Risposta di un familiare agli psichiatri romani a proposito di Rems e psicopatici
29 dicembre 2015
REMS_PONTECdi Roberto Morsucci (*).
Vorrei iniziare con un consiglio: parlare difficile per darsi un tono
non serve, anzi talvolta si rischia di non fare una gran figura. Parlare
di “nuovi tossici esogeni di abuso” invece che usare il termine
“droghe” è veramente comico. Non è peraltro da escludere che si tratti
di un gesto consapevole. Quando si scrive un testo che contiene termini
tecnici per il 25,5% del totale delle parole usate, e che ha un indice
di leggibilità (Gulpease) di 41, è buona norma inserire ogni tanto una
battuta.
Però, in fondo, si capisce quello che c’è scritto: la struttura delle
REMS può rivelarsi inadatta a gestire individui con gravi disturbi di
personalità, cioè gli psicopatici. Ho usato 18 parole al posto di 2.148.
Cos’è uno psicopatico? Molto correttamente gli Autori ce ne forniscono
una descrizione: “soggetto intollerante alle regole, manipolativo,
proteso ad utilizzare gli altri strumentalmente, spesso freddamente
violento o abusante, mentitore, irrefrenabile, autoritario e
prevaricatore se non addirittura tirannico”.
Così si capisce molto bene. Infatti, se aggiungiamo “utilizzatore finale
di donnine allegre”, allora possiamo affermare senza ombra di dubbio
che, in Italia, almeno uno ce n’è. Buttiamo all’aria tutti gli
ideologismi inutili perché, pensandoci bene, di persone così ne conosco
diverse. Il fatto è che non li ho incontrati nei CSM ma sui luoghi di
lavoro. Diversi dirigenti che ho avuto corrispondono in toto a queste
caratteristiche (chiedo scusa, intendevo dire che hanno questi tratti
personologici). Solo che non sapevo che fossero psicopatici, pensavo che
fossero solo “stronzi”.
Ma quanto sono strane le diagnosi in psichiatria. Se un amministratore
delegato ha queste caratteristiche si parla di un uomo volitivo. Se
invece è un poveraccio ed anche un drogato, allora diventa uno
psicopatico, non curabile con alcun trattamento.
E ancora ci sono altri luoghi dove noi incontriamo gli psicopatici: nei
film, nei telefilm e sui nostri giornali e telegiornali. Ora io non sono
uno psichiatra ma ho fatto il giornalista per diversi anni e vi posso
assicurare che il massimo dell’ambizione per i colleghi della cronaca è
trovare lo psicopatico. O, in altri termini, sbattere il mostro in prima
pagina. E quando non ne trovano, perché non esiste uno psicopatico puro
al 100% (spero ne siano consapevoli anche gli Autori), mettono tutta la
loro abilità nel far coincidere il malcapitato con questa mitica
figura. “Adaequatio rei et intellectus” direbbe Tommaso d’Aquino. O
meglio, la verità sta nell’adeguare la realtà alla sua rappresentazione
linguistica o concettuale. O anche visiva che, per i giornalisti e
quindi per il vasto pubblico, coincide con una serie di personaggi
filmici: dal protagonista di Psyco ad Hannibal Lecter.
Stiamo arrivando al cuore del problema: la diagnosi in psichiatria. La
diagnosi in psichiatria ha una funzione positiva quando viene usata come
primo approccio a un paziente, ha viceversa una funzione negativa
quando si vuole necessariamente inquadrare una persona in una ben
precisa patologia facendole, appunto, coincidere. Gli esseri umani sono
estremamente complessi e si modificano nel tempo. Ridurre una persona a
una diagnosi, soprattutto in psichiatria dove non c’è alcuna certezza
scientifica ma solo evidenze statistiche, significa considerare la
persona al di fuori dei contesti nei quali vive, significa renderla un
oggetto del quale possiamo dire che sia bianco, verde o rosso.
Detto questo nessuno vive su Marte: sappiamo benissimo che esistono pazienti più o meno difficili.
Ma, a mio avviso, dovremmo limitarci a questo.
Permettetemi un’ultima facezia: che gli psicopatici siano ingestibili
non è affatto vero. Nella Germania degli anni ‘30 ci sono riusciti
benissimo arruolandoli nelle SA. Che poi l’esperimento sia fallito non è
colpa loro. Furono i nobili dell’esercito tedesco che non potevano
sopportare di essere equiparati al “canagliume” e che li fecero
sostituire con le SS. Psicopatici anche loro, ma che provenivano da
buone famiglie. Quanto conta la posizione sociale e non solo in
psichiatria.
Torniamo alle cose serie. Ciò che colpisce nello scritto è
l’individuazione di chi sia il responsabile della legge 81. In un primo
momento si afferma che “dobbiamo alle norme europee il superamento di
questa condizione dal momento che l’Unione Europea aveva più volte
ribadito il diritto per i cittadini di un paese ad avere lo stesso
trattamento sanitario”. Poi però si aggiunge che l’attuale governo ha
agito su pressioni esterne (della UE? Ma no, casomai del Comitato Stop
OPG, della Commissione Marino, dei “basagliani” per farla breve) che
agendo attraverso “ideologismi sclerotizzati” non ha previsto nella
legge “strutture ad alta sicurezza”.
Che caduta di Stile miei cari Autori! Ma come scrivete un articolo con
stile colto, dottorale, quasi scientifico e, all’ultimo, ve ne uscite
con una simile contumelia. Potevate limitarvi ad affermare che prima si
sarebbe dovuto studiare, progettare, costruire le Rems, sperimentarne
l’efficacia e quindi ricostruirle da capo e poi forse, fra
trenta/quarant’anni, abolire gli OPG. Tanto che fretta c’è.
Ho vissuto la malattia di mio figlio prima a Roma poi a Trieste. In
quest’ultima città non ho trovato ideologismi sclerotizzati ma solo
buone pratiche, quantomeno incomparabilmente migliori di quelle romane.
Qui le persone vengono curate non solo sulla base dei sintomi che
manifestano ma anche tenendo conto dell’ambiente in cui vivono e,
quindi, progettando percorsi individuali che tengono conto delle
multifattorialità della genesi dei disturbi psichiatrici.
Se il percorso non funziona, se ne sperimentano altri fino a trovare
quel mix che offre i migliori risultati. Cosa ci vedete di ideologico in
tutto questo non so, a me sembra solo un pragmatico buon senso. E i
casi difficili, come quelli di cui si parla nell’articolo, si trattano
investendo più risorse ed energie e, talvolta, creatività. Non sempre ci
si riesce – la perfezione non è di questo mondo – ma almeno ci si
prova.
I problemi posti nell’articolo esistono. In primo luogo sono problemi
legali, e allora si agisca sulla magistratura o sui politici. A nessuno
piace la legge 81. Si tratta di un compromesso che per il momento va
accettato perché sempre di un progresso si tratta. In secondo luogo c’è
il problema dell’opinione pubblica. E allora ci si rivolga ai
giornalisti perché evitino di creare allarme sociale presentando le
notizie con maggiore senso di responsabilità.
Prendersela con chi si impegna per cambiare le cose è un controsenso logico. O, più umanamente, è una forma di invidia.
Ancora un paio di osservazioni. Voi affermate che in ogni singolo modulo
di Rems si troverebbe ad ospitare 3 o 4 psicopatici. In altro punto
dite che sono il 20% della popolazione OPG. Di conseguenza ipotizzate
strutture di 15, 20 persone. Ovvero dei piccoli manicomi giudiziari..
Come pensate di poter curare, contemporaneamente ed efficacemente, tante
persone.Con strutture come la Rems di Pontecorvo (vedi foto)?Basta
vedere un’immagine, di quella “struttura” per 10 donne. Ma a chi è
venuto in mente un progetto così terribile e inumano? E voi psichiatri
romani non avete niente da dire? Ma alla fine lo spiegate: “In Italia la
rete post Rems è affidata allo standard offerto dalla residenzialità
per la gran parte privata”. E già a Roma si fa così. Si mettono le
persone nei peggiori contenitori. Si appalta ai privati. Ci si libera
dal problema e, forse, si guadagna anche qualche cosa.
Ma non sta scritto da nessuna parte che i soldi che lo Stato ha
stanziato per le Rems debbano finire nelle tasche dei privati. Perché
non provate a usarli voi nelle strutture pubbliche che gestite. Nessuno
vi dice come dovete fare le Rems: potete dar sfogo alla vostra
esperienza, professionalità, persino alla creatività. Potreste provare a
risolvere i problemi che avete individuato. Perché non rimboccarvi le
maniche? Ho dato un’occhiata ai vostri curricula su internet e la
risposta mi è venuta naturale: non avete tempo, occupati come siete
nello scrivere articoli, nello svolgere i numerosi incarichi accumulati.
E forse anche nel visitare pazienti a pagamento.
E allora vi do un suggerimento: prendete uno dei vostri collaboratori,
un rompiscatole, uno che “basaglieggia” e affidategli l’incarico di
strutturare le Rems dandogli carta bianca. Se riesce, il merito è
vostro, se fallisce la colpa è dei suoi “ideologismi sclerotizzati”. E’
perfetto, non trovate?
(*) Presidente Ass. familiari “Noiinsieme”, Trieste
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fonte
http://www.news-forumsalutementale.it/gli-ideologismi-sclerotizzati-risposta-di-un-familiare-agli-psichiatri-romani-a-proposito-di-rems-e-psicopatici/
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