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Omicidio volontario, secondo il pm di Rovigo, l’accusa per il
maresciallo dei carabinieri che uccise Mauro Guerra nel luglio del 2015.
Ribaltata la prima ipotesi di omicidio colposo
Ora rischia l’ergastolo il maresciallo dei carabinieri Marco Pegoraro,
45 anni, già comandante della stazione dell’Arma di Carmignano di
Sant’Urbano. Il pubblico ministero della Procura di Rovigo Fabrizio
Suriano ha concluso le indagini ipotizzando l’omicidio volontario per la
morte di Mauro Guerra, il 33enne di Carmignano, laureato in Economia
aziendale, di professione buttafuori, freddato da un colpo di pistola
esploso, da distanza ravvicinata, dall’arma d’ordinanza del militare il
29 luglio 2015.
Dopo essere stato in un primo momento imputato di omicidio colposo per
aver sparato a un uomo nell’estate 2015 al termine di un inseguimento
nei campi tra il nel padovano e il rodigino, il maresciallo dei
carabinieri è ora accusato di omicidio volontario. Pegoraro da poco al
comando della locale stazione dei carabinieri, era intervenuto assieme a
un vice brigadiere a casa dell’uomo, conosciuto come persona
‘disturbata’, che quando andava in escandescenza offendeva e minacciava
sorella e madre. Secondo l’accusa i militari si presentarono
all’abitazione di Guerra annunciando di dover operare un Tso che alla
luce delle indagini, come indicano i quotidiani locali, non ci sarebbe
stato. Fuggito in mutande da una finestra l’uomo era stato bloccato e
ammanettato dal secondo carabiniere che aveva però dovuto subirne la
violenta reazione rimanendo gravemente ferito. Proprio per soccorrere il
collega il maresciallo intervenne esplodendo in aria tre colpi di
Berretta semiautomatica ed un quarto al fianco della vittima. Alla luce
dell’inchiesta il pm ha ritenuto che l’intervento del maresciallo non
fosse mosso dall’intenzione di salvare il collega che, pur ferito, non
sarebbe stato in pericolo di vita.
Si legge sul sito di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa
che, il pomeriggio del 29 luglio, in un campo di sterpaglie poco
distante da casa sua a Carmignano di Sant’Urbano nel padovano: Mauro era
scalzo e in mutande quando gli hanno sparato.Gli organi di stampa nelle
ore successive al fatto hanno dato una serie di versioni molto diverse
tra loro in merito all’accaduto. Secondo la prima versione (subito
smentita dalla famiglia) i carabinieri sarebbero stati chiamati dalla
famiglia del ragazzo il quale durante una lite avrebbe dato in
escandescenza, da qui l’intervento dei militari per sottoporre Mauro ad
un Trattamento Sanitario Obbligatorio e Mauro che avrebbe tentato la
fuga per sottrarsi al trattamento, ne sarebbe quindi nato un
inseguimento e una colluttazione con uno dei carabinieri. Sempre secondo
la versione dell’Arma il militare sarebbe stato colpito più volte dal
ragazzo con un corpo contundente rimanendo ferito e riportando la
frattura della teca cranica, della mandibola e di sei costole. A quel
punto sarebbe arrivato il collega che vedendo il militare a terra
sanguinante avrebbe estratto la pistola e sparato prima due colpi in
aria e poi un terzo all’indirizzo di Mauro che è deceduto sul posto
pochi istanti dopo essere stato colpito al fianco. Col passare delle ore
questa versione ha subìto parecchi mutamenti e la stampa (in
particolare Il Mattino di Padova) ha iniziato anche a screditare la
vittima descrivendola come una persona disturbata e violenta asserendo
inoltre: 1) che qualche giorno prima della morte Mauro si era recato
presso la caserma dei carabinieri a consegnare un manoscritto delirante
in cui parlava di Dio e del diavolo, di Ezechiele e del destino del
mondo; 2) che qualche giorno prima della morte di Mauro i carabinieri
avevano ricevuto la segnalazione di una famiglia che avrebbe visto Mauro
nascosto dietro un cespuglio; 3) un compagno di palestra avrebbe
ricevuto da Mauro una sberla senza motivo sempre qualche giorno prima
della morte; 4) che quella mattina all’arrivo dei militari Mauro aveva
occhi spiritati e parlava in modo incomprensibile; 5) che una volta
ferito dal colpo di pistola avrebbe continuato con ferocia la sua azione
interrotta solo dall’intervento di altri quattro carabinieri.
Anche in merito alle lesioni riportate dal carabiniere c’è poca
chiarezza visto che quelle sopracitate vengono poi ridimensionate in
sospetta lesione cranica, frattura della mascella e una costola
incrinata e il carabiniere che veniva dato in fin di vita è stato poi
dimesso poche ore dopo l’accaduto. I familiari, con una telefonata al
numero verde di Acad, hanno riferito una storia diversa: «Abbiamo la
testimonianza di diverse persone che erano lì – racconta una parente – i
carabinieri hanno la loro versione ma noi abbiamo i testimoni. Mauro
era stato bloccato, già gli era stata infilata una delle manette ma il
carabiniere lo ha aggredito e lui ha reagito. Non so cosa gli abbia
detto ma è vero che Mauro lo ha colpito, due-tre pugni, non so. Così si è
divincolato, si è girato ed è andato via quasi camminando, camminava,
ma gli ha sparato alle spalle. E gli altri carabinieri, che erano a
cento metri, quando sono arrivati, hanno continuato a prenderlo a calci
quando già era a terra». secondo quanto ci ha detto la famiglia Mauro
quella mattina era in casa con il fratello minore e il padre, non c’è
stata alcuna lite in famiglia, non si capisce chi abbia allertato i
carabinieri e l’ambulanza (tant’è che anche il padre di Mauro è rimasto
sorpreso dall’arrivo dei militari) e il modulo per il Tso non avrebbe in
calce né la firma di un medico né le firme delle Autorità del comune.
Ad effettuare i rilievi sul posto gli stessi colleghi dei carabinieri
coinvolti, una costante in casi del genere. La famiglia ad oggi non sa
se nemmeno se il pm si sia mai recato sul luogo. «Nemmeno un cane si
ammazza in questa maniera. Lo avete ucciso voi, vergognatevi!» Il
carabiniere che ha sparato è stato iscritto nel registro degli indagati
con l’accusa di omicidio colposo e trasferito alla Legione Veneto. Circa
una settimana dopo i fatti abbiamo appreso dalla stampa locale che
altri due carabinieri sarebbero ricorsi alle cure mediche e si sarebbero
fatti refertare una distorsione al polso e una frattura del metacarpo
che avrebbero riportato durante la colluttazione con il giovane che, già
ferito e morente, secondo loro continuava a picchiare con forza.
Ercole Olmi
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