’è chi accumula grandi capitali e si arrichisce a scapito di chi non può mangiare.
Il futuro non andrà tutto bene se non ci sarà un cambio di paradigma.
Anche noi condividiamo:
No volveremos a la normalidad porque la normalidad era el problema!
Alcune iniziative utili e di supporto da segnalare, altre arriveranno:
Collettivo antipsichiatrico Artaud – Raccontaci la tua esperienza
https://artaudpisa.noblogs.org/post/2020/03/29/raccontaci-la-tua-esperienza-di-questi-giorni/
Alcuni numeri per il supporto psicologico
https://psicovid19.bedita.net/
Come collettivo mettiamo a disposizione il nostro indirizzo mail per dubbi, ascolto, orientamento e supporto, partendo da ciò che sappiamo, dalle ricerche che teniamo attive, dai rapporti con le reti di solidarietà che abbiamo, come persone coinvolte dal momento critico che stiamo vivendo. educazionelibertaria@autistici.org

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