dal Collettivo Artaud:
Riceviamo e pubblichiamo questo scritto su come i reclusi in una residenza psichiatrica ad alta protezione trascorrono le giornate. Sotto il link dove potete trovare il racconto con i disegni.
UN GIORNO TIPO NELLA RESIDENZA PSICHIATRICA AD ALTA PROTEZIONE. “CURA”, O “CONTENIMENTO”?
Come sono trascorse le giornate dai detenuti in una residenza psichiatrica ad alta protezione? E’ presto detto; sebbene la detenzione in ospedale sia assai meglio rispetto a quella sperimentata in carcere, la vita in una struttura psichiatrica forense, è essenzialmente sonno e attesa. Una estenuante attesa di ciò che forse arriverà mai più per nessuno dei detenuti: il ritorno alla vita “normale”.
Le strutture psichiatriche ad alta protezione, più che dei luoghi di cura, sembrano cronicari senza via d’uscita. I servizi di salute mentale di zona, muovono intense resistenze a riprendere in cura sul territorio il folle una volta che questo è entrato nel circuito forense. Vi sono folli detenuti nel circuito forense da 4, 8 o 12 anni, talvolta a causa di reati bagatellari.
Tra le 08:00 e le 08:30 c’è la sveglia. Si può fare la doccia, cambiarsi d’abito, e riordinare il letto. Alle 08:30 noi detenuti siamo ammassati nel locale di disimpegno dell’area notte, per essere quindi tradotti nei locali dell’area giorno. Osservarci deambulare attraverso il cortile del comprensorio medico è patetico. Ci spostiamo alla spicciolata, ciondolando e strascicando i piedi, come un gruppo sparuto di folli dimenticati dal mondo. I ventri, prominenti come botti, ballonzolano su piedi che paiono sfuggire la presa del terreno come se sferici, oscillando attaccati a gambette che paiono di gomma. Ci muoviamo muti, tristi, contriti e avviliti, come vergognosi della nostra misera condizione. La struttura ci omaggia gli abiti, nel caso che noi non si abbia una famiglia che possa provvedere. Siamo ben vestiti, degli abiti sicuramente non ci possiamo lamentare! Quanto ai farmaci, il discorso è diverso: non c’è nessuno di noi che scampi i pesanti effetti collaterali degli psicofarmaci che ci somministrano con abbondanza. Questi abbracciano tutto lo spettro ammissibile: sindrome metabolica, diabete, discinesia, tremori Parkinson-simili, acatasia.
Molti detenuti all’ergastolo bianco hanno la sensazione di essere caduti in un pozzo nero senza uscita. Senza prospettive di vita innanzi, è facile abbandonare ogni speranza e ogni velleità. Autostima e fiducia in se stessi crollano presto.
Negli ampi e spaziosi locali dell’area giorno, puntualmente, tra le 08:30 e le 09:30 è distribuita la colazione: latte, the, caffè d’orzo e fette biscottate. Pare di essere ad un punto di ristoro della Croce Rossa. Nell’infermeria attigua al refettorio che svolge anche funzioni d soggiorno, ci somministrano gli psicofarmaci del mattino, e scegliamo cosa mangiare per il pranzo e la cena dell’indomani. Dopo due o tre anni di reclusione, il vitto, sempre uguale a se stesso, non si gusta più: si ingurgita come per dovere. Nella struttura ospedaliera in cui siamo reclusi comunque il cibo è assai meglio di quello scadente somministrato in carcere. Abbiamo anche la possibilità di scelta tre tre diverse portate!!! Una volta alla settimana, il sabato, un gruppo di detenuti cucina per tutti i reclusi. Possiamo allora sperimentare per vitto qualcosa di diverso e saporito, di insolito e vivificante.
Tra detenuti della struttura forense ad alta protezione si tende a socializzare poco. Forse in quanto ristretti in spazi limitati e privati delle libertà, tendiamo a mantenere fra di noi detenuti la massima riservatezza.
Tra le 09.30 e le 12:00, non sappiamo cosa fare e come impegnare il tempo; assonnati e intontiti dai farmaci, deambuliamo nell’area giorno. Qualche recluso talvolta cerca di sdraiarsi a dormire sul pavimento dei locali, o d’estate sul prato, ma questo non è consentito dal regolamento. Spesso, in molti, appoggiano il capo al tavolo del refettorio, sulle braccia conserte, e dormono seduti. I meno sedati fanno qualche partita a carte, seguono qualche trasmissione televisiva, o leggono il giornale.
Diversi detenuti della comunità hanno contatti scarsi o nulli con il mondo esterno a quello reclusorio. Guardare la televisione o ascoltare musica sui cellulari sono le principali vie di evasione e di contatto con il mondo.
Alle ore 12:00 puntuale, arriva cigolando il carrello con i contenitori termici del pranzo, inviato dalla cucina dell’ospedale. Per me il pranzo è il momento più triste della giornata. Per non disturbare gli operatori che lo somministrano, siamo incolonnati davanti al gabbiotto del cibo, zitti, muti, avviliti. Una volta avuto il vitto, silenziosi trasciniamo i piedi e ci spostiamo a sedere ai tavoli del refettorio. Consumiamo il pasto in silenzio, senza parlare, e senza convivialità. Come chi deve. I farmaci mettono fame: mangiamo con fretta e voracità, ingurgitando i bocconi ma senza gustare. Alle 12:30, puntualissimi, sparecchiamo. I detenuti di turno lavano le stoviglie, puliscono tavoli e pavimento del refettorio. I detenuti che non sono di turno nelle pulizie attendono in cortile, deambulando muti su gambe che paiono molle di gomma, oppure seduti ai tavoli di plastica del cortile, ascoltando musica. Tra le 13:30 e le 14:00 ci somministrano gli psicofarmaci. Siamo quindi aggruppati sullo spiazzo asfaltato, e spinti a muoverci dagli operatori attraverso il cortile del comprensorio medico verso l’area notte, come una dolente mandria di barcollanti e tremebondi ebeti sconfitti.
Nel rapporto con il detenuto, l’operatore dedica molta energia a spiegare opportunità e necessità della reclusione. Nel disegno, una operatrice che spiega come per tornare liberi è necessario “molto tempo”.
Tra le 14:00 e le 16:00, dormiamo. Non più accasciati con la testa reclinata sulle braccia conserte appoggiate sui tavoli, ma nei comodi letti. Capita raramente di non avere sonno o di avere voglia di muoversi nella struttura, blindata e chiusa, dell’area notte. Per lo più, il soggiorno dell’area notte è quasi completamente deserto: i farmaci che ci somministrano paiono dosati per farci dormire tutti 14 ore al giorno abbondanti, nessuno escluso. Alle 16:00, a fatica, gli operatori psichiatrici ci svegliano e ci fanno scendere dai letti. Ci riuniscono nei locali di disimpegno per condurci nuovamente all’area giorno. La raggiungiamo attraverso il cortile inerbito e alberato del complesso ospedaliero. Ci muoviamo silenziosi e scuri, ombrosi, barcollanti, ancora una volta in muta attesa di qualcosa che non arriva, quale mandria dolente di umanità dolente e sconfitta.
Il gioco delle carte è uno dei pochi passatempi socializzanti praticati nella struttura forense ad alta protezione. Al gioco delle carte partecipano anche infermieri ed OSS. I detenuti della struttura forense sono comunque poco inclini a socializzare: forse per socializzare c’è bisogno di gioia e libertà!!!
Tra le ore 16:00 e ore 19:00 attendiamo nell’area giorno, senza sapere come occupare il tempo. I più intontiti dai farmaci dormono con la testa reclinata sulle braccia conserte, seduti ai tavoli del refettorio; quelli meno sedati giocano a carte, leggono il giornale o seguono spettacoli televisivi.
Nel corso dei colloqui e delle terapie di gruppo, è facile che l’argomento scelto dal “terapeuta” sia l’attualità. In questo caso è utile, per sostenere la conversazione, aver letto il giornale o guardato la televisione. Sulla vita passata dal detenuto, sulla sua vita pregresse e sulle sue aspettative di vita sono poste poche attenzioni.
Alle ore 19:00, puntuale, arriva sferragliante e tintinnante il carrello con le razioni della cena Vengono spente la televisione e tutti i dispositivi elettronici; si mangia in silenzio, ai nostri tavoli abituali, quelli decisi dagli operatori psichiatrici al nostro arrivo in struttura. Alle ore 19:30 abbiamo finito e consumato il pasto. Sparecchiamo i tavoli, e chi è di turno pulisce le stoviglie, i tavoli e il pavimento del refettorio. Alle ore 20:00 gli operatori psichiatrici della struttura ci riportano nell’area notte, dove ci somministrano gli psicofarmaci della sera e andiamo quindi a dormire.
Nell’area notte della struttura, c’è un ampio soggiorno in cui troneggia la televisione. Per chi si alza presto il mattino o che tarda ad addormentarsi la sera, è una occasione per guardare film o telegiornali in solitudine.
Dalle ore 20:00 alle ore 08:00 dormiamo nelle nostre stanza un sonno nero, greve, sudato e senza sogni, percorso come dalle scosse elettriche della discinesia tardiva, o accartocciati su noi stessi, o comunque accasciati nei letti in posizioni innaturali e bizzarre. A vederci sdraiati tutti insieme, a colpo d’occhio, sembriamo birilli lanciati per aria e lasciati cadere a terra da un gioco cosmico senza senso alcuno.
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