Non siamo tuttx sulla stessa barca,
chi ha un minimo di coscienza lo ha capito, che il virus, le ordinanze,
non assumono lo stesso valore per tuttx, perchè appunto, non abbiamo
tuttx gli stessi privilegi.
“Prima denuncia penale a Nerviano per la
violazione del decreto contro la diffusione del contagio: la Polizia
Locale blocca venditore di fiori”
La prima denuncia penale – ora sanzione amministrativa – è andata ad un venditore di fiori.
Ne seguono molte altre:
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/15/news/coronavirus_clochard-251367827/
https://bologna.repubblica.it/cronaca/2020/03/15/news/coronavirus_prostituta_denunciata_due_volte_a_ravenna_sto_lavorando_anche_io_-251346477/
https://www.open.online/2020/03/18/coronavirus-ecco-le-denunce-ai-senzatetto-basta-multe-chi-una-casa-non-ce-lha-cosa-fa-e-la-puglia-apre-le-casette/
https://www.repubblica.it/solidarieta/2020/03/21/news/coronavirus_e_senza_tetto-251909608/
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/03/15/news/coronavirus_clochard-251367827/
https://bologna.repubblica.it/cronaca/2020/03/15/news/coronavirus_prostituta_denunciata_due_volte_a_ravenna_sto_lavorando_anche_io_-251346477/
https://www.open.online/2020/03/18/coronavirus-ecco-le-denunce-ai-senzatetto-basta-multe-chi-una-casa-non-ce-lha-cosa-fa-e-la-puglia-apre-le-casette/
https://www.repubblica.it/solidarieta/2020/03/21/news/coronavirus_e_senza_tetto-251909608/
Ma chi non ha documenti, chi è senza casa, outsider, marginalità, chi accesso a salute, tutele e informazioni corrette non ne ha? Come fa?
Persone che hanno avuto problemi con la
giustizia e che si trovano in strada per condizione o necessità,
rischiano un’ulteriore inasprimento della loro condizione, dal punto di
vista giudiziario e della salute. Che ripercussioni avrà questo ‘stato
di emergenza su chi vive già in condizione di isolamento ed esclusione?
Quali azioni di solidarietà, mutuo-aiuto e resistenza mettere in campo?
Distribuire cibo e presidi di salute di
riduzione del danno in modo autogestito è impossibile senza incorrere in
sanzioni. Le reti che potrebbero attivarsi faticano per la paura legata
alle ordinanze, altre attendono burocrazie, presidi di protezione e
permessi. Senza coordinarsi con le istituzioni sembra impossibile
muoversi. Chi lavora non viene garantito e chi vorrebbe fare mutuo-aiuto
é legato. Serve un’autorizzazione per tutto. Impossibile stare in
strada.
Vicinato solidale? Attenzione alle
‘motivazioni’ in caso di fermo, fare la spesa al vicino no, fare la
spesa al vicino mentre si fa la propria si.
L’autogestione della solidarietà si sta ponendo il problema di come muoversi in questo contesto.
Il timore è una solidarietà
strumentalizzata, che rischia di tirare acqua al mulino della narrazione
istituzionale che sta passando, quella del ‘tutti sulla stessa barca’,
‘vicini si può fare’, dell’assitenzialismo e della solidarietà che
sopperiscono alle mancanze di chi ci toglie, spazio, aria, vita tutti i
giorni.
Le amministrazioni mangeranno sopra allo
sforzo della cittadinanza’ mentre un sacco di lavoratrici e lavoratori
pagheranno l’emergenza.
Il livello di ‘paranoia’ nell’incontro
con altrx fuori casa é altissimo, le persone si sentono investite del
potere di sceriffo temporaneo della città e denunciano chi vedono in
giro.
Inchiesta autogestita e diretta
sui servizi sociali, sanitari e di riduzione del danno nei giorni
dell’emergenza, con particolare attenzione all’area bolognese:
Questa inchiesta è una raccolta di
testimonianze dirette di operatori, famigliari e utenti dei servizi
sociali e sanitari di Bologna dall’inizio della pandemia da Covid19 ad
oggi. Ognuna di esse racconta storie vissute personalmente sulla nostra
pelle o su quella dei nostri amici, parenti o vicini di casa. Piccole
storie di ordinario disagio che dipingono un quadro di desolazione umana
e sociale che nessuna emergenza dovrebbe oscurare. La loro raccolta e
visibilità è uno dei propositi fondanti di questo progetto insieme al
loro costante aggiornamento.
Dalle informazioni che abbiamo raccolto
nei reparti ospedalieri di Bologna, un numero crescente di persone
ritenute ‘problematiche a livello comportamentale’, seppur ricoverate
per problemi di natura clinica, ossia patologie diagnosticabili su basi
oggettive, vengono ‘gestite’ psichiatricamente e tenute sotto
‘sorveglianza’; ‘compito’ che si traduce in contenzione meccanica e
farmacologica. Questa situazione, sebbene estremizzata dall’allarme, di
fatto è una prassi sommersa, ma ordinaria e collaudata, all’interno
degli ospedali – e non solo negli Spdc – che ‘denunciamo‘ da lungo tempo.
Nei reparti ospedalieri e nelle strutture
socio sanitarie ben prima del covid 19 vi era una strutturale carenza o
assenza di dispositivi di protezione individuale ed ambientale idonei
alla sicurezza sul lavoro. Non è così sorprendente, quindi, che alcune
aziende invitino i loro dipendenti a centellinare l’uso di dispositivi
di protezione monouso a causa della difficoltà di reperimento ed
approvviggionamento, impartendo ordini illegittimi, o palesemente
illegali, che mettono a repentaglio la salute di lavoratori ed utenti.
Sebbene le retoriche del medico/infermiere/infermiera, eroe o santa, imperversino su social e media mainstream come parte integrante della narrazione spettacolare di questa epidemia, tra patriottismo ipocrita e rigurgiti neofascisti che rievocano la peggiore propaganda nazionalista e di guerra, il paragone con le trincee non è del tutto errato: come in passato venivano mandati a morire migliaia di proletari per combattere le guerre nazionaliste/coloniali dei padroni, oggi nella “guerra al virus” migliaia di lavoratori del SSN vengono di fatto abbandonati a loro stessi, mettendo a repentaglio la loro salute e quella dei pazienti per indennità di rischio ridicole e turni massacranti. Dopo anni di blocco del turnover e tagli drastici al SSN, assunzioni senza precedenti di specializzandi e infermieri, interinali, a tempo determinato e spesso alle prime esperienze, ha ‘emozionato’ migliaia di cittadini terrorizzati ma poco incideranno nella lotta al virus se non come lavoratori e lavoratrici usa-e-getta, immesse a ruolo in pochi giorni e mandate al fronte.
Inoltre, in modo pericolosamente illogico, l’ART.7 del DL n.14 2020, nega il tampone, e di conseguenza la messa in “quarantena”, per il personale sanitario in prima linea, se non in casi clinici conclamati, esponendo al contagio pazienti, operatori, familiari e contatti sociali, come osservato drammaticamente in Lombardia, dove ospedali e luoghi di lavoro continuano ad alimentare inesauribili il serbatoio dei positivi.
Sebbene le retoriche del medico/infermiere/infermiera, eroe o santa, imperversino su social e media mainstream come parte integrante della narrazione spettacolare di questa epidemia, tra patriottismo ipocrita e rigurgiti neofascisti che rievocano la peggiore propaganda nazionalista e di guerra, il paragone con le trincee non è del tutto errato: come in passato venivano mandati a morire migliaia di proletari per combattere le guerre nazionaliste/coloniali dei padroni, oggi nella “guerra al virus” migliaia di lavoratori del SSN vengono di fatto abbandonati a loro stessi, mettendo a repentaglio la loro salute e quella dei pazienti per indennità di rischio ridicole e turni massacranti. Dopo anni di blocco del turnover e tagli drastici al SSN, assunzioni senza precedenti di specializzandi e infermieri, interinali, a tempo determinato e spesso alle prime esperienze, ha ‘emozionato’ migliaia di cittadini terrorizzati ma poco incideranno nella lotta al virus se non come lavoratori e lavoratrici usa-e-getta, immesse a ruolo in pochi giorni e mandate al fronte.
Inoltre, in modo pericolosamente illogico, l’ART.7 del DL n.14 2020, nega il tampone, e di conseguenza la messa in “quarantena”, per il personale sanitario in prima linea, se non in casi clinici conclamati, esponendo al contagio pazienti, operatori, familiari e contatti sociali, come osservato drammaticamente in Lombardia, dove ospedali e luoghi di lavoro continuano ad alimentare inesauribili il serbatoio dei positivi.
In piena emergenza, per compensare le
carenze e i casi di malattia o infortuni correlati al covid19, centinaia
di lavoratrici e lavoratori provenienti da altri reparti sono stati
trasferiti in poche ore negli ospedali o reparti covid 19, vedendosi
negati, in alcuni casi, la richiesta di affiancamento pur lavorando in
contesti ad alto rischio. Qualche ora di formazione sulla
vestizione/svestizione sono bastate alle aziende per lavarsi la
coscienza, e rifornire la prima linea dei reparti dedicati alla cura del
covid 19. La turnistica massacrante, e senza adeguato riposo, aumenta
notevolmente lo stress e, di conseguenza, la possibilità di commettere
‘errori’, che ricadono direttamente sulla responsabilità del singolo
senza nessuna tutela, in particolare per i piu ricattabili, e con il
bene placido dei sindacati confederali.
Sempre per decreto sono stati sospesi i congedi ordinari per il personale sanitario operante nelle “zone rosse”, mentre su tutto il territorio nazionale vengono vietati gli scioperi nel pubblico impiego e le manifestazioni in piazza. Chi prova a denunciare queste insopportabili condizioni alla stampa, viene minacciato di licenziamento o sottoposto a provvedimenti disciplinari. Viene impedito agli infermieri di denunciare l’infortunio, qualora si infettino in servizio, a favore di una semplice malattia; in questo modo le aziende non risponderanno del danno differenziale da infortunio colposo.
Sempre per decreto sono stati sospesi i congedi ordinari per il personale sanitario operante nelle “zone rosse”, mentre su tutto il territorio nazionale vengono vietati gli scioperi nel pubblico impiego e le manifestazioni in piazza. Chi prova a denunciare queste insopportabili condizioni alla stampa, viene minacciato di licenziamento o sottoposto a provvedimenti disciplinari. Viene impedito agli infermieri di denunciare l’infortunio, qualora si infettino in servizio, a favore di una semplice malattia; in questo modo le aziende non risponderanno del danno differenziale da infortunio colposo.
Nei servizi socio sanitari, nelle
strutture dedicate al disagio psichico, è tecnicamente impossibile
soddisfare l’esigenza di uscire all’aria aperta dei residenti che si
vedono negare il piu elementare elemento di salute e l’unico momento
relazionale al di fuori dei muri. Le visite sono sospese ed il rischio è
quello dell’effetto ‘pentola a pressione’: un aumento esponenziale
della contenzione fisica, meccanica e farmacologica è estremamente
reale. Con i centri diurni chiusi si segnalano frequenti situazioni di crisi all’interno dei nuclei familiari.
A Torino viene segnalato un aumento dei TSO (trattamenti sanitari obbligatori) ma immaginiamo lo stesso stia accadendo anche nelle altre città.
Abbiamo avuto notizia di un operatore
destinato ad interventi ‘domiciliari’ con la ‘direttiva’ di ‘non salire a
casa’. Gli incontri si sono svolti all’aperto con un ‘documento’ che
certificava l’intervento dell’operatore. L’operatore ha anche riferito
di essere stato fermato piu di una volta durante il suo servizio di
intervento domiciliare con l’invito da parte delle forze dell’ordine di
tornare a casa o disperdersi. Non sappiamo ad oggi, con l’aumento delle
restrizioni delle ultime settimane, come stiano procedendo tali
interventi, ma la situazione riferita è comunque di enorme sofferenza.
In alcuni dormitori gli operatori si
rendono disponibili ad uscire per andare al Sert a prendere il metadone e
portarlo in struttura a chi necessita, ma ci viene comunque segnalato
che la popolazione tossicodipendente si trova in grande difficoltà.
Nella seconda settimana di marzo, a
Bologna, operatori ed educatori, addetti a servizi sociali incompatibili
con le ordinanze, sono stati spostati in vari dormitori dell’area per
tenerli aperti un numero maggiore di ore. In una di queste strutture, in
concomitanza dell’imperativo #iorestoacasa, si è verificata una
situazione particolarmente ‘critica’: le persone si sono rifiutate di
uscire e hanno letteralmente ‘occupato’ la struttura a causa di un
ospite portato via la sera prima in ambulanza. Il mattino seguente, gli
ospiti si sono asserragliati all’interno, nonostante fossero obbligati
ad uscire per la chiusura diurna dei dormitori, chiedendo informazioni e
garanzie sulla salute della persona ospedalizzata e sulla loro.
La testimonianza:
“Lavoro in un dormitorio notturno per i senza tetto a Bologna.
Attualmente, vista la situazione d’emergenza, il piano d’accoglienza è stato ampliato a 20 ore giornaliere invece che 12.
Con l’hashtag #iorestoacasa ci troviamo davanti ad un evidente ossimoro:
come fa una persona senza dimora a tornare a casa?
C’è molta paura tra gli ospiti, sono aumentati i casi di violenza fisica e verbale all’interno dei vari centri di accoglienza che per motivi strutturali non possono mantenere le distanze minime per garantire la sicurezza di ospiti ed operatori.
In seguito ad un caso di febbre alta la tensione ha raggiunto un nuovo picco. Il giorno Venerdì 13 Marzo questa persona viene portata in ospedale verso le ore 22 dall’ambulanza (tra l’altro gli infermieri hanno chiesto a noi operatori in prestito il termometro).
La mattina successiva, una decina di ospiti si sono rifiutati di lasciare la struttura se non con prove certe dell’esito negativo del tampone. Di fatto abbiamo assistito ad una prima occupazione.
Sabato 14 la situazione è ancora tesa, non abbiamo risultati chiari dall’ospedale che in realtà arriveranno la mattina del 15 alle 08:30 con esito negativo (in realtà c’è stato comunicato a voce senza nessun riscontro scritto). Nonostante ciò gli ospiti decidono nuovamente di non lasciare la struttura. Ironia della sorte, per strada passa la camionetta della comunale che invita tutti a “stare a casa” (ma a casa dove?). Arrivato il coordinatore della struttura e vista la resistenza degli ospiti, vengono allertate le forze dell’ordine che arrivano poco dopo. Tra urla e minacce uno degli ospiti crolla… non vuole uscire fuori e mettere a rischio la sua salute.
Dopo di ciò il mio turno finisce ed esco dalla struttura.”
Attualmente, vista la situazione d’emergenza, il piano d’accoglienza è stato ampliato a 20 ore giornaliere invece che 12.
Con l’hashtag #iorestoacasa ci troviamo davanti ad un evidente ossimoro:
come fa una persona senza dimora a tornare a casa?
C’è molta paura tra gli ospiti, sono aumentati i casi di violenza fisica e verbale all’interno dei vari centri di accoglienza che per motivi strutturali non possono mantenere le distanze minime per garantire la sicurezza di ospiti ed operatori.
In seguito ad un caso di febbre alta la tensione ha raggiunto un nuovo picco. Il giorno Venerdì 13 Marzo questa persona viene portata in ospedale verso le ore 22 dall’ambulanza (tra l’altro gli infermieri hanno chiesto a noi operatori in prestito il termometro).
La mattina successiva, una decina di ospiti si sono rifiutati di lasciare la struttura se non con prove certe dell’esito negativo del tampone. Di fatto abbiamo assistito ad una prima occupazione.
Sabato 14 la situazione è ancora tesa, non abbiamo risultati chiari dall’ospedale che in realtà arriveranno la mattina del 15 alle 08:30 con esito negativo (in realtà c’è stato comunicato a voce senza nessun riscontro scritto). Nonostante ciò gli ospiti decidono nuovamente di non lasciare la struttura. Ironia della sorte, per strada passa la camionetta della comunale che invita tutti a “stare a casa” (ma a casa dove?). Arrivato il coordinatore della struttura e vista la resistenza degli ospiti, vengono allertate le forze dell’ordine che arrivano poco dopo. Tra urla e minacce uno degli ospiti crolla… non vuole uscire fuori e mettere a rischio la sua salute.
Dopo di ciò il mio turno finisce ed esco dalla struttura.”
Ci siamo chieste quindi, dove dormire? Mangiare? Lavarsi? Trovare assistenza legale e sanitaria a Bologna ora?
L’opuscolo degli avvocati di strada… Dove andare per
Dalle fonti che abbiamo raccolto a
Bologna i servizi a bassa soglia, di prossimità, accoglienza e
riduzione del danno sono aperti. Anche il servizio mobile di sostegno è
attivo.
L’Help Center ha istituito uscite serali dalle 20 alle 24 il lunedì, martedì e mercoledì.
L’Help Center ha istituito uscite serali dalle 20 alle 24 il lunedì, martedì e mercoledì.
L’Unità di strada lavora in modalità
mobile dalle 10 alle 16.30 il lunedì, mercoledì e giovedì, e dalle 16
alle 19 il martedì e venerdì .
Anche in molte province, ci dicono, si
riesce ancora a lavorare in drop-in e unità si strada, ma ci sono
‘molte’ difficoltà per trovare mascherine.
A disposizione per il piano emergenza
freddo ci sono 300 posti, attualmente tutti occupati, siamo a 359 posti,
663 se si considerano anche le parrocchie che mettono a disposizione
ospitalità per il freddo (numeri al 25 marzo).
Il piano freddo per l’emergenza virus è stato prorogato al 30 aprile rispetto alla scadenza tradizionale del 31 marzo.
Per necessità è attivo il servizio mobile che si occupa di attivare canali di sostegno e di individuare eventuali posti liberi -> instrada@piazzagrande.it
Il piano freddo per l’emergenza virus è stato prorogato al 30 aprile rispetto alla scadenza tradizionale del 31 marzo.
Per necessità è attivo il servizio mobile che si occupa di attivare canali di sostegno e di individuare eventuali posti liberi -> instrada@piazzagrande.it
Le persone senza documenti possono
accedere all’accoglienza e ai dormitori ma solo fino al 30 aprile,
giorno in cui è stata prorogata la fine dell’emergenza freddo. Dopo non è
dato sapere. Chi per scelta o per necessità non vuole/riesce ad
accedere a questo tipo di servizi – dormitori e accoglienza – non
sappiamo che ripercussioni potrà avere da questa situazione in cui è
impossibile muoversi e rispondere ai bisogni primari di sopravvivenza.
Da lunedì 16 marzo – in seguito anche a
momenti di tensione in cui gli ospiti hanno rivendicato il rischio
legato alla loro salute – i dormitori sono rimasti aperti tutto il
giorno, chiudendo alcune ore per effettuate le ‘pulizie’. In teoria in
questo tempo gli ospiti avrebbero dovuto raggiungere le mense di
supporto come l’Antoniano, che aveva sospeso il servizio di
colazione/mensa/vestiti ordinario ma manteneva attiva la distribuzione
di sacchetti (asporto) dalle 12:30 alle 13:30.
Dal 27 marzo abbiamo notizia che la consegna dei pasti sia a pranzo che a cena sarà offerta dalla Caritas.
Sono state montate due tenostrutture in via Pallavicini e via del Lazzaretto e altre due tensostrutture verranno montate a Villa Serena e davanti al dormitorio Beltrame perchè le persone trovino un riparo durante gli interventi di pulizia.
Sono state montate due tenostrutture in via Pallavicini e via del Lazzaretto e altre due tensostrutture verranno montate a Villa Serena e davanti al dormitorio Beltrame perchè le persone trovino un riparo durante gli interventi di pulizia.
Crediamo che la situazione sia
paradossale: mentre si è fatto il deserto in città a colpi di decoro,
sgomberi, sfratti e privatizzazioni, ora si montano ‘i tendoni’, una
‘solidarietà’ dal gusto ‘amaro’, quando intere aree dei nostri quartieri
sono state consegnate alla speculazione.
Lo sportello degli avvocati di strada
si è espresso in tema di denunce e sanzioni:”Anche in Emilia-Romagna si
sono registrate multe a carico di senza dimora accusati di violazione
dell’articolo 650 del Codice penale, non avendo rispettato l’obbligo di
restare in casa per contenere la diffusione del coronavirus: una casa,
però, loro non ce l’hanno. Ne parla l’associazione Avvocato di strada:
“Bisogna occuparsi, e in fretta, di chi non ha un tetto sulla testa ed è
costretto a vagare per le città. Diciamo da più di 20 anni che chi vive
in strada ha bisogno di una casa e di una residenza per potersi curare
ma oggi, ai tempi del coronavirus, queste necessità assumono una
drammatica urgenza. Ad aggiungere un carico su una situazione già
paradossale stanno iniziando a fioccare i verbali redatti ai senza
tetto. È gia’ successo a Milano, Modena, Verona, Siena e in tante altre
città. Siamo a lavoro per chiedere le archiviazioni ma intanto
continuiamo a porre la nostra domanda. Come fanno a restare a casa le
persone che una casa non ce l’hanno?”. L’associazione ha rivolto un
appello al Governo, alle Regioni e ai Comuni per chiedere, ad esempio,
di “far cessare immediatamente l’irrogazione di sanzioni alle persone
senza dimora per il solo fatto di trovarsi ‘fuori casa’ senza motivo” e,
inoltre, di “stanziare somme per consentire ai Comuni di fornire un
tetto alle persone senza dimora, utilizzando palestre, capannoni o altri
edifici pubblici o privati”.
Lo sportello ha messo a disposizione una mail per le segnalazioni emergenza@avvocatodistrada.it e un vademecum
per sostenere le persone senza dimora ad orientarsi nell’emergenza dal
punto vista legale, tra il susseguirsi di ordinanze, decreti e moduli
che cambiano di ora in ora. Dal 25 marzo infatti il nuovo Decreto-Legge
trasforma la denuncia penale precedentemente prevista in sanzione
amministrativa (pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000).
L’associazione Sokos – che a Bologna da
quasi trent’anni garantisce assistenza medica gratuita a migranti senza
permesso di soggiorno, a persone senza dimora e a chiunque viva una
condizione di esclusione sociale – fa sapere
che non riesce più a garantire l’attività per l’impossibilità di
reperire sufficienti dispositivi di protezione individuale. Normalmente
l’associazione riusciva a coprire l’assistenza di base e specialistica a
20-30 persone al giorno. Continueranno a ricere i loro medicinali le
persone con patologie croniche già seguite.
Nel frattempo anche al Cas Mattei si inasprisce la situazione, a segnalarlo è il coordinamento migranti:
sovraffollamento e grave rischio sanitario, turni di pulizia
organizzati dai migranti e dalle migranti con mascherine artigianali,
quantità di cibo insufficenti. Un migrante è stato messo in isolamento
in un container: non si sa ancora né come sta nè se sia stato sottoposto
al test tampone per verificare l’eventuale positività al virus.
Rimane gravissima la situazione al carcere della Dozza, – dove il focolaio in atto fa il primo morto – come nel resto di Italia e del mondo.
Cpr e istituzioni totali, aprono uno
squarcio sulle nostre coscienze urlando e ricordando a tuttx lo stato
d’emergenza quotidiano di chi voce non ne ha mai avuta.
Crediamo che questa situazione di crisi
possa essere anche un’opportunità di riappropriazione per tuttx noi, dei
nostri legami e dei nostri bisogni, perchè la crisi economica non
diventi una scusa per ulteriori cancellazione di diritti, vita,
possibilità.
Abbiamo la responsabilità di significare
questo momento con il mutuo-aiuto, con l’auto-organizzazione della
solidarietà e con la lotta!
Non dalle frontiere di cui ci rendiamo
colpevoli ogni giorno, non da chi scappa da guerra e povertà, non dai
barconi che respingiamo, è arrivato questo virus. Questo è un virus coi
documenti e col portafoglio, che ha potuto viaggiare in aereo.
Un’epidemia di queste proporzioni è prima di tutto un fatto sociale e per questo motivo non può che riguardarci tuttx.
Tutta la ‘scienza’, tutto il ‘progresso’,
tutta la tecnologia e il sapere che abbiamo messo insieme, per cui ci
affanniamo ogni giorno, non hanno saputo prevenire questo evento,
avvisarci in tempo del rischio. Ricerca, enti, organizzazioni politche,
accademiche ed economiche, nessuno dei ‘grandi piani’ è stato in grado
in questi anni di segnalare il rischio. Ci sono grandi responsabilità
politiche, economiche, accademiche nel dramma mondiale che stiamo
vivendo.
Il fatto che è che lo Stato non sta
difendendo noi ma difendendo se stesso, e ci sta dicendo che se
l’infrastruttura di sistema (la loro configurazione sociale) per
determinati motivi di allarme rischierà di non reggere (secondo i suoi
criteri produttivo-capitalistici), si potranno avere restrizioni delle
libertà personali, coprifuoco e città militarizzate. L’equilibrio
dipenderà dai rapporti di forza, da cosa subiremo e da cosa riusciremo a
pretendere.
La realtà è che il vero ‘virus’ da
debellare è un sistema economico e un’organizzazione sociale dove gli
interessi delle grandi aziende valgono piu della salute pubblica, delle
vite di lavoratrici e lavoratori, ultime e ultimi.
Non ci stiamo allo ‘stringiamo la cinghia
tuttx insieme’. Non ci stiamo che siamo ‘tuttx sulla stessa barca’ e
chiniamo il capo alla Scienza di Stato che livella e assume il ruolo di
protettrice non di parte a stretto filo con esercito e grandi industrie,
è evidente che questo virus non è uguale per tuttx in un sistema che
mette il profitto prima del bisogno e che ha fatto del bisogno un
profitto. Dove c’è chi accumula grandi capitali e si arrichisce a
scapito di chi non può mangiare.
Il futuro non andrà tutto bene se non ci sarà un cambio di paradigma.
Anche noi condividiamo:
No volveremos a la normalidad porque la normalidad era el problema!
Alcune iniziative utili e di supporto da segnalare, altre arriveranno:
Piattaforma Dont Panic
http://www.bolognatoday.it/cronaca/coronavirus-dont-panic-comunita-lavoro.html
https://dontpanicbo.it/
http://www.bolognatoday.it/cronaca/coronavirus-dont-panic-comunita-lavoro.html
https://dontpanicbo.it/
Info avvocati di strada
https://www.avvocatodistrada.it/covid19-multe-e-denunce-un-vademecum-per-le-persone-senza-dimora/
https://www.avvocatodistrada.it/covid19-multe-e-denunce-un-vademecum-per-le-persone-senza-dimora/
Collettivo antipsichiatrico Artaud – Raccontaci la tua esperienza
https://artaudpisa.noblogs.org/post/2020/03/29/raccontaci-la-tua-esperienza-di-questi-giorni/
https://artaudpisa.noblogs.org/post/2020/03/29/raccontaci-la-tua-esperienza-di-questi-giorni/
Alcuni numeri per il supporto psicologico
https://psicovid19.bedita.net/
https://psicovid19.bedita.net/
#iorestoacasama campagna di Nonunadimeno per rompere l’isolamento
https://nonunadimeno.wordpress.com/2020/03/28/iorestoacasamalotto-tutti-i-giorni-lancio-della-campagna-di-non-una-di-meno/
https://nonunadimeno.wordpress.com/2020/03/28/iorestoacasamalotto-tutti-i-giorni-lancio-della-campagna-di-non-una-di-meno/
Tinder della verza di Campi aperti
https://framaforms.org/tinder-della-verza-un-progetto-di-campi-aperti-1585137025
https://framaforms.org/tinder-della-verza-un-progetto-di-campi-aperti-1585137025
Segnaliamo anche una guida anarchica per sopravvivere al virus https://it.crimethinc.com/2020/03/18/sopravvivere-al-virus-una-guida-anarchica-il-capitalismo-in-crisi-laumento-del-totalitarismo-strategie-di-resistenza
Come collettivo mettiamo a disposizione
il nostro indirizzo mail per dubbi, ascolto, orientamento e supporto,
partendo da ciò che sappiamo, dalle ricerche che teniamo attive, dai
rapporti con le reti di solidarietà che abbiamo, come persone coinvolte
dal momento critico che stiamo vivendo. educazionelibertaria@autistici.org
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