lunedì 14 gennaio 2019

Storie Di Ordinaria Quotidianitá

Riceviamo e pubblichiamo.
Un testo ricevuto in forma anonima su un ordinario abuso di potere e coatti Trattamenti Sanitari Obbligatori contro chi non si allinea alla pacificazione passiva della societá e si ribella subendone tutte le conseguenze giuridiche e psichiatriche.

Al Giudice del Tribunale di StranaLanda
dr.ssa Stacippa per il procedimento penale 666999/2766 P.R.R.R. nel quale il sottoscritto Dott. Nessunx è imputato
Ci sono momenti della vita in cui ti girano le balle.
Ci sono persone a cui le balle girano tutta la vita, per svariati motivi che non voglio elencare.
Quest’ultima categoria di persone fa uno sforzo quotidiano: supera apparentemente il proprio malessere interiore per far quadrare la coinvivenza necessaria a una discreta socialitá   o meglio chiamamola socializzazione in una societá che non si sono scelti ma che gli é stata calzata a forza nonostante gli andasse scomoda, se non proprio stretta. E questo in Generale.
Capita poi che nel Particolare all’improvviso tutto giri storto: - Ti muore l’ultima nonna, con cui sei cresciuto, e tu sei via. - Una delle tue sorelle sposa e fa un figlio (fantastico) con un perfetto mentecatto. - I genitori cominciano ad accusare i primi malanni. - Il lavoro é sempre precario e stare in bolletta é una condizione piú che un’eccezione. - Un pó di amici si perdono per strada, altre volte sei tu a voltare l’angolo. - Il tuo migliore amico muore trinciato da una lancha (una barchetta) durante la sua giornata libera a lavoro e tu saresti dovuto essere li ...ma non ci sei… perché arriva a trovarti da Vatussis a Ponchos la tua compagna e in quei giorni eri con lei invece di essere con lui… - Vivi a cavallo tra due continenti e i tuoi affetti sono lontani. - Torni indietro e risulta che li senti ancora piú lontani nonostante ce li abbia vicini.

Ma tralasciando i sensi di colpa e l’insofferenza…
- Decidi di tornare a StranaLanda per intraprendere un percorso condiviso con la tua compagna di avventure. Proprio a StranaLanda la cittá dove hai giá vissuto 10 anni e che eviteresti ad occhi chiusi. Ebbene al cuor non si comanda e decidi di prendere una stanza nella cittá quasi piu cara di Stivalia, tu che hai in tasca poche centinaia di pesos ponchiani. - Ti accolli qualsiasi lavoretto per sopravvivere e dare slancio ai tuoi nuovi progetti: giardiniere, barista, cameriere, selezionatore di frutta in GiletSia… - Poi finalmente nell’ Ottobre 2765 prendi casa a StranaLanda, con la compagna di cui sopra e, dopo due settimane, lei parte per un progetto umanitario in Sloviats, da cui tornerá sei mesi dopo. - Dopo un paio di mesi ci separiamo in brutto modo e intanto incontro una ragazza che mi fará innamorare e dannare perdutamente.
Questa parte di sfighe concatenate le elenco non per fare pena, ma per far presente il contesto appena precedente i fatti per cui vengo giudicato in questo processo, terzo e ultimo di una serie di tre.
Le settimane precedenti i fatti per cui vengo accusato, avevo grossi problemi d’insonnia che hanno alterato considerevolmente il mio stato nervoso ed emotivo. Litigavo con tutti ed ero veramente intrattabile, vedevo tutto nero e probabilmente le energie negative ne richiamano altre, entrando in un sedizioso vortice senza uscita.
Diciamo che quella calma che ti fa trattenere il malessere era andata a farsi… benedire per dirla bene in sede processuale.
Solo per accennare al giorno precedente i fatti, nel tardo pomeriggio sono stato tamponato con l’auto di mio padre che guidavo a StranaLanda. La stessa notte durante un fermo di polizia a Piazza dell’Umanitá mi viene ritirata la patente perché considerata scolorita (va detto che era il documento che presentavo per ogni necessitá e non erano mai stati riscontrati problemi) e mi viene rilasciato un foglio sostitutivo valido per 24h.
La mattina successiva, il 9 carzio 2766, verso le 09.00 mi reco al comando della Polizia Municipale di Via Lestofanti per chiedere spiegazioni sulla mia patente. Incontro l’agente MettaCop che probabilmente é di quelli a cui girano le balle come dicevo all’inizio e, dopo un brevissimo scambio di battute, finiamo per litigare sul come era parcheggiata male la mia auto. Si alzano immediatamente i toni e io decido di uscire per spostare la macchina qualche metro piú in lá mentre l’agente continuava a sbraitarmi contro chiedendomi i documenti.
Sono le 09.00 e quello é stato il mio risveglio, un agente che ti grida contro e tu che di rimando gli rispondi a modo suo. Anche quella notte avevo dormito al massimo due ore con il chiodino di recuperare la mia patente al piú presto, visto che mi era necessaria per un corso che seguivo fuori StranaLanda. Rispondo male all’agente MettaCop e faccio per spostare l’auto quando mi sento frantumare il lunotto posteriore mentre facevo retromarcia. Ho visto chiaramente dallo specchietto retrovisore il pugno dell’agente scagliarsi contro il vetro mentre retrocedevo lentamente. Da quell’episodio é scaturito un parapiglia che é giá argomentato nelle carte processuali delle puntate precedenti.
Tengo a precisare che a tutti puó capitare di avere giornate storte e di discutere con uno sconosciuto, che i toni si alzino e che in taluni casi si venga addirittura alle mani. Ma in quel caso avevo di fronte un agente della municipale, uno che sulla carta é al suo posto per far rispettare l’ordine e per pacificare momenti di tensione, insomma uno che é pagato dai cittadini per mantenere la calma e a cui non é consentito abusare del suo ruolo nel caso in cui gli girino le balle. Non ricordo esattamente i dettagli ne quello che ci siamo detti ma ho stampata nella mente la sua faccia da cane rabbioso quasi schiumante.
Nel caso di un comune cittadino probabilmente gli sarei saltato addosso, invece sono sceso urlandogli cosa stesse facendo e nel giro di pochi minuti mi sono trovato circondato da diversi agenti della municipale, che cercavano di calmarmi inutilmente. Non riuscendoci a parole é intervenuto un altro agente che ha cercato di placarmi con la sua enorme mole, ma ero come indiavolato e mi divincolavo per essere lasciato stare. Continuavano a chiedermi i documenti e io mi rifiutavo di darglieli, adducendo che avevo chiamato la Polizia e che una volta arrivati ad accertarsi di quello che era successo li avrei dati a loro. Ma il secondo agente continuava a volermi braccare e io continuavo a difendermi come potevo attendendo l’arrivo dei poliziotti. Nel mentre arrivava Mario, un conoscente che capita la situazione ha provato a fare da paciere.
Dopo un bel pó arriva in loco la Polizia a cui do i documenti e provo a spiegare la situazione. Ma ero molto agitato e a un certo punto vengo ammanettato e portato in caserma dalla Polizia Municipale. Passo lí un pomeriggio orrendo, chiuso in una cella minuscola, impossibilitato ad andare in bagno, a fumare, pregando per dell’acqua e per qualcosa da mangiare che non avesse carne e fosse piú nutriente di un pacchetto di crackers. Non riuscivo a mettermi in contatto col mio avvocato, Egidio Amaro, che era fuori cittá e solo nel tardo pomeriggio arrivó un suo collega che mi coinvinse a stare buono, dare le impronte digitali e mi spiegó che sarei stato portato in casa di amici, in vista del processo in direttissima del giorno successivo.
Verso sera vengo portato a casa di persone conosciute, assolutamente non amici, e mi ritrovo in una situazione surreale, con persone giovanissime (matricole al primo anno d’universitá) che non avevano idea di cosa fosse successo, né del mio stato d'ipernervosismo. Guardiamo un film, beviamo un paio di birre come se nulla fosse e io che vorrei fare due passi da solo, all’aria aperta dopo la giornata passata, sono costretto a stare li, come agli arresti domiciliari. Arriva anche la mia compagna d’allora e finiamo per litigare come matti…
Morale della favola prendo sonno all’alba e dopo un paio d’ore arrivano altri agenti della municipale a casa, dicendomi che dovevo essere portato in Tribunale. Non essendo in condizione psicofisica provo a ritardare le cose ma vengo ammanettato ancora e fatto entrare a forza nella volante. La mia reazione é stata specchio del mio stato d’animo: rabbia. In quel frangente ho preso a pugni la plastica che mi divideva dagli agenti danneggiandola mentre gli dicevo di ogni. Sicuramente ho sbagliato e in condizioni di tranquillitá avrei reagito diversamente, preso le cose per come erano, assumendo le mie responsabilitá e le conseguenze dei miei atti.
Ma io, che ho un profondo senso della Giustizia da un punto di vista etico e non giuridico, ero e sono convinto di aver ragione, di aver subito un enorme abuso di potere da parte dell’agente MettaCop e nulla mi avrebbe potuto convincere del contrario.
Quello che é successo in Tribunale é riportato nei verbali del primo processo e la Giudice, essendo la stessa, immagino che non fará fatica a ricordare l’assurdo di quella mattina1.
Da quel giorno la mia rabbia repressa é diventata odio, la mia calma apparente si é trasformata in aggressivitá, la mia stanchezza e insonnia in adrenalina pura, insomma ero fuori di me, in preda a una forte psicosi e senso d'insofferenza verso tutto e tutti.
Qualche giorno dopo il processo sono stato fermato a Fresa mentre facevo il viaggio verso la mia residenza. Senza scendere nei dettagli, inutili in questa sede, sono stato braccato e sedato, ed ho subito una settimana di TSO. Riportato a casa ho assolutamente rifiutato la terapia di psicofarmaci consigliata dai medici fresiani e questo ha scatenato nuovamente il vaso di Pandora.
Dopo appena una settimana dal primo ho subito un altro TSO a S.Tiberio (MAH), questa volta della durata di due settimane. 1 La mattina del 10 carzio 2766 ho subito il processo in direttissima. La seduta é stata ripetuta sabotata dal sottoscritto tra pernacchie, battutine, sputi e anche di peggio...risultato un foglio di via da StranaLanda, durato fino alla sentenza di qualche mese dopo. La Giudice presente la mattina del 10 in aula, sará la stessa che giudicherá il terzo processo del 9 Mammaio 2769di cui tratta questa carta.
Uscito dalla clinica ero ridotto a uno zombie, tutte le principali facoltá di un essere umano ridotte a zero, totalmente dipendente da chi si prendeva cura di me e totalmente estraniato dal mondo che mi circondava. Ero come in una bolla, indifeso come un cucciolo d’uomo, con l’orgoglio ferito e un mare di cicatrici emotive.
In quello stato di estranietá ho presieduto alla seconda udienza del primo processo, come una fiera sedata, un animale chiuso allo zoo senza via di scampo, un cervellotico che ha perso le parole per esprimere tutti i suoi pensieri.
Io sono un tipo abbastanza silenzioso, non amo parlare e tantomeno di cose cosi delicate quando non conosco l’auditorio. Nella vita ho sempre preferito scrivere, in maniera cruda e sincera, senza ghirigori né giri di parole, come sono IO. Ed é per questo che ho deciso di mandare questa carta in cui spiego il mio punto di vista, senza sprecare tempo e denaro davanti un’istituzione che non riconosco e un potere di giudicare che non é sopra le parti, visto che da una delle due ci sono degli agenti e dall’altra un povero idealista, ritenuto IL MALFATTORE.
Tornare a riappropriarmi di me stesso é stato un processo lungo e difficile, ci sono voluti quasi due anni di down emotivo (qualcuno la chiamerebbe depressione) ma ho ripreso in mano la mia vita. Di questo non devo ringraziare altri se non la mia famiglia che mi é stata pazientemente al fianco e mi ha spronato a ricominciare da dove avevo interrotto. Cosí dallo scorso crudembre ho preso un cane che sto addestrando, ho ripreso a lavorare come giardiniere e fare dei corsi lagati alla cagnofilia. A inizio cottombre reinizieró il corso interrotto a StranaLanda quasi tre anni fa e vissero tutti felici e contenti. Cosi si dice.
Questa carta non é una dichiarazione come la si intenderebbe in un processo comune, troppe volte sarei uscito dalle righe del discorso, sarei stato offensivo o avrei parlato di accadimenti che non riguardano direttamente i fatti per cui sono giudicato.
Un processo penale cala dall’alto come se fosse IL POTERE DIVINO DI GIUDICARE, non tiene conto di molteplici cose, sfaccettature e processi di causa/effetto che stanno dietro il mero delitto contestato. IL DELITTO é preso fuori dal suo contesto umano, come se fosse un oggetto a sé stante che puó essere afferrato, osservato, studiato e infine GIUDICATO.
Scusate ma io non sono daccordo.
Questa carta é quindi rivolta a persone e non giudici e per questo ho scelto un linguaggio informale ma sincero, perché “parlo come mangio” come dicono dalle mie parti a MAHgnoli. Alle formalitá e linguaggio forbito delego la mia avv. Gina Piccina.
Grazie della pazienza e buona giornata.
Sign.Nessunx.

Nessun commento: