mercoledì 28 dicembre 2016

Paolo Algranati "Voci dal silenzio - diario di uno psichiatra anomalo" edit. Eléuthera




E' la cronaca 1981 - 1998 dell'apertura, della restituzione di responsabilità individuali, e infine svuotamento, di un reparto del Manicomio di Roma

Questo è senz'altro un libro che gli attuali psichiatri, magari magari anche quelli detentori di cattedra universitaria, nonché il collaterale personale dei sedicenti 'servizi di salute mentale', dovrebbero leggere e rileggere - ammesso e non concesso che un testa di casso ben convinto della superiorità -e comodità - della propria cassosità, possa capire come si fa a non essere testa di casso. (in ogni caso chi scrive questa segnalazione ritiene che è proprio il ruolo di psichiatra, il mestiere in sé, fondato su presunzione vana non seria non autentica medica, ma tesa a mantenere la tradizione la paga il prestigio il ruolo, che fa il danno; tanto più se il personale coadiuvante gioca simultaneamente lo stesso gioco scaricabarile e scansaproblemi di 'solo i miei compiti' e 'non voglio rogne' ..)
E' la storia negli anni - dal 1981 al 1998 - di come gli internati di uno dei reparti del Manicomio di Roma, sono stati progressivamente 'resi liberi'; di come cioè si è svolta nel concreto l'operazione basagliana di apertura e svuotamento del reparto, con sistemazione curata fuori di tutti i 'pazienti' uno per uno.
Progressivamente si è passati dalla situazione di tutti inchiavardati a ruoli mimica pantomime fissi totalmente subordinati senza diritti e senza voce, inchiavardati alla routine giornaliera sotto una gerarchia di infermieri di fatto solo secondini - una suora caposala direttrice pluridecennale forse faceva la cresta sui farmaci degna di un film a tinte cupe,
a una situazione di rottura della routine di reparto e dei ruoli fissi, con gli infermieri e gli operatori delle pulizie, e anche i medici, che non tengono più le distanze dai 'malati', anzi ci parlano spesso alla pari.
incominciando da: se dare gocce di serenase o discorrerci per due ore, che si dimostra altrettanto risolutivo (pag. 42),
sorgono discussioni a più voci sugli argomenti e problemi più importanti, come su pericolosità, incomprensibilità, inguaribilità, non considerati astrattamente ma di fronte alla realtà di tre pazienti corrispondenti (a pag 106 e seg) ,
sottolineamo che in questo percorso le terapie farmacologiche sono assai ridotte: più della metà dei pazienti NON ASSUMONO ALCUNA TERAPIA, per gli altri ... (pag. 158 e seg.)
è discusso perché c'è cronicizzazione e come riabilitare (pag.161)
si trova che nei nuovi servizi di salute mentale (anni 1996 -97), che dovrebbero dare una mano per alcuni dei dismessi, ci sono invece "Meccanismi disabilitanti" della persona del tutto analoghi a quelli del vecchio manicomio, molto spesso questi nuovi servizi danno un apporto decisamente negativo (pag. 182)
infine una analisi di cosa è comunità (pag. 184).
e, 1998, tutti sistemati fuori e manicomio chiuso.
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L'autore, lo psichiatra Paolo Agranati, nato a Roma nel 1954,



è il responsabile che entrato giovanissimo nel reparto in questione, nel 1981 a soli 27 anni, si appassiona dirige lotta per tutta l'operazione fino alla chiusura 1998. Si autodefinisce "psichiatra anomalo" e effettivamente da come agisce e ragiona è all'estremo limite della psichiatria basagliana. Prossimo se non quasi raggiungente, nel suo limitare al massimo i mezzi medici aumentando invece la sensibilità umana, l'antipsichiatria vera, quella che nega decisamente la psichiatria stessa, cioè Laing, Cooper, il nostro Giorgio Antonucci, l'ultimo Loren Mosher.

fonte: http://www.nopazzia.it

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