Di seguito una parte del documento diffuso dalla Rete Antipsichiatrica:
Il Manicomio Criminale come principale
istituzione per l’esecuzione delle misure di sicurezza è stato
introdotto nel 1876. Nel 1891 viene ridenominato Manicomio Giudiziario,
pur rimanendo sostanzialmente invariato. Nel 1975, con la Legge n. 354,
il Manicomio Giudiziario viene ridenominato Ospedale Psichiatrico
Giudiziario (OPG), pur rimanendo sostanzialmente invariato come
principale istituzione per l’esecuzione delle misure di sicurezza. In
tutti questi anni, mentre l’OPG è rimasto cristallizzato nella sua forma
fascista, con la legge 180/1978 gli Ospedali Psichiatrici vengono
lentamente smantellati e sostituiti da una serie di istituzioni
(ospedali, case famiglia, comunità, ecc.) ed il ricovero coatto viene
regolamentato e ridefinito come Trattamento Sanitario Obbligatorio in
reparto psichiatrico.
Allo stesso modo le carceri vengono
formalmente coinvolte in un processo di apertura, che paradossalmente
conduce ad un allargamento della popolazione carceraria tramite un più
ampio e capillare sistema di controllo esterno al carcere. Con la legge
Gozzini le carceri si aprono alla società e si instaurano una serie di
misure alternative all’internamento.
Attualmente in Italia gli OPG presenti
sono sei e si trovano ad Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto,
Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Castiglione delle Stiviere. Ad
oggi, in questi veri e propri manicomi criminali, ci sono rinchiuse
circa 850 persone.
Entrando nello specifico, il Decreto prevede l’eliminazione del cosiddetto
ergastolo bianco,
che consiste nell’indeterminatezza della durata dell’internamento.Nelle
future REMS la durata della misura di sicurezza non potrà essere
superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo
reato compiuto: ci preoccupiamo, pertanto, del fatto che le persone che
hanno già scontato in OPG tale pena non finiscano nelle REMS, ma vengano
liberati subito e senza condizioni.Tuttavia la legge prevede, al
momento della dimissione dagli OPG, percorsi e programmi
terapeutico-riabilitativi individuali, predisposti dalle regioni
attraverso i dipartimenti e i servizi di salute mentale delle proprie
ASL.
Alla fine di tale percorso, qualora
venga riscontrata una persistente pericolosità sociale, è comunque
prevista la continuazione delle esecuzione della misura di sicurezza
nelle REMS.
Tradotto significa l’inizio di un
processo di reinserimento sociale infinito, promesso ma mai raggiunto,
legato indissolubilmente a pratiche e sentieri coercitivi, obbligatori,
contenitivi.
Noi crediamo, invece, nel bisogno e
nella costituzione di reti sociali autogestite e di spazi sociali
autonomi, in grado di garantire un sostegno materiale, una casa senza
compromessi di invalidità, nonché un reddito e un lavoro non gestiti dai
servizi socio-sanitari, bensì autonomamente dal soggetto.
Una rete in grado di riesumare e
coltivare quel legame unico, antispecialistico e non orientato a una
cura protocollare che, in nome della scienza, non lascia spazio
all’uomo.
Chiudere i manicomi criminali senza
cambiare la legge che li sostiene vuol dire creare nuove strutture,
forse più accoglienti, ma all’interno delle quali finirebbero sempre
rinchiuse persone giudicate incapaci d’ intendere e volere.
La questione, insomma, non può essere
risolta con un tratto di penna, non è sufficiente stabilire che quello
che è stato non deve più essere, e pensare che il problema si risolva da
sé. È vero che per troppo tempo gli Opg sono stati un territorio
dimenticato in cui ogni dignità e diritto sono annullatati ma ci sono da
più di un secolo e mezzo e la legge che gli regola è del 1904.
Questa nuova legge , però, non soddisfa
l’idea di un superamento di un sistema aberrante e coercitivo, infatti
permangono misure di contenzione svilenti per l’individuo e trattamenti
farmacologici troppo debilitanti e depersonalizzanti per poter essere
definiti positivi per la persona.
Uno concreto percorso di
superamento delle istituzioni totali passa necessariamente da uno
sviluppo di una cultura non segregazionista, largamente diffusa, capace
di praticare principi di libertà di solidarietà e di valorizzazione
delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti
della psichiatria.
TRATTO DA: www.radioblackout.org