“4 dicembre 1998
Loren R. Mosher, dott. in Medicina a Rodrigo Munoz, dott. in Medicina, 
Presidente della American Psychiatric Association (APA)
Caro Rod,
Dopo circa tre decadi che sono socio, con un misto di dispiacere e sollievo 
le invio la presente lettera di dimissioni dalla American Psychiatric 
Association. La ragione principale per questa mia azione è la certezza che con 
ciò mi sto dimettendo anche dalla American
Psychopharmacological Association. 
È una fortunata coincidenza che le due organizzazioni, in verità identiche, 
abbiano anche lo stesso acronimo.
Sfortunatamente infatti, APA riflette, e 
rafforza, a parole e a fatti, la nostra società farmaco-dipendente. E, anche, 
favorisce la guerra dei profitti sui «farmaci».
Pazienti con una «doppia diagnosi» sono infatti un problema per la 
professionalità, ma non per questo noi non prescriviamo medicine sempre «buone». 
Sono «cattivi» farmaci, essenzialmente, solo quelli che non hanno bisogno di 
ricetta. Un marxista osserverebbe
che dato che l’APA è una organizzazione 
capitalista, l’APA adotterà prevalentemente quei farmaci da cui può trarre 
guadagno – diretto o indiretto.
L’appartenere a questo gruppo non fa per me. A questo punto della sua storia, 
secondo me, la psichiatria è stata pressoché completamente comprata dalle 
compagnie farmaceutiche. L’APA non potrebbe continuare senza il supporto di 
incontri, simposi,
riunioni di lavoro, pubblicità sulle riviste 
specializzate, gran giri di pranzi, borse di studio a josa ecc. ecc., fornito 
dalle compagnie farmaceutiche. Gli psichiatri sono diventati i beniamini delle 
campagne promozionali delle compagnie farmaceutiche. 
L’APA, ovviamente, dichiara che la sua indipendenza ed autonomia non sono 
compromesse da questa situazione avviluppante. Una qualunque persona dotata di 
un minimo di senso comune assistendo ai meeting annuali osserverebbe invece che 
le esposizioni dei prodotti delle compagnie farmaceutiche e i «simposi 
sponsorizzati dall’industria» attirano folle di congressisti con le loro varie 
forme di allettamento mentre le sessioni scientifiche sono a malapena seguite. 
L’istruzione psichiatrica subisce ugualmente l’influenza dell’industria 
farmaceutica: la parte più
importante del curriculum dei praticanti è l’arte 
e la quasi scienza di aver a che fare con gli psicofarmaci, cioè lo scrivere 
ricette.
Queste limitazioni psicofarmacologiche al nostro essere medici completi 
limita anche il nostro orizzonte intellettuale. Non più cerchiamo di comprendere 
la persona nella sua interezza e inserita nel suo contesto sociale – piuttosto 
stiamo a riallineare i neurotrasmettitori dei nostri pazienti. Il problema è che 
è molto difficile avere un rapporto di relazione con un neurotrasmettitore - 
qualsiasi sia la sua configurazione. 
Così, la nostra acuta Organizzazione ci fornisce spiegazioni, basate sulla 
sua concezione neurobiologica di fondo, che ci tengono distanti da quei 
conglomerati di molecole che siamo arrivati a definire come pazienti. 
Promuoviamo il largo uso e ci perdoniamo l’abuso di sostanze chimiche tossiche 
nonostante sappiamo che producono seri effetti di lungo periodo – discinesia 
tardiva, demenzia tardiva e preoccupanti sindromi di astinenza.
Ora, dovrei io essere succube delle compagnie farmaceutiche che trattano 
molecole nelle loro formulazioni? No, grazie tante. Mi dispiace che dopo essere 
stato psichiatra per 35 anni debba decidere di dissociarmi da questa 
Associazione. Ma essa non rappresenta affatto il mio interesse. Non sono capace 
di ottenere niente dall’attuale modello riduzionista medico-biologico 
strombazzato dalla ledership psichiatrica che ancora una volta ci sposa alla 
medicina somatica. Qui si tratta di moda, politica e, in quanto connessione con 
l’industria farmaceutica, soldi.