martedì 20 maggio 2014

Le guerrigliere dell'estinzione ontologica: donne, folli, animali



Riceviamo e pubblichiamo con orgoglio l'articolo del nostro amico luminare milanese Peppus del Kalashnikov Collective che ci regala questo articolo inedito da inserire sul blog:

Gli spari di Valerie Solanas ad Andy Warhol ed al suo staff rappresentano lo sbocco sanguinario quanto ingenuo di un pensiero critico sottesamente lucido. La più estrema delle militanti lesbo-femministe, che nel suo deflagrante “Manifesto per la distruzione del maschio” del 1967 aveva proclamato la necessità di eliminare il sesso maschile (facendo coincidere l'appropriazione da parte della donna dei  processi riproduttivi con la possibilità di porre in essere un salvifico annichilimento eugenetico dell'uomo,conditio sine qua non di una trionfante rigenerazione anarchica dell'identità femminile) non era riuscita a cogliere come l'annientamento delle identità di genere coincida con il loro svuotamento ontologico. La geniale pensatrice-terrorista, che pagò la propria visione non omologata con tre anni di ospedale psichiatrico giudiziario, non poteva conoscere una rivelatoria sentenza dell'autrice de “Il corpo lesbico”,Monique Wittig: “Non vi è nulla di ontologico nel concetto di differenza”,essendo vero che le identità di genere( da intendersi per Wittig quali inclusive del sesso biologicamente definito, colto illusoriamente di norma quale incontestabile dato naturale) vanno riconosciute  come fittizie e distrutte nell'ottica di una estinzione del binarismo uomo-donna, attraverso il sabotaggio concettuale e sociale del primo dei due termini ad opera delle soggettività che osino radicalmente sottrarsi all'identificazione col secondo. E' tuttavia l'accusa di malattia mentale mossa nei confronti di Valerie Solanas a fornirci una profonda delucidazione su come i processi di vanimento dell'identità di genere vadano radicalmente perseguiti:al riguardo è opportuno interrogare l'ottica anti-psichiatrica nella sua capacità di mettere a fuoco le intersezioni tra lo stigma sessista e lo stigma psichiatrico non dimenticandoci la più profonda e strutturale stigmatizzazione posta in essere dalla nostra civiltà,da leggersi quale correlata e funzionale alle due precedenti, quella specista. La seconda e la terza modalità citate dello stigma agiscono come grandi cornici del nostro ordine sociale, costituendo lo strumento strategico dell'espulsione di una moltitudine di soggetti(folli e animali) dallo spazio dell'ordinarietà giuridica onde recluderli nelle terre di confine di una giurisdizione d'eccezione(i folli) o di un radicale svuotamento di diritti(gli animali), nell'ottica di un rapporto con essi orientato all'oggettivazione conoscitiva( psicopatologica o zoologica) da parte di una soggettività (antropica e raziocinante) la quale definisce la sua normalità proprio in sottesa relazione con le diversità che esclude. Le due finzioni della follia e dell' animalità presidiano i confini della società Straight, la quale le utilizza per determinare e stigmatizzare i vari gradi di eccedenza degli individui dalla declinazione dominante della soggettività,il maschio umano, eterosessuale e raziocinante: è infatti palese l' importanza strutturale, nella costruzione patriarcale della Donna,della sua caratterizzazione nei termini della prevalenza istintuale,che la accosta da un lato alla follia tramite lo stigma, attivo in particolare contro le femministe, della donna “isterica” e “delirante” e, dall'altro più radicalmente alla sfera animale. D'altro canto la società Straight ha dimostrato negli ultimi decenni di   dar luogo a percorsi di emancipazione delle minoranze i quali, strutturandosi nell'assenza di una puntuale revisione dello stigma psichiatrico e specista ,vengono a configurarsi in realtà quali processi orientati all' assimilazione delle   identità socialmente squalificate, normalizzandole il più possibile nel quadro dei modelli identitari dominanti: antropici, maschili e raziocinanti. “Siamo fieri di avere praticamente abolito i nostri pregiudizi sulle differenze tra uomini e donne o tra bianchi e neri. Ma siamo ancora più fieri di aver creato un complesso di credenze psichiatriche relative alla differenza tra la natura neuroanatomica e neurofisiologica del sano e quella dell'insano, del sano di mente e del malato di mente”, come scrive ne “Il mito della malattia mentale” Thomas Szasz, uno dei massimi critici della psichiatria:l'unica via controffensiva praticabile per il femminismo contemporaneo è  lo svuotamento ontologico dei concetti sessuali, psicopatologici e zoologici, aprendo una battaglia de-naturalizzatrice che ne mostri il carattere fittizio e ne saboti l'implacabile gioco esclusorio, verso il vanimento della Straight Society nell'abissale,oscura vertigine di una soggettività senza più nome.
 

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