fonte: http://cappellaiomatto.org
e
I Diritti Umani e il contesto
Fin dal 2006, la Convenzione delle
Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UN CRPD), chiede
un cambiamento di paradigma, per rompere con le leggi e gli
atteggiamenti paternalistici nei confronti delle persone con disabilità e
per cambiare rotta verso un sostegno rispettoso del processo
decisionale, basato sulla volontà e le preferenze della persona in
questione. L’invito implicito della Convenzione ONU, per porre fine a
trattamenti psichiatrici obbligatori, è stata esplicitato da diverse
pubblicazioni del Comitato CRPD e in particolare dalle Linee Guida
dell’articolo 14. Le linee guida chiariscono che la detenzione di
persone con disabilità psico-sociali, ai sensi della legislazione
nazionale, sulla base della loro menomazione reale o percepita, e sulla
presunta pericolosità per se stessi e/o ad altri “è discriminatorio e
parificato alla privazione arbitraria della libertà”.[1]
Tuttavia, due organismi delle Nazioni
Unite sono attualmente in conflitto con le norme stabilite dalla CRPD
dell’ONU: il Comitato per i Diritti Umani [2] e il Sottocomitato per la
Prevenzione della Tortura (SPT) nel loro documento “Diritti delle
persone istituzionalizzate e trattate medicalmente senza il consenso
informato”. “Rights of persons institutionalized and medically treated without informed consent”.
Ma il Comitato dei Diritti dell’Uomo ammette che le misure coercitive
sono dannose: “Il Comitato mette in evidenza il danno inerente a
qualsiasi privazione di libertà e anche i danni particolari che possono
derivare da una situazione di ricovero involontario”.[3] Inoltre il
Comitato per i Diritti Umani raccomanda agli Stati membri “di rivedere
le leggi e le pratiche obsolete” e dice che “gli Stati membri dovrebbero
mettere a disposizione adeguati servizi socio-assistenziali di comunità
o alternative per persone con disabilità psico-sociali, al fine di
offrire alternative meno restrittive della segregazione”. Tuttavia,
nonostante ciò, il Comitato per i Diritti Umani riconosce la possibilità
di misure coercitive, a condizione che siano applicate “come misura di
estrema ratio e per il più breve lasso di tempo appropriato, e devono
essere accompagnate da adeguate garanzie procedurali e sostanziali,
stabilite dalla legge”.[4]
Anche l’SPT [Sottocomitato per la
Prevenzione della Tortura] permette il ricovero e il trattamento
sanitario obbligatorio, e vanno anche oltre dicendo che l’abolizione
violerebbe il “diritto alla salute” e il “diritto a essere liberi dalla
tortura e da altri maltrattamenti”. L’SPT afferma ad esempio: “... la
sistemazione in una struttura psichiatrica può essere necessaria per
proteggere il detenuto dalla discriminazione, dall’abuso e dai rischi
per la salute derivanti da una malattia”[5], “La misura [trattamento
senza consenso] deve essere l'ultima risorsa per evitare danni
irreparabili alla vita, all’integrità o alla salute della persona
interessata ...”[6]. Inoltre, l’SPT riconosce le contenzioni come una
misura legittima: “Le contenzioni fisiche o farmacologiche ... devono
essere considerate misure di estrema ratio per motivi di sicurezza”[7], e
consente inoltre “l’isolamento di natura medica”[8].
E’ interessante notare che prima della
pubblicazione dei due documenti menzionati sopra, la relazione tematica
“La tortura in ambito sanitario”, del Relatore Speciale delle Nazioni
Unite sulla tortura e altri trattamenti o punizioni crudeli, inumani o
degradanti (A/HRC/22/53), ha sollecitato il divieto assoluto dei
trattamenti psichiatrici coercitivi, al fine di garantire che le persone
con disabilità psicosociali, intellettive e altre, siano libere dalla
tortura e dai maltrattamenti. Tuttavia, a quanto pare, la sua voce non è
stata sentita, così come altre voci che documentano numerose violazioni
dei diritti umani nelle istituzioni psichiatriche. Una di queste voci è
la relazione del FRA [Agenzia dell'Unione europea per i diritti
fondamentali] pubblicata nel 2012, che rivela il trauma e la paura che
le persone sperimentano, e afferma che “le condizioni estremamente
scadenti, l’assenza di assistenza sanitaria e l’abuso persistente, hanno
provocato la morte di ricoverati nei servizi sanitari
istituzionali”[9].
Pertanto si può vedere che gli argomenti
a favore dell’amministrazione delle misure coercitive sono basati su
motivazioni false perché, come è stato dimostrato da numerose fonti,
comprese le relazioni del CPT e le fonti di cui sopra, le istituzioni
psichiatriche non possono essere considerate in nessun caso un rifugio
sicuro dalla discriminazione, dall’abuso, dalla tortura e dal
maltrattamento. Per quanto concerne le considerazioni e le terapie
mediche, facciamo rilevare quanto segue:
I trattamenti sanitari obbligatori non sono cure
La cura dovrebbe produrre un incremento
del benessere e la guarigione. Benessere - o salute mentale - è un
valore intrinseco molto personale, che non può essere ottenuto mediante
coercizione. Prendersi cura l’uno dell’altro è una delle migliori cose
che le persone possono offrire gli uni agli altri. Al contrario,
interventi psichiatrici coercitivi sono molto traumatici, e provocano
sofferenza e un aumento dei problemi psicosociali. Inoltre fa peggiorare
la situazione, ed è tra le cose peggiori che le persone possono fare
agli altri. C’è un’enorme differenza tra trattamenti obbligatori e cure.
Sono due cose completamente opposte tra loro.
I trattamenti sanitari obbligatori rendono le cure inutili
I trattamenti sanitari obbligatori sono
controproducenti per la salute mentale e la cura, e rappresentano una
“violazione del contatto”. Questo può essere visto da un lato, per
esempio, quando gli infermieri smettono di cercare a comunicare o a
fornire supporto, e ricorrono a interventi coercitivi. Dall’altra può
essere visto nelle incomprensioni e nei traumi che la persona sottoposta
a trattamento sanitario obbligatorio subisce, che disattivano il
contatto significativo. E’ ovvio che un buon contatto e una buona
comunicazione, sono necessari per una buona salute mentale. La fine
della comunicazione, così com’è indotta dagli interventi psichiatrici
obbligatori, è una pratica molto dannosa, che rende impossibile un
contatto significativo e pertanto la cura mentale in sé.
I trattamenti sanitari obbligatori non producono sicurezza.
A causa della sofferenza, l’incremento
di problemi psicosociali, e la mancanza di qualsiasi sostegno per il
recupero causato da interventi psichiatrici coercitivi, i rischi di un
escalation aumentano, e possono tradursi in un cerchio infinito di
conflitto e di escalation, come le nostre esperienze dimostrano.
L’argomento comune adottato “proteggere da danni o lesioni a sé o agli
altri”, non si basa su elementi probatori fattuali, a sostegno di questa
affermazione. Gli interventi psichiatrici obbligatori non producono una
maggiore sicurezza, ma provocano un aumento di crisi, e di conseguenza a
un rischio maggiore di escalation.
Gli interventi psichiatrici obbligatori indicano che c’è un deficit di cura nel campo della salute mentale.
Gli interventi psichiatrici obbligatori
sono più un meccanismo per il (tentato) controllo sociale integrato
all'interno di un sistema sottosviluppato e strutturalmente trascurata
(e abusato dal punto di vista politico) di cura della salute mentale,
che è costruito sui resti orribili del passato, piuttosto che sulle
competenze per sostenere la salute mentale e il benessere. Arretratezza e
finanziamenti insufficienti del sistema di cura della salute mentale,
sono la causa della bassissima priorità politica data alla cura della
salute mentale, che spiega, di conseguenza, il livello estremamente
basso di finanziamenti. E’ impossibile fornire assistenza di qualità
senza un adeguato finanziamento e un’attenzione per gli standard di
qualità. Tuttavia, a causa di uno stigma storico, la cura della salute
mentale rimane impopolare per la società, vale a dire per gli elettori, e
quindi per i politici. In caso di estrema carenza di finanziamenti, la
migliore soluzione possibile per il sistema è quello di mantenere la
calma, fornendo un sacco di farmaci dannosi e in molti casi indesiderati
alle persone isolate e chiamando questo cure mediche. Tuttavia, la vera
e propria cura della salute mentale è possibile quando vengono compiuti
sforzi e forniti fondi sufficienti.
Un mondo di opzioni tra “ultima risorsa” e “nessuna cura”
Molte persone e molti Stati membri non
riescono a vedere al di là di un approccio molto limitato “bianco e
nero”, per quanto riguarda le situazioni di crisi psico-sociali, con
solo due opzioni: o trattamenti obbligatori (tortura), o non fare nulla
(abbandono). Questo semplicemente non rappresenta il quadro nella sua
completezza. Tra questi due estremi, c'è un mondo in gran parte
sconosciuto di opzioni per un vero supporto e una reale cura della
salute mentale, nelle situazioni di crisi psico-sociali, con aspetti
quali: scalaggio [degli psicofarmaci] non aggressivo, la prevenzione
della crisi il più presto possibile, concentrandosi sul contatto e
l’apertura, invece della repressione; costruire la fiducia e il sostegno
reale in crisi e situazioni acute. Gli (ex) utenti e i sopravvissuti
che l’hanno sperimentato, sono nella posizione migliore per essere
coinvolti in questo cambiamento di paradigma.
C’è un urgente bisogno di uno sviluppo reale della cura nella salute mentale.
Purtroppo, per decenni, il vero sviluppo
di buone pratiche terapeutiche è stato minato dalla presenza di
trattamenti obbligatori, che ha permesso agli operatori sanitari di
voltare le spalle alle situazioni di crisi, e lasciare la persona senza
cura vera e propria, repressa e spogliata dalla sua dignità. Questo
dovrebbe avere una fine. Gli interventi psichiatrici obbligatori
costituiscono una gravissima violazione dei diritti umani. Non potranno
mai essere considerati delle terapie e non potranno mai essere
considerati una misura di sicurezza e contro la discriminazione, perché
conducono al suo esatto opposto.
Crediamo nel potenziale creativo di
umanità e nella possibilità di risolvere problemi complicati, quando
vengono fatti gli sforzi appropriati. Ma al fine di allocare le risorse
appropriate e generare abbastanza sforzi creativi, è necessaria una
giusta motivazione. Gli standard della UNCRPD ci dà e dovrebbe dare ai
politici la motivazione per rendersi conto ed affermare pubblicamente,
che lo status quo in psichiatria è del tutto inaccettabile e deve essere
cambiato, per diventare un sistema umano di cura reale.
Le discrepanze tra le raccomandazioni di
cui sopra, anche tra i diversi soggetti della stessa organizzazione
(Nazioni Unite) devono essere eliminati e le disposizioni della CRPD
devono prevalere.
Questa è una sfida, ma se pensiamo e agiamo insieme, è possibile renderla una realtà.
Dobbiamo tenere a mente solo una cosa come base per questo obiettivo:
Il trattamento sanitario obbligatorio costituisce tortura e deve essere proibito!
1) Linee Guida dell’articolo 14 del Comitato CRPD Libertà e sicurezza della persona, III, para.6 (settembre 2015)
2) Commento Generale No.35, para.19 (30 ottobre2014)
3) Ibid.
4) Ibid.
5) SPT, Diritti della persona istituzionalizzata etrattamenti sanitari senza il consenso informato, para.8
6) Id. para.15
7) Id. para. 9
8) Id. para.10
9) European Fundamental Rights Agency: Involuntary placement and involuntary treatment of persons with mental health problems, 2012. Available at: http://fra.europa.eu/sites/default/files/involuntary-placement-and-involuntary-treatment-of-persons-with-mental-health-problems_en.pdf
1) Linee Guida dell’articolo 14 del Comitato CRPD Libertà e sicurezza della persona, III, para.6 (settembre 2015)
2) Commento Generale No.35, para.19 (30 ottobre2014)
3) Ibid.
4) Ibid.
5) SPT, Diritti della persona istituzionalizzata etrattamenti sanitari senza il consenso informato, para.8
6) Id. para.15
7) Id. para. 9
8) Id. para.10
9) European Fundamental Rights Agency: Involuntary placement and involuntary treatment of persons with mental health problems, 2012. Available at: http://fra.europa.eu/sites/default/files/involuntary-placement-and-involuntary-treatment-of-persons-with-mental-health-problems_en.pdf
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