Negli OPG si viene internati a
seguito dell’applicazione della legge 222 del codice penale che dice in
breve : “Nel caso di proscioglimento per infermità psichica è sempre
ordinato il ricovero dell’imputato in un ospedale psichiatrico
giudiziario per un tempo non inferiore a due anni.” Nella maggior parte
dei casi questi due anni si prorogano all’infinito trasformandosi in un
vero e proprio ergastolo bianco. Questa procedura che è oramai una sorta
di routine non è nient’altro che lo strascico del vecchio codice Rocco
del 1930, in cui il folle era considerato incurabile, pericoloso,
irresponsabile e quindi da isolare dalla società e da rinchiudere per
sempre in una istituzione manicomiale. Oggi giorno questo concetto è
ampiamente superato per una migliore conoscenza delle patologie
psichiatriche, ed anche da una efficace farmacologia in grado di ridare
al malato una responsabilità, una capacità critica e di giudizio e un
comportamento adeguato alle circostanze. Tuttavia l’Italia è rimasta
oggi in Europa l’unica nazione dove alla diagnosi di vizio totale o
parziale di mente dell’imputato, al momento in cui ha commesso il
delitto, il reo rimanga ancora in un ambito penale. Negli scantinati
della società, quali possono essere gli OPG, la bonifica psicofisica del
recluso ammalato è soltanto un’ ipotesi legislativa che non trova alcun
riscontro obiettivo nella realtà. Non sono gli orfanotrofi, le case di
rieducazione, gli ospizi per anziani o le carceri il traguardo
dell’esclusione, ma bensì i cari e vecchi “ manicomi criminali “, veri
luoghi di degradazione umana, dove la violenza dell’uomo sull’uomo tocca
vertici abissali.
Da “GLI INTERNAUTI”, Franco Guardascione
Franco Guardascione
è un fotografo di reportage. È napoletano d’origine, e da anni vive e
lavora a poche decine di km da Firenze. A metà degli anni Ottanta fu un
tragico episodio familiare a farlo scontrare con la realtà delle
malattie mentali e a fargli conoscere i luoghi all’interno dei quali le
patologie manicomiali venivano “curate”, luoghi che avrebbero accolto il
fratello maggiore.
Il libro fotografico “Gli esclusi”, di Luciano D’Alessandro, che negli
anni Settanta spalleggiò la legge Basaglia per la chiusura dei manicomi
fu per Franco una folgorazione, e l’input alla realizzazione di un
progetto personale che da quel tema partisse.
Nel 2008 Guardascione ha dato il via ad “Internauti”:
quattro anni trascorsi ad ottenere i permessi necessari, l’hanno portato
all’interno dei sei ospedali psichiatrici giudiziari d’Italia.
Castiglione delle Stiviere, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Aversa,
Napoli e Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). Il risultato è un corposo
reportage: un avvicinamento lento e progressivo verso i protagonisti di
questi spazi, gli uomini e i luoghi che si sono vissuti l’un l’altro.
Guardascione, ancora, scrive:
“In
ogni OPG in cui sono entrato ho sempre percepito la sensazione che le
mura, scrostate e malandate, urlassero silenziosamente il dolore
assorbito negli anni dalle persone che vi avevano soggiornato
all’interno. Ho avuto lunghe ore di dialogo con tanti internati, parole
che mi svuotavano, demolivano certezze arricchendomi con altre, ignote
fino a quel momento e tornavo a casa stanco e commosso.
Le foto sono venute fuori naturalmente, senza forzature e senza far subire stress ai
soggetti. Ho ascoltato tante storie,
toccanti, ingiuste e strazianti, ed ho capito che in questi istituti non
vi sono rinchiusi dei mostri come l’opinione pubblica ne è perlopiù
convinta, ma persone sfortunate, con pesi così grandi da esserne
schiacciati e sommersi così profondamente da scomparire dalla società,
che per pura comodità, sigilla il tutto dietro tre mandate di
chiavistello rugginoso.”
Da “GLI INTERNAUTI”, Franco Guardascione
Di fondo, nella drammaticità di alcuni di questi scatti, vi si legge
un costante rispetto per le tragedie umane e personali delle quali il
fotografo è al cospetto.
In ogni istituto risiedevano circa 150-200 detenuti, la maggior parte
dei quali macchiati di reati lievi o banali. Malati psichiatrici, i più
di loro con alle spalle piccoli reati. Ma che la società non è in grado
di tutelare, di proteggere, nemmeno da loro stessi, per i quali, fino ad
ora, non si è tentata un’integrazione, in quel mondo che tende ad
escludere i più fragili, quanto piuttosto un progressivo allontanamento
da
essa, rendendo queste persone dei reclusi, respinti, ignorati, sedati.
LA VIDEOINSTALLAZIONE
Dal reportage “OPG” è nata, grazie alla collaborazione di Guardascione con il fotografo Marco Dal Maso, la videoinstallazione “GLI INTERNAUTI”,
un’opera per certi versi “partecipativa”, che proietta lo spettatore
letteralmente all’interno del lavoro fotografico. Un progetto pensato
“uno a uno”, per una visione intima e personale. E’ uno spazio cubico,
di dimensioni limitate, che ricorda le celle dei vecchi manicomi, ad
ospitare la proiezione senza soluzione di continuità delle immagini che
compongono il progetto. Un tentativo di entrare negli spazi, vivere i
luoghi, immedesimarsi con lo straniamento dei suoi abitanti,
empaticamente,
drammaticamente sentire la tensione che è sottolineata, evidenziata, dal
suono greve, dal rumore invadente, costante, che non accompagna
solamente la visione, ma la amplifica. In allegato un breve esaustivo
estratto del video che andrà a comporre l’installazione.
La videoinstallazione sarà visibile al pubblico. A breve verranno comunicate le date e i luoghi dell’esposizione.
Qui l’
articolo apparso su IL FATTO QUOTIDIANO in merito al progetto.
Trailer de “GLI INTERNAUTI”
Fotografia Franco Guardascione
Montaggio video, contenuti audio Marco Dal Maso
Progetto espositivo a cura di Petra Cason
fonte : www.olivarescut.it